Agata Iacono
Nell’accanimento della distopia cognitiva sulla manipolazione semantica, il termine STORICO “sionismo”, che rappresenta una precisa ideologia e non è affatto sinonimo di ebraismo, sarà censurato da Meta.
Il dibattito sul termine “sionista”, all’interno di Meta, non è nuovo e ha scatenato l’allarme tra gli attivisti per i diritti digitali e i gruppi pro-palestinesi, secondo i quali l’approccio soffocherebbe le legittime critiche politiche al governo israeliano, alle sue forze armate e a quell’orrore quotidiano, che anche la Corte Internazionale dell’Aia e i rappresentanti ONU e dei diritti umani definiscono uno sterminio ingiustificabile.
“Il sionismo è un’ideologia. Non è una razza”, ha dichiarato Nadim Nashif, cofondatore del gruppo pro-palestinese per i diritti digitali “7amleh”, che è stato informato da Meta sulla revisione della sua politica. “Come ho detto loro, secondo me questo è un pendio scivoloso. Può determinare la rimozione di molti contenuti che criticano Israele e il sionismo e che fanno parte di discussioni politiche legittime”.
“Abbiamo stabilito che le attuali linee guida non affrontano in modo sufficiente i modi in cui le persone usano il termine ‘sionista’ online e offline”, ha affermato Meta in un post sul blog. “In futuro, rimuoveremo i contenuti che attaccano i ‘sionisti’ quando non riguardano esplicitamente il movimento politico, ma utilizzano invece stereotipi antisemiti o minacciano altri tipi di danni. La parola a volte è usata come un sostituto per le parole “ebreo” o “israeliano”, in particolare in una connotazione negativa. Meta ha affermato di aver interpellato oltre 145 storici, gruppi per i diritti civili, esperti legali e di diritti umani e sostenitori della libertà di parola provenienti da tutto il mondo per giungere alla sua decisione.”
Tra i termini attenzionati ci sarebbe anche l’espressione “dal fiume al mare” usata dagli attivisti pro Palestina.
Ma sappiamo tutti, purtroppo, che ogni video, ogni foto, che informa sull’uccisione di bambini, donne, anziani palestinesi viene sistematicamente censurata. Sappiamo che quei bambini non hanno diritto, sui social come su tutti i media generalisti, ad avere un volto, un nome, una dignità.
Molti canali che raccontano semplicemente la realtà in diretta streaming, senza alcun bisogno di manipolarla, sono oscurati, non possono essere visti.
Profili sospesi, post cancellati o resi invisibili: la voce dei palestinesi e di chi si esprime su Gaza e i Territori è sempre più esposta a censura.
Il conflitto tra israeliani e palestinesi, in questi giorni più che mai, è anche digitale e social. Profili sospesi, contenuti cancellati, fino al cosiddetto shadow ban, stanno colpendo i palestinesi o chi diffonde contenuti su Gaza e Palestina, in particolare sui social media di Meta, ovvero Facebook, Instagram, Messenger e WhatsApp. Ma non solo. Tanto che sempre più spesso si vedono post con le parole Giza, G@z@, P7l3st1nA e altri termini quasi illeggibili, usati per cercare di aggirare quello che pare proprio un tentativo di censura”.
“Quella con Meta è una battaglia che va avanti da diversi anni. Tuttavia dal 7 ottobre abbiamo assistito a un aumento delle violazioni nel campo dei diritti digitali, non solo nei social di Meta, anche se sono quelli che la maggior parte dei palestinesi usa. Ci sono diverse violazioni, che principalmente vengono attuate in due modi. Il primo è la soppressione delle voci palestinesi, attraverso la censura dei contenuti online: così facendo, si opprime la narrativa palestinese, impedendone la diffusione nel mondo. L’altro è consentire informazioni e utilizzare in modo fuorviante l’incitamento all’odio e il discorso violento da parte degli israeliani sui social media, diffondendo gli stereotipi, in particolare dei politici di Israele, contro i palestinesi. Hanno descritto i palestinesi come “animali umani” e le piattaforme non hanno preso alcuna misura contro questo contenuto, tanto che è ancora online e viene utilizzato per disumanizzare i palestinesi.”
A maggio 2024, l’amministratore Biden aveva espressamente sollecitato le grandi aziende tecnologiche “ad aumentare gli sforzi per limitare i contenuti antisemiti sulle loro piattaforme”, ha riferito Bloomberg News.
I rappresentanti di aziende come Alphabet, Meta, Microsoft, TikTok e X si sono incontrati infatti con l’inviata speciale degli Stati Uniti Deborah Lipstadt “per monitorare e combattere l’antisemitismo”.
“Abbiamo accolto con favore questa riunione e siamo stati lieti di riunirci per condividere i fatti sui passi che TikTok compie su questo tema importante e per continuare a imparare dagli esperti presenti in sala”, ha dichiarato il portavoce di TikTok.
12 Luglio 2024