di Gianni Barbacetto
Uno/Tentato il blitz: le gare d’appalto stanno per partire
Martedì 19 sarà il momento della verità sul Tav Torino-Lione. Si riunirà il consiglio d’amministrazione di Telt, la società italo-francese che si prefigge di costruire il tunnel di base tra Italia e Francia. All’ordine del giorno, il lancio dei due bandi di gara per la realizzazione dell’intero tratto francese del traforo, i tre quarti dell’opera, 45 dei 57,5 chilometri totali. Valore: 2,3 miliardi di euro. Sarebbe la vera partenza del Tav, di cui finora sono stati realizzati solo progetti, scavi preparatori e tunnel geognostici. Sarebbe anche un passo dopo il quale sarebbe difficile tornare indietro, fermando i lavori.
Lo sanno anche al ministero delle Infrastrutture di Danilo Toninelli che, dopo la pubblicazione dell’analisi costi-benefici (pesantemente negativa per la Torino-Lione), tra lo stop e il via libera all’opera sembra ora orientato a imboccare una terza via: lasciare che i bandi vengano pubblicati, per prendere tempo in attesa di una soluzione politica che metta d’accordo la componente leghista del governo italiano (favorevole al Tav) e quella cinquestelle (contraria). Dentro il Movimento 5 Stelle c’è però chi giudica ambiguo l’atteggiamento del ministro Toninelli, che lasciando partire le gare d’appalto si mette di fatto nella condizione di non poter più fermare l’opera.
La società Telt, interpellata dal Fatto quotidiano, conferma che il cda di martedì è la normale conseguenza della lettera firmata il 3 dicembre 2018 dai due ministri interessati, l’italiano Toninelli e la francese Elisabeth Borne, e indirizzata al direttore generale di Telt sas (Tunnel Euralpin Lyon-Turin), Mario Virano.
Tradotta dal francese, dice così: “A richiesta dell’Italia, desideriamo domandare a Telt, per suo tramite, in seguito alla decisione annunciata dal governo italiano di realizzare una valutazione aggiornata e dettagliata del progetto della quale la Francia ha preso atto, che la pubblicazione delle gare d’appalto non abbia luogo prima della fine dell’anno 2018, rimanendo inteso che queste gare d’appalto si riferiscono all’attribuzione e alla realizzazione dei primi lotti del tunnel di base. Una tale decisione è necessaria al fine di evitare, conformemente alla richiesta dell’Italia, ogni confusione sull’interpretazione del lancio di queste gare d’appalto, in relazione allo svolgimento in corso della sopraddetta valutazione. È convenuto che la situazione sarà rivista alla luce dei risultati di questo studio e alle conclusioni che ne saranno tratte. Il governo italiano farà di tutto per pubblicare lo studio il più presto possibile”.
Ora la “sopraddetta valutazione”, cioè l’analisi costi-benefici, è stata finalmente pubblicata, non senza ritardi. E la fine del 2018 è arrivata. Telt si sente dunque autorizzata a procedere con la pubblicazione delle gare. Anche perché, nella lettera del 3 dicembre, i due ministri concludevano così: “I nostri governi confermano parimenti con la presente l’interesse a beneficiare dei finanziamenti europei per la realizzazione del progetto (…). Per questi motivi, informeremo la Commissione Europea del rinvio della data di pubblicazione delle gare d’appalto e considereremo, se necessario, la definizione di un nuovo calendario che permetta il mantenimento dei finanziamenti europei previsti, in conformità agli accordi internazionali che esistono tra le parti”.
Quello che viene sottoscritto anche da Toninelli nella lettera del 3 dicembre, dunque, è soltanto un rinvio, con l’impegno comunque “a beneficiare dei finanziamenti europei per la realizzazione del progetto”, quindi di fatto a realizzare l’opera. Alla faccia dell’analisi costi-benefici. Al ministero delle Infrastrutture fanno presente che, comunque, bandire le gare non significa poi, dopo i 12-18 mesi della procedura, essere costretti ad assegnare obbligatoriamente i lavori: lo garantisce l’articolo 98 del decreto 2016/360 sul codice francese degli appalti pubblici, a cui Telt, società di diritto francese, si deve adeguare.
Peccato però che questo articolo sia stato abrogato – guarda i casi del destino – proprio il 3 dicembre 2018, giorno della lettera dei due ministri a Telt. È stato cancellato proprio quel giorno dall’articolo 14 del decreto 2018/1075. Dato il via alla gara, dunque, non sarà più possibile fermare l’opera. Possibile che al ministero delle Infrastrutture non sappiano il francese e non siano a conoscenza di questo piccolo particolare?
Martedì a decidere sarà il consiglio d’amministrazione di Telt, formato da cinque italiani e cinque francesi, più due osservatori delle regioni interessate, al di qua e al di là delle Alpi (Piemonte e Auvergne-Rhône-Alpes) e un inviato della Commissione europea senza diritto di voto. I cinque francesi sono scelti dal governo di Parigi, quelli italiani dal governo italiano. Sono Paolo Emilio Signorini, (capo dipartimento del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti), Oliviero Baccelli (professore dell’Università Bocconi), Stefano Scalera (del ministero dell’Economia e delle finanze), oltre al direttore generale Mario Virano e a Roberto Mannozzi, espresso da Fs, di cui è direttore centrale amministrazione, bilancio e fiscale.
Sono nomi espressi nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, quando ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti era Graziano Delrio. Come deciderà il cda martedì prossimo? Darà il via ufficiale al Tav Torino-Lione, con il tacito consenso del ministro Toninelli e in barba sia all’analisi costi-benefici, sia al dibattito politico sull’opera che si sostiene (ipocritamente?) essere ancora in corso?
(Il Fatto quotidiano, 17 febbraio 2019)
Due/Il giorno della verità, Telt deve decidere sugli appalti
Febbrili (e surreali) scambi di comunicazioni, richieste e documenti, tra Roma, Torino e Parigi. Il ministero delle Infrastrutture di Danilo Toninelli, dopo l’articolo del Fatto quotidiano di domenica che annunciava il lancio delle gare d’appalto per il Tav Torino-Lione, infrange il riposo domenicale e chiede di corsa un parere legale sulla possibilità di bloccare i lavori anche dopo che siano state avviate le gare. Il Fatto aveva scritto che una riforma del codice degli appalti francese aveva abrogato l’articolo 98, che permetteva di stoppare gli appalti anche dopo l’assegnazione dei lavori.
Curioso: l’abrogazione è avvenuta il 3 dicembre 2018, lo stesso giorno in cui i due ministri, Toninelli per l’Italia ed Elisabeth Borne per la Francia, firmavano insieme una lettera in cui chiedevano a Telt (la società che dovrebbe realizzare il Tav) di sospendere le gare fino alla pubblicazione dell’analisi costi-benefici chiesta dal governo italiano, ma si impegnavano a fornire, “se necessario, un nuovo calendario che permetta il mantenimento dei finanziamenti europei previsti”.
È vero che, se martedì 19 febbraio (oggi, per chi legge), il consiglio d’amministrazione di Telt vara le gare – chiede il ministero di Toninelli – le procedure non potranno poi più essere fermate? Il primo elemento surreale è che la domanda viene rivolta non a un esperto giuridico terzo, italiano o francese, ma a Telt, la società che vuole bandire al più presto le gare e realizzare l’opera.
La “direzione giuridica” di Telt risponde più veloce della luce con una paginetta di parere legale: È vero – ammette – che “l’articolo 14 del decreto del 3 dicembre 2018, n.1075, ha abrogato l’articolo 98 del decreto 360/2016”. Ma non importa, perché “tuttavia l’articolo figura ora nella medesima forma, nei riferimenti forniti qui di seguito”. E giù numeri, date e riferimenti di legge. Dunque, conclude Telt, “la legge rimane invariata e la Stazione appaltante può sempre dichiarare una procedura ‘senza seguito’. Il decreto 3 dicembre 2018 citato dal Fatto quotidiano ha il solo scopo di ‘codificare’ (inserire in un unico testo, un codice, tutte le disposizioni legislative e regolamentari relative a un dato oggetto)”.
Non è cambiato nulla, dice Telt. Possiamo bandire subito le gare per i primi due lotti del tunnel di base, cioè l’intero tratto francese, i tre quarti dell’opera, 45 chilometri dei 57,5 totali, per il valore di 2,3 miliardi di euro. Poi, secondo il codice francese degli appalti a cui Telt deve obbedire, si può comunque non far partire i lavori, “per motivi di interesse generale” e del redivivo articolo 98, abrogato ma ancora pimpante nelle pieghe del codice degli appalti d’oltralpe. Intanto però l’articolo del Fatto di domenica ha allarmato il Movimento 5 stelle, soprattutto a Torino e in Piemonte, come si racconta nell’articolo qui accanto.
La stessa sindaca Chiara Appendino cerca di vederci chiaro, in queste strane gare che il ministero di Toninelli vorrebbe lasciar partire – nel silenzio generale rotto ahimé dal Fatto quotidiano – riservandosi poi eventualmente di scrivere in calce agli appalti assegnati le paroline: “senza seguito”. Appendino chiede lumi ai professori della “Commissione tecnica Torino-Lione”, che in questi anni ha sempre fatto da contraltare critico ai dati di Telt e del suo direttore generale, Mario Virano. La Commissione ha risposto ieri alla sindaca con un documento di quattro pagine che cita la “Relazione tecnico-giuridica” dell’11 febbraio 2019 chiesta dal ministero delle Infrastrutture all’Avvocato dello Stato: “I motivi che farebbero venir meno i contratti nei confronti dei terzi, in caso di stop unilaterale, potrebbero non integrare il contenuto di un nuovo motivo di interesse generale (ai sensi del diritto francese) bensì un fatto illecito idoneo a dar luogo a pretese risarcitorie nei confronti del Promotore e, in via di rivalsa, nei confronti dello Stato italiano”.
Insomma: con o senza l’articolo 98, ci si incamminerebbe in un contenzioso senza fine. Dunque, secondo la Commissione tecnica, “un lancio delle procedure d’appalto in queste condizioni avvierebbe un processo che porterebbe, di fatto, irreversibilmente all’aggiudicazione e all’avvio dei lavori di scavo del tunnel di base, senza alcuna reale possibilità di retrocedere da tale decisione”.
Conclusione: “L’avvio delle procedure d’appalto per i lavori di realizzazione della sezione transfrontaliera (tunnel di base) risulta estremamente imprudente e potenzialmente lesivo del bilancio dello Stato italiano. Si consiglia di dare precise indicazioni ai componenti di nomina italiana nel cda di Telt affinché si proceda a un rinvio inequivocabile di tali procedure”. Oggi alle 11, a Parigi, il momento della verità.
(Il Fatto quotidiano, 19 febbraio 2019)
Tre/Rinvio sugli appalti, Toninelli guadagna tempo
Niente bandi d’appalto per il tunnel in Val di Susa. Per ora. Il consiglio d’amministrazione di Telt, la società dei governi italiano e francese che dovrebbe realizzare la Torino-Lione, si è riunito ieri a Parigi, ha discusso dalle 11 alle 18, ma non ha lanciato le gare, come era invece previsto dall’ordine del giorno secondo cui sarebbero dovuti partire i bandi per i primi due lotti del tunnel di base, cioè l’intero tratto francese, pari ai tre quarti dell’opera: 45 chilometri dei 57,5 totali, per il valore di 2,3 miliardi di euro. Sarebbe stata la partenza ufficiale del Tav, che finora, in tanti anni, ha prodotto infinite discussioni, progetti, proteste, ritocchi, varianti e solo pochi chilometri di scavi geognostici. Invece il cda di Telt “ha deciso all’unanimità un breve rinvio sulla pubblicazione dei bandi di gara, mantenendo aperta la seduta per acquisire necessari approfondimenti tecnico-procedurali”: questa la formula con cui la società ha comunicato la sospensione.
Nel corso del consiglio, il rappresentante della Commissione europea ha reso nota una comunicazione ufficiale di Inea (Innovation and Networks Executive Agency) che lancia una minaccia di tagliare i fondi: “Condizione per la conferma dell’intera contribuzione di 813 milioni di euro” è “la tempestiva pubblicazione dei bandi, mentre in caso contrario verrà applicata una riduzione di 300 milioni”. Al termine della discussione, il consiglio ha incaricato il presidente francese di Telt e il direttore generale italiano, Mario Virano, “di informare i due governi dei termini della discussione odierna, delle scadenze definite da Inea e delle responsabilità conseguenti”.
A fermare – per ora – il lancio delle gare è stato il ministro italiano delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ha dato indicazione ai rappresentanti italiani nel cda (cinque su dieci) di chiedere un breve “rinvio tecnico” in attesa di una decisione collegiale del governo italiano, in cui convivono una posizione favorevole al Tav (quella della Lega) e una finora contraria (quella dei Cinquestelle). La decisione dovrebbe arrivare in un paio di settimane, comunque entro il mese di marzo.
La tensione attorno a questo cda di Telt era cresciuta nei giorni scorsi, dopo che il Fatto quotidiano aveva rivelato, domenica scorsa, che il consiglio era pronto a dare il via libera agli appalti. L’Italia li aveva fermati nei mesi scorsi, in attesa dell’analisi costi-benefici sul Tav, ma poi – malgrado l’analisi sia stata una piena bocciatura dell’opera – il ministero delle Infrastrutture si era orientato a lasciare che Telt lanciasse le gare, contando sulla possibilità offerta dal codice francese degli appalti di poterle comunque fermare prima dell’assegnazione dei lavori. Una possibilità dubbia e incerta, secondo molti tecnici. L’avvio delle gare avrebbe messo il ministero italiano davanti al fatto compiuto e sancito, di fatto, il via libera al Tav. Per il Movimento 5 Stelle sarebbe stato un secondo motivo di lacerazioni e proteste interne, dopo quelle per aver salvato Matteo Salvini dal processo. Ora ci sono un paio di settimane in cui il governo dovrà dire definitivamente sì o no all’opera.
Intanto il ministero francese dei Trasporti ha smentito seccamente Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, che lunedì aveva trionfalmente annunciato l’intenzione dell’Unione europea di finanziare il 50 per cento di tutto il Tav, dimezzando (da 1,7 miliardi a 850 milioni) l’impegno dell’Italia per la tratta nazionale della Torino-Lione e riducendo del 10 per cento il costo del tunnel di base. “L’Ue ha confermato la disponibilità a finanziare al 50 per cento non solo il tunnel, ma anche le tratte nazionali di avvicinamento”, aveva dichiarato Chiamparino, citando come fonte un suo omologo d’Oltralpe, il vicepresidente della Regione Auvergne-Rhone-Alpes, Etienne Blanc. “È l’ulteriore conferma”, aveva concluso Chiamparino, “di quanto l’opera sia strategica e chiude l’inutile querelle sull’analisi costi-benefici”.
Subito i giornali italiani avevano data per buona la notizia, strillando (ieri) titoli entusiasti: “Tav, un miliardo in più dall’Europa” (Repubblica); “La Ue finanzia le tratte nazionali. Tav, così salta l’analisi costi-benefici” (Corriere della sera); “Tav, pressing di Parigi: più fondi dall’Europa” (La Stampa). Non era vero niente: “Il ministero smentisce formalmente che ci sia qualsiasi decisione nuova della Commissione europea riguardante il finanziamento del progetto”, ha comunicato ieri Parigi, aggiungendo anche un invito a “non fare confusione” e mostrando “stupore per la presa di posizione isolata espressa dal Consiglio” della Regione francese.
(Il Fatto quotidiano, 20 febbraio 2019)