di Francesco Dall’Aglio
Parliamo di un articolo di cui si è discusso abbastanza anche fuori dall’Ucraina, e l’argomento è noto: la “testa di ponte” di Krynky, sulla riva est del Dneper, mantenuta da metà ottobre 2023 a giugno 2024 è stata un disastro, non è servita a niente e ha portato a un numero di perdite elevato. Le perdite in questione sono anche quantificate, cosa piuttosto insolita per un articolo di parte ucraina: 288 caduti accertati e 788 dispersi che hanno avuto purtroppo lo stesso destino.
Ora non è dell’articolo in questione che mi interessava parlare (però leggetelo, perché è interessante e a tratti, come tutte le storie del genere, commovente, e ci fa capire qualcosa in più della società ucraina e di come si sta rapportando alla guerra), ma per i “discorsi” nei quali si inserisce.
Del primo, quello di lettura più immediata, abbiamo già parlato: ci sono ai vertici politici e militari degli incompetenti e dei corrotti, che fanno morire i ragazzi per nulla. E questo discorso sta prendendo sempre più piede, e diventa sempre più esplicito. Ho già detto che non è un discorso né pacifista né filorusso: non si contesta il fatto che i soldati muoiano, ma che muoiano per nulla quando sarebbero più utili altrove.
Gli altri due discorsi (e per questo aveva senso mettere questo articolo insieme a quello di cui ho scritto ieri, nonostante siano molto diversi e scritti in modo e con intento differente) sono due diverse declinazioni della narrativa “consolatoria” che si sta sviluppando ora che pare abbastanza ovvio che le cose non stanno andando come si sperava, e che molto superficialmente potremmo chiamare “non ci permettono di vincere” e “la nostra sconfitta è in realtà una vittoria”.
Il primo discorso è perfettamente esemplificato dal gran dibattito intorno al (finora mancato) arrivo degli F-16 e al (sempre finora mancato) permesso di colpire in profondità il territorio russo. Se entrambe le cose si fossero concretizzate la situazione sul campo sarebbe estremamente diversa (ci sono elementi di verità in questo) e saremmo noi ad essere in vantaggio sulla Russia (qui no, non ce ne sono).
La nostra mancata vittoria dipende dunque non da noi ma dal fatto che “non ci permettono di vincere” – perché hanno paura di Putin, perché vogliono tornare a fare affari con la Russia, perché in fondo ci disprezzano e ci usano, eccetera. Se le promesse fossero state mantenute e ci fosse stato dato tutto quello che ci era stato promesso, avremmo vinto a mani basse (non credo sia necessario sottolineare quanto potenzialmente pericoloso sia questo discorso per i rapporti tra USA/UE e il governo ucraino che prima o poi dovrà firmare un qualche tipo di pace, soprattutto se in quel governo ci saranno, come è possibile, elementi oltranzisti).
Questo discorso può ovviamente agganciarsi al primo: ai corrotti e agli incompetenti nostrani non importa nulla di vincere o perdere e la situazione gli sta benissimo così com’è. L’ultimo discorso è quello più consolatorio di tutti: perderemo, ma in realtà vinceremo. In primo luogo perché siamo nel giusto, chiaramente, e anche se l’altrui forza bruta ci piegherà la nostra causa trionferà comunque (qui ci vedo gli echi della “lost cause” della guerra di secessione statunitense, ma anche il mito della “Serbia celeste” e sicuramente tanti altri paragoni che verranno in mente a chi legge).
In secondo luogo (e qui torniamo all’altro articolo di ieri, che parlava delle perdite russe e dell’incapacità di colmarle) perché avremo inflitto ai russi un numero di perdite incomparabilmente più alto di quelle subite da noi. Loro vinceranno la guerra magari, ma collasseranno economicamente e demograficamente, noi magari la perderemo ma poi inizierà l’età dell’oro (e dei finanziamenti UE).
Qui il paragone va invece alla guerra tra Finlandia e URSS che viene dai più considerata una catastrofe per l’URSS che anche qui ha perso moltissimi uomini, dato prova di colossale incompetenza eccetera, anche se all’atto pratico è stata persa malissimo dalla Finlandia – due volte tra l’altro, 1940 e 1941-44 – che alla fine ha dovuto cedere molto più territorio di quanto l’URSS non ne avesse chiesto all’inizio e accettare uno stato di neutralità imposta per più di 70 anni (dal quale ha indubbiamente tratto moltissimi vantaggi).
Però, appunto, nell’immaginario collettivo è stato un trionfo finlandese perché erano pochi e piccolini, e che alla fine abbiano perso male non è cosa che viene considerata troppo importante. E infatti, per tornare all’articolo, non appena se ne è iniziato a discutere apertamente il portavoce del gruppo operativo Tavria, al quale la testa di ponte di Krynky afferiva, si è subito affrettato a precisare che sì, le perdite ucraine sono quelle, ma la Russia ne ha avute “significativamente” di più: abbiamo perso, ma abbiamo vinto. Mille morti in otto mesi, i russi ne perdono altrettanti in un giorno.
Discorsi, appunto, consolatori, che da un lato segnalano la necessità di cominciare a venire a patti con una realtà sgradevole, dall’altro che non si è ancora, e forse non lo si sarà mai, disposti ad accettarla del tutto. E questo spiega anche come mai sulle perdite ucraine ci sia un riserbo strettissimo, e quelle russe vengano comunicate con numeri iperbolici.
Il giorno in cui i numeri veri verranno fuori ci sarà qualche problema, perché sarà un po’ più complesso poter dichiarare di avere in realtà vinto.
21 luglio 2024