di Gianni Barbacetto
Ora che una terza sentenza di una nuova Corte d’assise ha confermato le due precedenti, si può sostenere che la pista nera per la strage di Bologna ha avuto un’ulteriore convalida. Anche Gilberto Cavallini è stato condannato per strage, come prima di lui i suoi camerati dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini.
La storia processuale della strage del 2 agosto 1980 non è tortuosa e attorcigliata come quella di piazza Fontana, ma è comunque complessa. E ancor più di piazza Fontana segnata da depistaggi di Stato, che cominciano la sera stessa del 2 agosto, quando il governo in carica, presieduto da Francesco Cossiga, mostrò di credere che il crollo dell’ala ovest della stazione fosse stato provocato dall’esplosione di una vecchia caldaia nei sotterranei dell’edificio.
La magistratura bolognese percorse invece con determinazione la pista nera, tra mille difficoltà, attacchi e inquinamenti. Sedici mesi dopo il più grave attentato della storia repubblicana (85 i morti, oltre 200 i feriti), l’11 dicembre 1985, i pm Libero Mancuso e Attilio Dardani chiesero ai giudici istruttori Vito Zincani e Sergio Guastaldo di emettere venti mandati di cattura per neofascisti di diversi gruppi, che il 14 giugno 1986 furono rinviati a giudizio.
Il primo processo iniziò il 9 marzo 1987 e finì nel 1995. Imputati sei neri per strage (tra cui Fioravanti e Mambro), undici per banda armata (tra cui Cavallini), undici accusati di associazione sovversiva (tra cui Licio Gelli) e quattro di calunnia aggravata, “al fine di assicurare l’impunità agli autori della strage”: il venerabile della loggia P2 Licio Gelli, gli ufficiali del Sismi Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, il consulente del servizio segreto militare Francesco Pazienza.
La sentenza di primo grado arriva l’11 luglio 1988 e condanna all’ergastolo, per strage, non soltanto Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ma anche Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco. Assolve invece Paolo Signorelli e Roberto Rinani. Condanna per banda armata, oltre a Fioravanti e Mambro, anche Gilberto Cavallini, Massimiliano Fachini, Egidio Giuliani, Sergio Picciafuoco, Roberto Rinani e Paolo Signorelli. Cade per tutti l’imputazione di associazione sovversiva, ma arrivano le condanne per il depistaggio a Gelli, Pazienza, Musumeci e Belmonte: avevano cercato di accreditare una fantomatica “pista internazionale” facendo trovare sul treno Taranto-Milano, il 13 gennaio 1981, una valigia con otto lattine di esplosivo (simile a quello della stazione), un mitra Mab (della Banda della Magliana), un fucile automatico e due biglietti aerei Milano-Monaco e Milano-Parigi.
In appello (inizio il 25 ottobre 1989), cade per tutti l’imputazione di strage: la sentenza del 18 luglio 1990 assolve Fioravanti, Mambro e gli altri quattro imputati. Conferma però le condanne per banda armata (a Fioravanti e a Mambro, a Cavallini e a Giuliani). E condanna, per la calunnia aggravata del depistaggio, Musumeci e Belmonte, che hanno però una pena ridotta (da 10 a 3 anni) e sono assolti per l’associazione sovversiva.
È la Cassazione che ribalta la vicenda. Il 12 febbraio 1992, le Sezioni unite penali della suprema corte dichiarano che il processo d’appello deve essere rifatto, perché la sentenza è illogica e priva di fondamento, “tanto che in alcune parti i giudici hanno sostenuto tesi inverosimili che nemmeno la difesa aveva sostenuto”.
Il secondo appello inizia l’11 ottobre 1993 e termina il 16 maggio 1994 con la condanna all’ergastolo, per strage, di Fioravanti, Mambro e Picciafuoco e con l’assoluzione di Fachini. Confermate le condanne per banda armata a Cavallini, Giuliani e Picciafuoco, oltre che a Fioravanti e Mambro. Confermate anche le condanne per il depistaggio: a Gelli e Pazienza (10 anni), al generale Musumeci (8 anni e 5 mesi) e al colonnello Belmonte (7 anni e 11 mesi).
Il sigillo finale è posto dalla Cassazione il 23 novembre 1995, con la conferma della sentenza del secondo appello (tranne che per Picciafuoco, che sarà poi assolto a Firenze).
Il secondo processo. A parte viene giudicato, tra il 1997 e il 2007, Luigi Ciavardini, che all’epoca della strage era minorenne. È dapprima condannato per banda armata e assolto per strage, poi condannato in appello a 30 anni anche per strage. La Cassazione annulla la sentenza e ordina un nuovo appello, che gli conferma 30 anni per strage. La Cassazione rende definitiva la condanna l’11 aprile 2007.
Il terzo processo, a Gilberto Cavallini, inizia nel 2017. La sentenza di primo grado, il 9 gennaio 2020, lo condanna all’ergastolo.
I mandanti. Ora si apre il capitolo più delicato: chi sono i mandanti degli esecutori materiali fin qui condannati? Sta cercando una risposta la Procura generale di Bologna, dopo aver avocato un’inchiesta che la Procura stava per archiviare. Oggetto: Licio Gelli, i suoi finanziamenti ai gruppi fascisti, i suoi rapporti con i servizi segreti e gli apparati istituzionali.
11 gennaio 2020