Per i giudici della Corte di appello di Palermo “inammissibile l’incidente di esecuzione”
di Aaron Pettinari
L’incidente di esecuzione con cui l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, aveva richiesto la “revoca della sentenza di condanna a 7 anni per concorso in associazione mafiosa? Inammissibile.
La Corte di appello di Palermo ha rigettato, infatti l’istanza presentata nei mesi scorsi dai legali Giuseppe Di Peri, Bruno Nascimbene e Andrea Saccucci, i quali avevano peso spunto dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, lo scorso 14 aprile, è intervenuta sul caso del numero tre del Sisde, Bruno Contrada (anch’egli condannato per concorso esterno in associaizone mafiosa), condannando l’Italia ad un risarcimento di 10 mila euro in quanto. Secondo la Cedu l’ex capo della Mobile non doveva essere condannato perché, all’epoca dei fatti, il reato non “era sufficientemente chiaro”.
Scrivevano i giudici europei che “il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato il risultato di un’evoluzione della giurisprudenza iniziata verso la fine degli anni ’80 e consolidatasi nel 1994 e che quindi la legge non era sufficientemente chiara e prevedibile per Bruno Contrada nel momento in cui avrebbe commesso i fatti contestatigli”.
Su questo si erano appoggiati i legali di Dell’Utri, oggi detenuto a Parma, ritenendo il caso identico a quello del loro assistito ed avevano chiesto l’annullamento della condanna.
Alla richiesta dei difensori si era opposto il pg Luigi Patronaggio che ne aveva chiesto il rigetto e, in subordine, l’invio degli atti alla Corte Costituzionale perché potesse valutare se il reato di concorso in associazione mafiosa, contestato per fatti precedenti al 1994, sia o meno compatibile con i principi della Carta Costituzionale. Nel motivare la richiesta di rigetto il pg aveva sostenuto che, per costante giurisprudenza della Consulta, il giudice di merito non deve “disapplicare la norma interna in contrasto con la Convenzione o con l’interpretazione della Convenzione statuita dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo”. Per il Pg, dunque, la sentenza Contrada non era direttamente applicabile al caso Dell’Utri, che peraltro ha fatto autonomo ricorso alla Corte Europea.
Oggi è infine arrivata la risposta della Corte d’appello presieduta da Raimondo Lo Forti, giudice a latere Daniela Troja e Mario Conte che scrive: “Va rivelato che, così riportato, l’incidente di esecuzione risulta inammissibile per difetto di una previsione normativa che consenta al giudice dell’esecuzione di revocare una sentenza di condanna in presenza di una sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo pronunciata nei confronti di un soggetto diverso e nell’ambito di altra procedura”. La Corte spiega che la legge italiana prevede l’incidente di esecuzione solo “nei casi di abrogazione o dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice”. Inoltre i giudici escludono che la sentenza Contrada possa essere considerata “sentenza pilota”, come ritenuto dalla difesa di Dell’Utri. Infine la Corte di appello ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Procura generale di Palermo ritenendola manifestamente infondata.
23 Novembre 2015