Gregorio Piccin*
La Cina è una grande superpotenza con propri estesi interessi e con un peso specifico a livello globale in forte ascesa.
Tutto si può dire della Cina tranne che abbia costruito questa sua ascesa muovendo portaerei o cacciabombardieri.
L’occidente, che invece appare in serio declino, è ancora avvinghiato alle sue abitudini coloniali rilanciate dopo il 1989 con una vocazione “democratizzatrice” a suon di bombardamenti umanitari e guerre per procura e con l’egemonia globale nella produzione e commercio di armamenti.
Questa differenza di fondo è ciò che può spiegare come mai in Cina, nel momento esatto in cui il governo ha preso atto di ciò che stava avvenendo con Covid-19, è intervenuto direttamente ed indirettamente per convertire parte della capacità industriale nazionale nella produzione di tutto ciò che sarebbe servito per garantire continuità sanitaria e contenimento dell’epidemia.
Non solo fabbriche di pannolini o fazzoletti o cartiere. In questo sforzo mastodontico sono state coinvolte 2500 realtà produttive e persino i settori ad alta tecnologia compresa quella bellica.
Chengdu Aircraft Industry Group, che realizza il caccia stealth di 5° generazione J-20, ha convertito parte della produzione per realizzare dispositivi di protezione sanitaria individuale grazie al lavoro di 258 ingegneri che, secondo il Sichuan Daily, hanno ridisegnato in tre giorni una intera linea di montaggio.
La Byd, che produce autobus elettrici, già l’8 febbraio scorso era pronta per produrre 5 milioni di mascherine e 300mila flaconi di disinfettante al giorno.
3000 tra tecnici e ingegneri sono stati coinvolti per realizzare le nuove linee di produzione nel tempo di un mese.
Anche colossi della telefonia mobile come Foxconn (dove si assemblano gli iPhone), Xiaomi e Oppo hanno riconvertito parte della capacità produttiva.
Il risultato è che la Cina, già leader mondiale nella produzione di mascherine è passata da 20 a 120 milioni di pezzi al giorno. Senza considerare la produzione di ventilatori polmonari e test rapidi.
Con questo “volume di fuoco”, tanto per usare la retorica bellica che spadroneggia ultimamente, la Cina sta dispiegando la sua diplomazia globale.
Qui in Italia, settima potenza industriale nel mondo, medici e infermieri continuano a lavorare con gravi carenze di dispositivi di sicurezza e mentre la sanità privata ingrassata da trasversali sostegni negli anni passati manda in cassa integrazione il suo personale (ancora con fondi pubblici) le fabbriche non essenziali (comprese quelle che assemblano caccia di quinta generazione…) continuano a lavorare diffondendo il contagio. Di conversioni per produrre il fabbisogno di attrezzature e dispositivi medici neanche l’ombra o forse solo quella, lasciando libero il campo ad accaparramenti e speculazioni.
In piena crisi pandemica, sociale ed economica la cui dimensione è ormai chiara a tutti, dopo avere confermato l’acquisto degli F-35 e tutte le missioni militari all’estero, il governo dà il via libera ad un contratto con Fincantieri per la fornitura di 4 sottomarini U-212 NSF per un totale di 2,3 miliardi di euro.
Mentre non sappiamo ancora se questa Europa avrà la decenza di dimostrare un minimo senso d’esistenza mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie per affrontare la crisi, continuiamo a buttare miliardi per stare al passo con la belligeranza atlantica e mantenere i fatturati dell’industria bellica nazionale.
Sul fronte delle spese militari e di un modello di politica della Difesa fallimentare il governo “del cambiamento” porta avanti la linea di tutti quelli che l’hanno preceduto con una differenza: oggi, con quello che sta succedendo, questa perseveranza appare oltre che idiota, persino criminale.
*Resp Pace PRC-S.E.
3 apr 2020