di Gianni Barbacetto
Il sindaco Giuseppe Sala ha una concezione algebrica della politica e della verità. Se dice una scempiaggine, ma l’hanno detta anche i suoi avversari politici, allora è pari e patta e la scempiaggine detta è annullata: somma zero. Sì, lo scontro Sala-Gallera per diventare sindaco di Milano si annuncia proprio epico. Una partita tra due responsabili, ognuno nel suo piccolo, della disfatta lombarda di fronte al virus.
Per Sala, il 22 marzo – prima di lanciare la palla fuori dallo stadio parlando di Ricostruzione e addirittura di una nuova Costituente – è stato il giorno delle scuse: “In rete circolava il video #milanononsiferma: forse ho sbagliato a rilanciarlo, ma in quel momento nessuno aveva compreso la veemenza del virus”, dice a Fabio Fazio. “Accetto le critiche, ma non tollero che qualcuno possa marciarci su per scopi politici”: cioè il presidente della Regione Attilio Fontana e ancor più l’assessore regionale Giulio Gallera, che appare ogni giorno in tv come l’intrepido comandante delle armate antivirus e viene dato come il possibile sfidante – anche se lui ora nega – per Palazzo Marino.
Era davvero così difficile capire? Davvero “nessuno aveva compreso la veemenza del virus”? Gli allarmi c’erano già stati, il primo focolaio italiano, in provincia di Lodi, era già stato individuato. Ed era stato lo stesso Sala, già il 23 febbraio, a chiedere la chiusura di tutte le scuole e le università di Milano. E due giorni dopo, il 25 febbraio, era già stato deciso di rimandare il Salone del Mobile. Eppure il sindaco non resiste all’autorappresentazione narcisistica della #milanononsiferma.
Diciamo la verità: Sala non era il solo a sottovalutare Covid-19. Il suo collega di Bergamo, Giorgio Gori, invitava i concittadini ad andare al ristorante e promuoveva la Fiera dell’Artigianato del 1 marzo con un biglietto speciale per far arrivare gente in città dalla valli (compresa la Val Seriana dove il 23 febbraio era già scoppiato il secondo focolaio italiano). Fontana dichiarava il 25 febbraio: “È poco più di una normale influenza”. E anche il virologo superman Roberto Burioni fino all’11 febbraio pontificava: “In Italia il rischio è zero. Il virus non circola. Dobbiamo avere paura del coronavirus così come abbiamo paura dei fulmini”.
Ma purtroppo gli errori degli altri non elidono algebricamente i propri. Specie se ripetuti. Sala il 27 febbraio non solo rilancia il video “che circola in rete” #milanononsiferma, ma posta sulla sua pagina Instagram una foto con Alessandro Cattelan durante un aperitivo sui Navigli, commentando: “Un’altra dura giornata di lavoro #forzamilano #finalmenteaperitivo”. Due giorni prima, in una diretta Facebook aveva detto: “In questo momento Milano non può fermarsi. Dobbiamo lavorare affinché questo virus non si diffonda, ma non si deve nemmeno diffondere il virus della sfiducia: Milano deve andare avanti”.
Segnali che pesano più di un decreto: diffondono la sottovalutazione del problema, favoriscono di fatto la diffusione del contagio. Certo, tutti in quei giorni prendevamo il pericolo sottogamba. Vero. Ma chi ha responsabilità politiche e amministrative ha il dovere di rendere conto ai cittadini di ciò che dice e fa.
Sala compie un errore grave anche dopo il blocco della città: per due giorni, riduce la frequenza del trasporto pubblico, provocando code e calca su tram, autobus e metrò. Poi il 20 marzo si scusa: “Non abbiamo dato un servizio eccellente, ma poi abbiamo messo a posto”. Infine chiede di non diffondere i dati quotidiani del contagio, perché ansiogeni (come i dati d’ingresso a Expo fino all’agosto 2015, che infatti tenne segreti). E via a parlare di Ricostruzione e nuova Costituzione. Preparatevi: sarà memorabile, lo scontro Sala-Gallera!
2 aprile 2020