I cattivi maestri atlantici e i frutti
della loro guerra psicologica
Che esista un nesso tra certe teorie nichiliste degli anni Settanta e l’agire dei vari Salvatore Buzzi che confondono la Rivoluzione comunista, fenomeno sociale di liberazione e di emancipazione dal capitale, con la pratica criminale che è alla base dell’accumulazione primitiva di ogni forma di proprietà, compresa quella capitalistica?
Al Capone non ha mai lottato per il Comunismo, anzi… lottava per stare al vertice del capitalismo.
Ritornando al nostro Paese e a quel periodo vediamo in cosa consisteva l’azione dei gruppi dirigenti di Potere operaio e di Lotta continua, organizzazione nata anch’essa da esponenti di Potop, in particolar modo dal ramo pisano: avevano forse l’intenzione di costruire una vera alternativa politica al Pci? No di certo, il loro compito era quello di costruire nelle nuove generazioni uno stato d’animo ipercritico a sinistra, si doveva costruire una cultura estrema.
Per arrivare a cosa? Al rifiuto della legalità sancita dalla nostra Costituzione, nata dalla lotta antifascista. Una Costituzione che doveva essere difesa e sviluppata, la legalità doveva essere materia di lotta politica, si doveva partire da quel livello di democrazia raggiunto per andare oltre, ma costoro hanno preferito scientemente fare una politica che introduceva in una parte delle generazioni di quel periodo lo stesso schema mentale della criminalità organizzata; difatti quelle organizzazioni, egemonizzate dalla cultura nichilista negriana, hanno ritenuto politicamente corretto organizzare rapine in banca, sequestri di persone e pestaggi di dissenzienti. Facendo passare, nell’opinione pubblica, con l’ausilio dei mezzi di comunicazione padronali, che i comunisti sono degli irresponsabili, violenti, privi di etica e di moralità.
Toni Negri da “Il Dominio e il sabotaggio“:
«Nulla rivela a tal punto l’enorme storica positività dell’autovalorizzazione operaia, nulla più del sabotaggio. Nulla più di quest’attività di franco tiratore, di sabotatore, di assenteista, di deviante, di criminale che mi trovo a vivere. Immediatamente risento il calore della comunità operaia e proletaria, tutte le volte che mi calo il passamontagna…»
e conclude il paragrafo sentendo il bisogno di chiarire (come se ce ne fosse bisogno) che occorre insistere sul fatto che
«…la connessione autovalorizzazione-sabotaggio, ed il suo reciproco, non ci permette di aver nulla a che fare con il socialismo con la sua tradizione, tanto più con il riformismo e l’eurocomunismo. Scherzando sarebbe proprio il caso di dire che siamo un’altra razza».
Non avendo nulla a che fare con il socialismo… come afferma Negri si arriva passo d’oca dopo passo d’oca al nazi-fascismo, a Carminati e alla mafia.
La redazione di iskrae.eu
Mafia Capitale, ex Br: “Buzzi ha detto che ora comando io, non dobbiamo litigare”
Il patron delle coop, mentre viene arrestato, si preoccupa di dare le direttive per la gestione della Cooperativa 29 giugno. Il designato a mantenere il controllo è Franco La Maestra, condannato per terrorismo, che racconta quanto avvenuto a Rocco Rotolo, arrestato insieme a Salvatore Ruggiero con l’accusa di aver assicurato il collegamento con il clan Mancuso
di Valeria Pacelli
“Non litigate, mi raccomando. Tu sei il capo”. Rivolto a un ex brigatista, Salvatore Buzzi, il patron delle coop, mentre viene arrestato nell’ambito dell’indagine Mafia Capitale, si preoccupa di dare le direttive per la gestione della Cooperativa 29 giugno. Designato a mantenere il controllo sarebbe Franco La Maestra, ex brigatista, che racconta quanto riferitogli da Buzzi a Rocco Rotolo, arrestato insieme a Salvatore Ruggiero con l’accusa di aver assicurato il collegamento tra il clan dei Mancuso, egemone nel Vibonese in Calabria, e alcune cooperative di Buzzi. La vicenda sulla gestione post-arresti della cooperativa emerge da un’informativa del Ros dei carabinieri, guidati dal generale Mario Parente, dello scorso 3 gennaio e depositata ieri durante il riesame dei calabresi Rotolo e Ruggiero.
Franco La Maestra è un dipendente della Cooperativa 29 giugno con un passato nelle Br-Partito comunista combattente. Nel 1989, espulso dalla Svizzera, viene arrestato e nel 1991 è condannato per associazione con finalità di terrorismo, formazione di banda armata, ricettazione continuata e altri reati. In carcere ci è rimasto fino al febbraio 2002. Non solo, La Maestra è anche tra i firmatari di un documento di rivendicazione dell’omicidio di Massimo D’Antona, avvenuto nel 1999. Quando viene arrestato Buzzi, quindi, nella Cooperativa c’è preoccupazione: “Appariva – scrivono i Ros – di particolare rilevanza il ruolo assunto da Franco La Maestra il quale, con Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, cercava di definire la gestione dei soci”. Proprio il giorno dell’operazione “Mondo di mezzo”, viene intercettata una conversazione in auto tra Rocco Rotolo e Franco La Maestra, dove oltre ai commenti sugli arresti, il calabrese rivela anche di aver distrutto i computer: “Guarda io ho buttato tutto, computer, ho buttato tutto… quello di mio… l’ho buttato lo scorso anno”, dice Rotolo. I due poi iniziano a organizzare il post-Buzzi, preparano un’assemblea perché, come dice Rotolo, “il servizio deve essere fatto” e La Maestra condivide: “Noi facciamo il nostro lavoro, questa è un’operazione di sciacalli, infondata… e noi ne usciremo bene”. Come fare lo dice il 3 dicembre l’ex brigatista in un’altra conversazione, quando spiega le regole dettate da Buzzi mentre veniva arrestato: comanda La Maestra, e tenere lontano Giovanni Campennì, l’imprenditore che per i pm “il clan Mancuso aveva inviato su Roma per avviare attività imprenditoriali in collaborazione con l’associazione romana”.
Franco La Maestra: “Ieri l’ho visto eh…”
Rocco Rotolo: “A Buzzi?”
FLM: “Certo (…) c’ha teso a specificà a noi de Giovanni (Giovanni Campennì, ndr) (…) Ha detto: ‘Quello non si deve neanche avvicinà’. Però, testuali parole, so’ state queste… mentre lo portavano via: ‘Non voglio che Giovanni stia in mezzo ai piedi’ (…) Poi ci ha detto mentre andava via, m’ha guardato… m’ha fatto ‘non litigate me raccomando’ e poi s’è avvicinato… m’ha detto ‘sta cosa: ‘Tu sei il capo mi raccomando, non litigate’. (…) Poi ha detto mentre andava via… ‘ci vediamo fra due anni’.
Il riferimento all’imprenditore desta dei dubbi in Rotolo che teme una reazione del clan calabrese, “i Mancuso u ‘mmazzano…”, dice in un’altra conversazione, convinto che il Giovanni a cui si riferiva Buzzi non è il Campennì, il quale oltre essere già partner in alcuni affari con Salvatore Buzzi, è anche figlio di Eugenio, il cognato del boss della ’ndrangheta Giuseppe Mancuso.
Nei prossimi giorni, il Tribunale del riesame si esprimerà sulla misura di custodia cautelare proprio nei confronti dei due ritenuti intermediari tra Mafia Capitale e ‘ndrangheta, Rotolo e Ruggiero. Intanto ci sono i riscontri delle perquisizioni fatte nei loro confronti. A casa di Ruggiero sono stati trovati due “pizzini”: su uno di questi c’era scritto “Fasciani”, con probabile riferimento al clan di Ostia. Gli agenti hanno scoperto anche che Salvatore Ruggiero usava un armadietto metallico al Verano, il cimitero di Roma dove è stato trovato un serbatoio monofilare per pistola.
6 gennaio 2015