di Aaron Pettinari
“In Italia i soldi della mafia ci fanno rimanere nel patto di stabilità”
Oggi siamo di fronte ad una mafia mercatista che diventa una componente strutturale del capitalismo mondiale. Noi continueremo a fare indagini e arrestare estorsori, ma è bene comprendere che la battaglia si svolge a livello macro politico”. E’ estremamente lucida l’analisi del Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, intervenuto all’incontro intitolato “Le infiltrazioni delle mafie nell’impresa legale”, promosso dal Centro studi Pio La Torre, che si è tenuto presso l’Auditorium Rai di Palermo, con la partecipazione di Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi; Stefania Pellegrini, docente dell’Università di Bologna e autrice del libro “L’impresa grigia”; Luciano Silvestri, responsabile legalità CGIL, e Salvatore Cusimano, direttore della sede Rai Sicilia che ha moderato il dibattito.
Nella sua relazione Scarpinato ha evidenziato proprio come non sia più possibile “guardare alla criminalità mafiosa di oggi con gli stessi occhi e con gli stessi apparati concettuali con i quali si guardava la mafia della prima repubblica”. In questi ultimi vent’anni, infatti, c’è stata un’evoluzione (caduta del Comunismo, la globalizzazione, l’unificazione monetaria europea) “che ha completamente scompaginato gli equilibri macro-economici e macro-politici del sistema Paese Italia” e non solo. Una mafia sempre più capace di arricchirsi “cavalcando la logica del libero mercato grazie ad un’espansione crescente ed inarrestabile di domanda di beni e servizi illegali, alimentati da normali cittadini”. Un esempio? La crescita del numero di iscrizione di reati connessi al consumo di stupefacenti. “Le indagini – ha aggiunto il Procuratore generale – hanno lumeggiato un panorama sociale che non è mafioso o colluso ma che, ciò nonostante, contribuisce ad alimentare un popolo di consumatori accaniti di varie droghe. Un popolo trasversale di tutte le generazioni, appartenente a varie classe sociali: commercianti, professionisti ed altre figure”.
Il business della mafia
Il magistrato ha così spiegato il cambiamento epidermico delle associazioni criminali sul fronte del business. “Nel 2017 soltanto in Sicilia sono stati spesi oltre 4 miliardi nel gioco d’azzardo – ha detto Scarpinato – ci troviamo di fronte a un nuovo modo di operare delle mafie ‘mercatiste’ che offrono una serie di beni e servizi, dagli stupefacenti all’azzardo, alla prostituzione e che mutano anche il rapporto tra mafia e popolazione, stabilendo rapporti collusivi con reciproci tornaconti economici. Una traiettoria che ha portato le nuove mafie dalla violenza al consenso, mettendo in difficoltà la corte di Cassazione nell’applicazione dell’articolo 416bis, che presuppone invece il ricorso al metodo violento”.
Ma il problema della domanda e dell’offerta dei “beni e servizi illegali” prodotti dalla mafia non riguarda solo l’Italia ma anche l’estero. “Ci sono i nuovi ricchi cinesi, i nuovi ricchi indiani, i Paesi emergenti che non vogliono solo le Ferrari ma che vogliono vivere all’occidentale, anche per quel che riguarda i nostri vizi – ha aggiunto Scarpinato – Quindi c’è un enorme mercato con una domanda spontanea e le mafie più evolute si sono trasformate in agenzie di beni e servizi illegali”. Non solo. Secondo il Pg di Palermo non si può non considerare come “un elevato numero di imprenditori in Italia e all’estero arrivano a chiedere servizi alle mafie perché queste consentono di abbattere costi di produzione, elevare margini di profitto ed acquisire margine di competitività. Così si crea un felice matrimonio di interesse”.
L’Europa e i paradisi fiscali
Proseguendo la sua relazione Scarpinato ha evidenziato anche un’altra problematica legata alla forza dell’economia mafiosa. “All’estero i margini di profitto sono maggiori. Nei Paesi europei è stato confiscato l’1 percento del fatturato globale delle mafie, praticamente il rischio di confisca è prossimo allo zero, eppure i più grandi paradisi fiscali sono in Europa, a Malta o nella piazza di Londra”, ha detto il magistrato siciliano.
“La stessa Ue dal 2014 ha stabilito che nel calcolo del Pil va inserito anche il calcolo del fatturato della droga e della prostituzione – ha ricordato – Non dell’estorsione, perché questa sottrae ricchezza all’imprenditore. Diversamente le altre due vengono valutate come somministrazione di beni e di servizi con un flusso monetario che fa girare l’economia. Ed è anche per questo che possiamo ritenere che la mafia dei mercati, in Italia, ha contribuito a farci rimanere nel patto di stabilità. In Europa non c’è l’interesse a fare un’analisi del sangue ai capitali finanziari che fanno girare l’economia e il capitalismo delle mafie è un capitolo importante del capitalismo finanziario. Il riciclaggio è superato. La nuova frontiera della mafia mercatista non è nascondere i soldi in banca ma farsi banca. Così si comprano le piccole banche dell’est che poi vengono assimilate da grandi banche per entrare nel Top Management. Oggi siamo di fronte ad un capitalismo che sta rinegoziando il rapporto di egemonia con il potere politico e detta l’agenda politica. Oggi sono i mercati che impongono, che chiedono, che dicono. E mi vengono in mente le parole di un boss con cui ho avuto un colloquio in un carcere canadese. Lui mi disse questo: ‘Prima la politica controllava l’economia, oggi è il contrario. Noi (riferendosi ai boss, ndr) siamo il cuore nero dell’economia, ma sempre economia siamo”.
12 Febbraio 2019