A Berlusconi gli è venuto un coccolone dopo le elezioni Comunali. D’altronde Forza Italia, tolta Milano, ancora in parte feudo del “cavagliere”, ha avuto una media di voti del 7-8% – una miseria considerate le sue aspirazioni – che, visto soprattutto il tasso di astensione, significano diversi milioni di voti in meno rispetto a qualche anno fa, un tonfo clamoroso. Molti di questi voti invece si sono riversati, o meglio travasati, nel PD di Renzi, che perde voti a sinistra ridimensionandosi a livello nazionale, ma un po’ tiene grazie ai voti della destra appunto. Sintomo questo che Verdini, passato al Pd da Forza Italia sta, facendo un “buon lavoro” di ricollocazione del Pd ancora più a destra attraverso l’elettorato. Dopo questa sconfitta sia di Renzi che di Berlusconi, sarà inevitabile la formazione del partito della nazione, dove conservatori, reazionari e finti progressisti, quindi Pd, NCD, Forza Italia (molto probabilmente post berlusconi), in una svolta ancora più autoritaria, si metteranno insieme per diventare forza politica egemone, supportati dalla nuova legge elettorale “Italicum” (conosciuta come legge Acerbo 2.0) e dalle modifiche apportate e che – se vincerà il sì al referendum di ottobre – apporteranno alla Costituzione. Di converso il M5s, che di sinistra non è, prende voti a sinistra e diventa primo partito; che, in perfetta e antidemocratica logica bipolare sarà destinato a contrapporsi, in una battaglia politico-burocratica formale tutta circoscritta nel perimetro del capitalismo (finanziario e industriale) e del “politically correct”, col polo della nazione sopracitato. La sinistra cosiddetta – i vari Sel (o SI, che non riuscendo a cambiare altro cambia di nome…), Prc. Pcdi, Pc, Pcl, liste Tsipras e quant’altro – dal canto suo annaspa clamorosamente. La sua pochezza di contenuti, l’autoreferenzialità, la mancanza di un complesso di idee forti e rivoluzionarie, la lontananza dal conflitto “reale” di classe e la tendenza alla frammentazione l’hanno resa storicamente e politicamente residuale e soggetta all’inazione. Il dato più significativo al fin della fiera rimane l’astensione di massa, sintomo della disillusione generalizzata sulla possibilità di cambiamento socio-economico attraverso le elezioni, considerata “l’omogeneità” della proposta politica delle forze in campo, tutte appiattite inesorabilmente sulla stessa visione sistemica dell’economia. Manca, secondo una diffusa percezione in mezzo alle persone, anche inconscia a volte, un fattore soggettivo, un partito-movimento che rappresenti e porti avanti davvero e coerentemente, attraverso la lotta politico-sociale, un cambiamento moderno e sostenibile nel senso della solidarietà e non più del profitto “tout court”. Di una cosa comunque sono pienamente convinto: gran parte di chi si astiene e moltissimi di coloro che votano a sinistra e M5s oggi voterebbero il PCI di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer!
Domenico Marino
Sezione comunista Gramsci Belinguer, Pisa