Marxista e per il welfare state. L’ideologa della Linke lancia il nuovo movimento per fronteggiare l’estrema destra di AfD.
Barbara Ciolli
nche la sinistra tedesca ha messo il punto esclamativo. Graficamente non c’è, ma è implicito. Aufstehen è un imperativo: svegliarsi, mettersi in piedi, ribellarsi… Ed è il nome scelto dalla leader della Linke Sahra Wagenknecht per il nuovo movimento della estrema gauche. Dentro ci sono i comunisti, capofila Wagenknecht, gli ambientalisti, altre anime della sinistra femminista e pacifista. E da questo settembre, in vista delle Europee del 2019, anche i militanti che contrastano i populismi di destra, sfociati in Germania nei cortei di massa di Chemnitz (leggi anche: Chemnitz è il primo Pogrom della Germania post bellica). Nella città dell’Est erano in 6 mila a gridare contro gli immigrati «scarafaggi» e decine di loro – una cinquantina i violenti, per la polizia – a malmenarli per strada. A un mese dal lancio Aufstehen ha raccolto più di 100 mila adesioni, 15 mila nell’ultima settimana turbolenta.
LA SINISTRA CHE SBANCA A BERLINO
Una Germania, minoritaria ma non marginale, si sveglia. Già alle Legislative di un anno fa, dove l’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) schizzò terzo partito con il 12,6%, la Linke tenne al 9%, con punte tra il 20% e il 30% nella Germania dell’Est. Nella capitale Berlino, la sinistra di Wagenknecht emerse addirittura come secondo partito, con il 19%, dietro i cristiano-democratici (Cdu) della cancelliera Angela Merkel (23%) e soprattutto davanti ai socialdemocratici (Spd) arretrati al 18%. Il balzo in avanti, oltre alle periferie dove è ormai faccia a faccia tra Linke e AfD, è avvenuto anche nel borghese e liberal distretto centrale di Mitte, dove la Linke ha il suo quartier generale nella storica Karl Liebknecht Haus. Nel cuore della rossa Berlino la Linke ha sorpassato anche la Cdu, diventando la prima forza con il 21,5%. Una tendenza chiara: chi ha il cuore che batte a sinistra, ma è stufo delle politiche annacquate della Spd, in Germania si sposta a sinistra e vota la Linke.
WAGENKNECHT IDEOLOGA DELLA LINKE
Ma non pochi elettori della Linke, specie nelle periferie dell’ex Ddr, sono passati ad AfD nonostante i saluti nazisti e la negazione dell’Olocausto. La Germania è così un Paese sempre più polarizzato. Dal fortino dei comunisti della Karl Liebknecht Haus che fu assaltato dalle Ss è partita la sfida di Wagenknecht a sottrarre voti popolari all’estrema destra: «C’è un divario crescente tra ciò che vuole la maggior parte della gente e ciò che fa il governo. Il nostro obiettivo è riportare alla politica chi si è allontanato dai partiti o vota AfD per protesta», ha dichiarato alla presentazione del movimento. Tecnicamente la leader della piattaforma comunista è capogruppo della Linke in parlamento. Non è tra i presidenti ma è da anni protagonista della sinistra radicale tedesca, solo su Wagenknecht si potrebbe scrivere un libro. Anche se è lei, da saggista, che scrive i libri della Linke e ne traccia gli indirizzi.
I MILLENNIAL VOTANO A SINISTRA
Sempre lei venne candidata cancelliera il 24 settembre 2017. Emerse ancora un abisso con Merkel, anche se diversi millennials confessarono di «vedere bene Wagenknecht cancelliera» nonostante fosse «così diversa da Merkel». All’estero la 49enne ideologa della Linke è famosa per essere la moglie, dal 2014, di Oskar Lafontaine, storica anima della socialdemocrazia e poi della sinistra radicale europea. In Germania per essere su posizioni vetero-comuniste e sovraniste: Wagenknecht ha rifiutato l’etichetta di “dittatura” per la Ddr (ne ha criticato le repressioni considerandola però uno Stato di diritto), salva le politiche economiche dell’Unione sovietica e naturalmente – al contrario di diversi nell’Est – difende la guerra al nazismo di Stalin e non contempla i fascisti tra le sue vittime. A ogni giro di boa dell’Occidente, i suoi saggi spuntano puntuali come le analisi di Naomi Klein. Libertà al posto del capitalismo nel 2011, Ricchezza senza avidità: come salvarsi dal capitalismo nel 2016.
NO AI SOCIALDEMOCRATICI NEOLIBERISTI
Dopo l’ultimo pamphlet del 2017 Coraggiosamente contro corrente, è nato Aufstehen. Non si può dar torto a Wagenknecht che la «sinistra non rappresenti più i proletari», termine che ormai non usa quasi più nessuno. Ma la leader marxista sì e, con tutta la Linke, contesta ai governi e per primi ai socialdemocratici (con l’esecutivo Schröder e le successive grandi coalizioni) le politiche neo liberiste che hanno smantellato lo stato sociale e tolto diritti ai lavoratori. «Ciò che è stato venduto come “riforme” non è stato altro che la demolizione del welfare», ha affermato. Da fuoriuscito della Spd, Lafontaine le ha fatto eco che il malcontento è figlio «non solo della questione dei rifugiati, ma della disintegrazione della società». Sul governare con i socialdemocratici, il no della Linke e anche dei Verdi è sempre stato secco e rappresenta la rottura di un tabù che alcuni esponenti socialdemocratici – con il lasciapassare di Wagenknecht – abbiano dato il sostegno a Aufstehen, invitando altri a unirsi.
CON SANDERS, CORBYN E MELENCHON
Ma le posizioni di Wagenknecht non sono semplici. È stato creato un movimento, ha spiegato la politica, filosofa ed economista, per mettere pressione ai partiti in modo da spingerli a cambiare le loro politiche, perciò dei membri della Spd sono della squadra. «Ma il progetto di unione della sinistra non è attualmente maggioritario», ha precisato, «e non serve al momento un partito». La linea di Aufstehen è articolata anche sui migranti: il tema, per Wagenknecht figlia di una tedesca e di un rifugiato iraniano, è limitare la guerra tra poveri, accettando profughi e rifugiati politici ma evitando che i capitalisti richiamino migranti economici per sfruttarli. Proprio di questi giorni è la notizia del progetto di legge del ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer – molto contrario all’accoglienza – per richiamare stranieri qualificati. Punti di riferimento di Aufstehen sono anche il leader della sinistra dei democratici americani Bernie Sanders, il laburista britannico Jeremy Corbyn e il leader radicale francese Jean-Luc Melenchon.