di Gianni Barbacetto
L’Italia che sta per varare la riforma Cartabia sulla Giustizia è sotto osservazione dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. È infatti sottoposta, proprio in questi mesi, alle verifiche periodiche realizzate dall’Ocse-Working Group on Bribery, il gruppo di lavoro sulla corruzione che ha il compito di controllare l’attuazione e l’applicazione nei diversi Paesi della Convenzione Ocse contro la corruzione e la Raccomandazione del 2009 sulla lotta alla corruzione internazionale nelle operazioni economiche internazionali.
Il Gruppo lavora realizzando periodicamente controlli sulla situazione nei Paesi membri. Le ultime verifiche hanno riguardato la Slovenia, la Nuova Zelanda e la Bulgaria. Ora tocca a Francia e Italia. I controlli in corso – rallentati dalla pandemia – cominceranno a essere valutati nel prossimo incontro di lavoro del Gruppo, che sarà a ottobre.
Interpellato dal Fatto quotidiano, il presidente del Working Group on Bribery, Drago Kos, ha detto di non conoscere i contenuti della riforma proposta dalla ministra italiana della Giustizia, che molti magistrati e giuristi hanno criticato perché rende “improcedibili” (dunque morti) i processi che in Appello durino più di due anni. Kos è però pronto, in proposito, a “invitare le autorità italiane a riferire su tale iniziativa durante il nostro primo incontro in ottobre. Successivamente, il Gruppo deciderà su ulteriori misure, se necessario”.
C’è un precedente: un intervento molto netto nel 2010, in relazione a una proposta sulla prescrizione simile a quella della riforma Cartabia (era il cosiddetto “Processo breve” tentato allora dal governo Berlusconi, che faceva morire i processi che durassero più di sei anni: due in primo grado, due in Appello e due in Cassazione). Il predecessore di Kos, Mark Pieth, aveva inviato a nome del Working Group on Bribery dell’Ocse una lettera molto dura all’allora ministro italiano della Giustizia, Angelino Alfano.
Il copione potrebbe ripetersi ora, nel caso il Gruppo dell’Ocse si convincesse che le modifiche di legge introdotte da Cartabia rendano più difficile il contrasto alla corruzione: “Se sarà così, proporrò una forte reazione da parte del Working Group”, dice al Fatto il presidente Kos.
Fondato nel 1994, il Gruppo di lavoro dell’Ocse sulla corruzione nelle operazioni economiche internazionali ha messo a punto un sistema di controlli incrociati (peer-review) a cui vengono via via sottoposti tutti i Paesi membri. È arrivato alla quarta fase operativa ed è considerato da Transparency International il “gold standard” di verifica sul rispetto da parte dei Paesi delle convenzioni internazionali sulla corruzione. L’Italia è stata già oggetto di verifica nel 2004 (fase 2) e nel 2011 (fase 3). La fase 4 dovrebbe concludersi nel dicembre 2021.
L’ultimo rapporto del gruppo Ocse sull’Italia, datato dicembre 2011, contiene una parte consistente dedicata proprio alla prescrizione (“Statute of limitation”) responsabile in Italia della morte di migliaia di processi. Nelle raccomandazioni finali del rapporto, si chiedeva all’Italia, tra l’altro, di “adottare le misure necessarie per estendere la durata del termine di prescrizione definitivo (vale a dire il periodo di completamento dei procedimenti giudiziari compresi tutti i ricorsi) per il reato di corruzione internazionale (come chiesto dalla Convenzione Ocse, articolo 6)”.
Ora la proposta legislativa della ministra Cartabia riguarda di nuovo (anche) la prescrizione e di nuovo potrebbe portare all’impossibilità di giudicare gli imputati di reati di corruzione. Il Gruppo Ocse è al lavoro
24 luglio 2021