di Laura Naka Antonelli
ROMA (WSI) – Non erano disoccupati, poveri o disperati i terroristi della strage di Dacca, Bangladesh, che è costata la vita a 20 persone, tra cui nove italiani, sette giapponesi, due poliziotti. Trenta i feriti. Gli attentatori erano “ricchi rampolli”, istruiti, appartenenti a famiglie benestanti e apparentemente non facenti parte dell’ISIS.
Lo ha detto lo stesso ministro bengalese degli Interni Asaduzzaman Khan, affermando che i giovani, tutti ricercati da tempo, facevano parte del “gruppo jihadista bengalese Jumatul Mujahedeen Bangladesh”, dichiarato illegale nel paese da più di dieci anni.
Proprio l’ISIS aveva rivendicato subito l’attacco, ma il governo bengalese ha smentito, affermando che i terroristi non avevano alcun legame con lo Stato Islamico. Khan ha affermato che gli uomini non hanno presentato alcuna richiesta durante l’attacco all’Holey Artisan cafe. Tre di loro avevano meno di 22 anni ed erano dispersi da sei mesi.
In tutto i terroristi che hanno sferrato l’attacco erano sette: sei sono morti durante il raid delle forze di polizia, mentre un settimo uomo è stato arrestato ed è sottoposto in queste ore a interrogatorio. Tutti appartenevano a famiglie agiate, e avevano studiato in scuole e università. Non avevano frequentato né madrase né avevano presenziato a seminari islamici, dove si ritiene che diversi gruppi jihadisti reclutino nuove forze per crescere. Insomma, ragazzi apparentemente normali, quasi insospettabili.
Il governo del Bangladesh ha dichiarato due giorni di lutto nazionale.
Le vittime
Nove italiani, identificati nelle persone di:
- Christian Tossi
- Marco Tondat
- Nadia Benedetti
- Adele Puglisi
- Simona Monti
- Claudia Maria D’Antona
- Vincenzo D’Allestro
- Maria Rivoli
- Claudio Cappelli
Sette giapponesi: cinque uomini e due donne. I funzionari giapponesi hanno finora diffuso l’identità di quattro tra le vittime
- Koyo Ogawawara
- Makoto Okamura
- Yuko Sakai
- Rui Shimodaira
Quattro bengalesi:
- due poliziotti
- due vittime sono state identificate come Faraaz Ayaaz Hossai, studente presso la Emory University degli Stati Uniti, l’altra vittima nella persona di Ishrat Akhond
Una cittadina americana:
- Abinta Kabir, studentessa presso la Emory University
Un indiano
- Tarishi Jain, 18 anni, studente presso la University di Berkeley
Dettagli sulle vittime italiane
Cristian Rossi, era un imprenditore e viveva con la famiglia a Feletto Umberto (Udine). Era in Bangladesh per motivi di lavoro: sposato, padre di due gemelline di 3 anni. Rossi era stato manager alla Bernardi e dopo alcuni anni si era messo in proprio.
Marco Tondat, imprenditore, 39 anni, era nato a Spilimbergo (Pordenone), ma viveva a Cordovado. Così il fratello, stando a quanto riporta l’Ansa. “Era un bravo ragazzo, intraprendente e con tanta voglia di vivere (…) Marco era partito un anno fa, perchè in Italia ci sono molte difficoltà di lavoro e ha provato ad emigrare. A Dacca era supervisore di un’azienda tessile, sembrava felice di questa opportunità. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non è mancato per un incidente stradale. Non si può morire così a 39 anni”.
Claudia Maria D’Antona. La descrive la sorella Patrizia D’Antona all’Ansa: “Mia sorella Claudia e suo marito Giovanni erano una coppia fantastica, due persone d’oro, con un grande impegno nel volontariato. Finanziavano un’associazione che porta esperti di chirurgia plastica in Bangladesh per curare le donne sfregiate con l’acido. Aiutare il prossimo era sempre in cima ai pensieri di Claudia e di suo marito. Si erano sposati due anni, con una bellissima cerimonia a Dacca, dove avere convissuto per oltre 20 anni”. Claudia era la moglie di Giovanni Boschetti, sopravvissuto all’attacco, in quanto proprio durante la cena aveva ricevuto una telefonata e si era recato nel terrazzo per parlare. In un’intervista a La Repubblica Boschetti racconta quelle ore terribili:
“Una cosa orribile col cuore in gola di paura e la preoccupazione di quello che succedeva dentro, con quella sensazione angosciante di non vedere mia moglie, specialmente quando hanno spento tutte le luci. Io non osavo uscire perché i terroristi osservavano sempre fuori dalle finestre, ma quando stava per fare alba mi sono deciso e sono andato non visto al cancello d’uscita”. Alla domanda, “quando ha capito che per sua moglie non c’era più niente da fare?”, risponde:”Quando ho visto quei lenzuoli macchiati di sangue nell’obitorio. Mi creda, fino a quel momento, chissà perché, speravo che fosse viva”.
Nadia Benedetti, manager 52enne e figlia di imprenditori che proprio da Viterbo ha mosso i primi passi nell’industria tessile.
Simona Monti , 33enne viveva in Bangladesh e lavorava in un’azienda tessile. Era incinta e aveva prenotato un volo che l’avrebbe riportata nella sua Magliano Sabina (Rieti), per un lungo periodo di aspettativa.
Maria Riboli mamma di una bimba di 3 anni, spesso in giro per il mondo per il suo lavoro in un’impresa che si occupa di abbigliamento, Maria Riboli avrebbe compiuto 34 anni il prossimo 3 settembre. Maria Riboli lavorava nel settore dell’abbigliamento e si trovava in viaggio per lavoro per conto di un’impresa tessile. Da diversi mesi era in Bangladesh.
Adele Puglisi, una donna “buona, solare, che amava viaggiare e il mare”. Era così per gli amici e i parenti Adele Puglisi, 54 anni, una delle vittime italiane della strage di Dacca. Assassinata alla vigilia del suo rientro a Catania, dove abitava, anche se nella sua città d’origine, raccontano i vicini, “stava al massimo 20 giorni l’anno”, perché, spiegano, “era sempre in giro per il mondo per il suo lavoro”. Era lei stessa a descriversi così sul suo profilo Facebook, pubblicando sue foto al sole e al mare. Lei vittima del terrorismo islamico su Fb il 16 novembre del 2015 aveva postato la prima pagina di ‘Libero’ sulla strage di Parigi commentando il titolo (‘Bastardi islamici’) con un secco “è vergognoso” e aderendo a una petizione che lo contestava. Ma sul social network ricostruiva anche la sua vita lavorativa: era a Studiotex fino al 2010, poi è partita e si è trasferita nello Sri Lanka. Fino ad aprile del 2014 quando ha cominciato a lavorare per Artsana, come manager quality control a Dacca.
Vincenzo D’Allestro, l’imprenditore tessile del Sud – Abitava nella mansarda di una palazzina rosa di quattro piani che si affaccia su via don Girolamo Marucella, ad Acerra (Napoli), l’imprenditore tessile Vincenzo D’Allestro, 46 anni, ucciso da un commando dell’Isis a Dacca, in Bangladesh. Nel Parco Azalea, dove D’Allestro abitava con la moglie Maria Gaudio, sono stati i giornalisti a portare la notizia che ha gettato nello sgomento quanti conoscevano la coppia. Secondo quanto si appreso da alcuni condomini l’imprenditore era quasi sempre fuori per lavoro.
Claudio Cappelli, l’impreditore del Nord – Aveva una impresa nel settore tessile che produceva t-shirt, magliette, abbigliamento in genere e anche intimo. “Diceva di avere avuto una esperienza positiva e di essere contentissimo. Era da più di 5 anni impegnato in questa ‘avventura’. Era entusiasta e diceva che era un Paese dove si poteva lavorare molto bene” ricorda con dolore il console generale onorario del Bangladesh in Veneto, l’avvocato Gianalberto Scarpa Basteri …
4 luglio 2016