di Gianni Barbacetto
E Giuseppe Sala non ha ancora sciolto la riserva. Si ripresenterà alle elezioni, a giugno, per tentare il secondo mandato come sindaco di Milano? Mancano meno di nove mesi e il centrosinistra non ha ancora un candidato certo. E i cittadini, più in generale, ancora non sanno chi potranno scegliere per dare una guida amministrativa a Milano. Chi gli parla ogni giorno racconta di vedere un Sala dubbioso, perplesso, indeciso a tutto.
Che cosa aspetta a dire chiaramente se intende provare a continuare il faticoso lavoro di sindaco, o se vuole andare a fare altro? Non può lasciare l’impressione che, se dirà sì, sarà soltanto perché non ha trovato niente di meglio. Il Fatto aveva rivelato il suo interesse per un ruolo manageriale nella nuova società che dovrà completare e gestire la digitalizzazione della rete telefonica italiana. Il progetto è però lungo e complesso, e sarà realizzato non costituendo una società autonoma, una Terna della telefonia, ma resterà sotto l’ombrello di Tim.
Difficili da realizzare anche i sogni politici nazionali di Sala: dopo gli esiti elettorali, è improbabile un rimpasto di governo in cui si sarebbe fatto coinvolgere volentieri e impensabile il fantagoverno Draghi. Sono ancora troppo lontane anche le prossime elezioni per scegliere il presidente della Regione Lombardia, in cui Sala potrebbe tentare l’azzardo di battere un Fontana azzoppato dalle inchieste e da una pessima gestione dell’emergenza Covid.
Insomma: potrebbe anche finire con il doversi ricandidare a Palazzo Marino. Per mancanza di alternative. Ma vorrebbe almeno essere corteggiato, rincorso, pregato, implorato, come quelle fidanzate scontrose che aspettano i corteggiatori e pretendono la loro adorazione. Anche perché sa che la prossima tornata elettorale non sarà per lui senza rischi: il vento di Expo da tempo non soffia più e dopo la pandemia la situazione è più difficile anche a Milano, poiché si è spezzata la narrazione vincente e un po’ tronfia della città e del suo sindaco. Potrebbe anche finire con una sconfitta di misura: e Sala sa che questa sarebbe la fine ingloriosa della sua carriera manageriale e politica. Dunque aspetta, pensieroso, di decidere che cosa fare nei prossimi mesi.
Attorno a lui si stanno già scaldando a bordo campo i due Pier, l’assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran e il parlamentare europeo Pierfrancesco Majorino, che in pubblico dicono di tifare perché Sala si ricandidi, ma in privato sarebbero felici di poterlo rimpiazzare. Altri nomi circolati di candidati possibili – buoni più per arricchire le primarie del centrosinistra che non per vincere le elezioni vere – sono quelli di Paolo Limonta (sull’ala sinistra), ottimo maestro e assessore alla scuola, e di Anna Scavuzzo (sull’ala destra), vicesindaco di Sala e assessore alla sicurezza.
Tra gli “indipendenti”, Ferruccio Resta, rettore del Politecnico, è accreditato come candidato (!) sia per il centrosinistra sia per il centrodestra. Tito Boeri, economista ed ex presidente dell’Inps, ripete come un mantra: “Io sindaco di Milano? Non è la prima volta che lo sento dire e sicuramente posso dire che mi fa piacere sentirlo, ma non c’è assolutamente nessuna riflessione seria su questo argomento”.
In attesa di una riflessione seria a sinistra, a destra non sanno che pesci pigliare per cogliere l’attimo di crisi a sinistra che potrebbe riportarli al governo della città. A Matteo Salvini piacerebbe il suo amico Gianmarco Senna, l’inventore del ristorante “Bianca”, del “Brando Bistrot”, del “Suri” nippo-meneghino, della catena “Fatto Bene Burger”. A Silvio Berlusconi piacerebbe il suo medico, il professore del San Raffaele Alberto Zangrillo. A Fratelli d’Italia (debolucci a Milano) piacerebbe Flavio Cattaneo, ex Rai, ex Telecom, ex Italo, ex Terna. Sarebbe da vedere, uno scontro Boeri-Cattaneo. Tra nove mesi sapremo.
1 ottobre 2020