“Io ero interno alla cosca, ero consigliere di Vasapollo fino a quando non è stato ucciso. Poi dopo è cambiato tutto e sono diventato un killer“. Sono state queste le parole dell’ex avanguardista di destra Paolo Bellini durante la terza giornata del suo interrogatorio nell’ambito del nuovo processo sulla Strage del 2 agosto 1980, che lo vede imputato per concorso nell’attentato. Sul finale dell’esame da parte della Procura generale, prima di cominciare a rispondere alle domande degli avvocati di parte civile, Bellini ha ricostruito il suo passato a cominciare da quando era killer della ‘Ndrangheta nei primi anni ’90. Il Pg Nicola Proto si è soffermato su alcune dichiarazioni di Bellini del maggio 2000, dove l’imputato aveva fatto riferimento ad una sorta di stipendio di un milione e mezzo di lire al mese per la sua attività con la famiglia Vasapollo. “Non è che io avevo un contratto – ha precisato Bellini – i soldi erano un rimborso spese per i miei spostamenti e per le persone che dovevo rintracciare“. Per la Procura però, da queste dichiarazioni di Bellini “appare un pagamento mensile per il rintraccio delle persone da colpire. La rilevanza per questo processo è di un soggetto che per denaro si presta a fare una attività per la cosca”. Quando poi Bellini, come aveva già anticipato prima dell’inizio del suo esame, ha ribadito di non voler rispondere a domande non legate alla Strage, la Procura generale ha chiesto di acquisire tutti i verbali dove l’ex di Avanguardia Nazionale parla del suo periodo all’interno della ‘Ndrangheta. La difesa si è però opposta all’acquisizione tuttavia avallata invece dalla Corte d’Assise che ha accolto la tesi illustrata dai Pg: “Noi sosteniamo che Bellini ha fatto questa Strage per denaro, che ha ucciso 85 persone perché è un sicario, e lui è stato un sicario, un killer a pagamento, nel tempo, anche per la ‘Ndrangheta, commettendo vari omicidi“. Nella parte finale dell’esame di ieri Bellini ha risposto alle domande dei suoi avvocati, Manfredo Fiormonti e Antonio Capitella. Capitella si è limitato a chiedere al suo assistito se abbia mai conosciuto gli ex Nar già condannati in via definitiva per la Strage (Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) e Gilberto Cavallini (condannato all’ergastolo solo in primo grado), così come Licio Gelli, ottenendo dall’imputato sempre risposte negative. Invece Fiormonti si è soffermato a lungo sugli spostamenti di Bellini dall’Italia al Brasile e sul viaggio da Rimini al Passo del Tonale il 2 agosto 1980, facendo domande generiche. “Sono sicuro che non c’entro con la Strage di Bologna – ha ribadito Bellini in una delle sue risposte – io ero a Rimini a prendere i miei familiari, lo dica la signora Bonini (ex moglie dell’imputato, ndr) perché mente“. Queste circostanze l’imputato le aveva già raccontato più volte durante le precedenti udienze, non fornendo sempre racconti lineari. Il controesame ha così spazientito il presidente della Corte d’Assise di Bologna, Francesco Maria Caruso: “La prego di fare delle domande precise per avere delle risposte precise – ha detto Caruso rivolgendosi a Fiormonti – perché questo è un divagare, non si può fare un controesame in questo modo“. Il legale, a questo punto, ha preferito interrompere il suo esame, non mancando di esprimere il proprio disappunto. Venerdì prossimo l’esame di Bellini si concluderà con le domande della Corte, che scioglierà anche la riserva sull’eventuale controinterrogatorio dei familiari di Bellini, tra i quali l’ex moglie Maurizia Bonini – che lo accusa di essere coinvolto nella Strage, dopo averlo riconosciuto in un video di sorveglianza della stazione – da parte dei legali dell’imputato. Sul punto la Procura generale si è opposta.
02 Dicembre 2021