(AGI) – Pechino, 20 mag. – La Cina rifiuta le accuse di spionaggio informatico provenienti dagli Stati Uniti, chiude la cooperazione avviata su questo versante soltanto lo scorso anno tra i due Paesi e convoca l’ambasciatore Usa, Max Baucus, con la richiesta di far marcia indietro. L’accusa di cyberspionaggio economico ai danni di diverse imprese statunitensi attive nei settori del nucleare, del solare e del siderurgico nei confronti di cinque alti funzionari dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese (Epl) e’ fondata su “fatti inventati” e “mette a repentaglio la cooperazione tra Cina e Stati Uniti” ha reso noto il ministero degli Esteri cinese. Tra i gruppi danneggiati dalle attivita’ di controspionaggio cinesi ci sarebbero giganti come Alcoa, United States Steel Corporation, Westinghouse Electric e Solar World AG, secondo quanto riferito in conferenza stampa dal ministro della Giustizia, Eric Holder, che ha formulato i capi d’accusa.
Le accuse risalgono allo scorso anno, quando un rapporto della societa’ statunitense di intelligence Mandiant aveva individuato nell’unita’ 61398 dell’Esercito Popolare di Liberazione la fonte di un gran numero di tentativi di spionaggio informatico ai danni delle aziende americane per rubarne i segreti industriali. L’unita’ speciale operava, secondo il rapporto della Mandiant, da un ultra-sorvegliato edificio alla periferia di Shanghai, con migliaia di dipendenti, e sarebbe stato responsabile di furti informatici a 141 organizzazioni e venti industrie, per un totale di circa 300 miliardi di dollari all’anno di danni all’economia di Washington. Tutti e cinque i funzionari dell’Epl trovati colpevoli del reato di hackeraggio per furto di segreti industriali sono ritenuti fare parte dell’unita’ 61398. Dopo la decisione statunitense, il governo di Pechino ha deciso di sospendere ogni attivita’ di cooperazione con Washington sul cyberspionaggio. La contro-accusa del governo cinese e’ quella di “mancanza di sincerita'” da parte americana, che ha portato alla decisione di sospendere le attivita’ del China-Us Working Group. Il ministero degli Esteri ha smentito nella serata di lunedi’, che funzionari del governo o dell’esercito siano mai stati coinvolti o abbiano attivamente preso parte ad attivita’ di spionaggio informatico ai danni di aziende statunitensi, e ha definito le accuse di Washington “senza fondamento e con ulteriori motivazioni”. Al contrario, e’ la Cina a essere stata vittima di cyber-furti, intercettazioni e altre attivita’ di sorveglianza, ha replicato il Ministero degli esteri cinese. Il riferimento e’ alle accuse di cyber-spionaggio statunitense ai danni della Cina dell’ex contractor della National Security Administration Edward Snowden, che nel giugno dello scorso anno si era reso protagonista di una rocambolesca fuga a Hong Kong da dove aveva rivelato le attivita’ di spionaggio informatico della NSA e aveva detto che gli Stati Uniti attuano misure di spionaggio informatico ai danni di Pechino dal 2009. Il governo cinese ha poi diffuso gli ultimi dati interni riguardanti gli attacchi informatici subiti dai sistemi informatici cinesi.
Secondo il National Computer Network Emergency Response Technical Team Coordination Center of China, solo tra il 19 marzo e il 18 maggio scorso, le intrusioni nei sistemi di sicurezza informatica cinese da parte degli Stati Uniti sono state 2077, per un totale di 1,18 milioni di computer cinesi controllati in remoto da Washington. Le operazioni di frode informatica compiute da 135 computer statunitensi, secondo le rivelazioni dell’ente cinese per la sicurezza informatica, hanno portato a circa 14mila operazioni illegali, mentre sono stati circa 57mila gli attacchi ai server cinesi tramite porte d’accesso per hacker create da poco piu’ di duemila indirizzi IP negli Stati Uniti. (AGI) .
20 MAG 2014