Tutto parte da lontano, e cioè dagli anni post bellici, da quando i padroni sentirono fischiare nelle orecchie il vento del cambiamento.
La classe operaia, in quegli anni e grazie al PCI, intesseva rapporti con i ceti medi e studenteschi per poter far comprendere che la contraddizione era (e rimane) lavoro / capitale.
Nascevano, così, le prime rivendicazioni sindacali su principi inalienabili come il diritto alla salvaguardia del posto di lavoro che toccavano, tra questi, l’impossibilità di scrutare l’intimità del lavoratore durante la produzione… che sfociò in uno degli articoli (art. 4 “Impianti audiovisivi“) Legge 20 maggio 1970, n. 300 c.d. “Statuto dei lavoratori”.
Infatti, il timore dei padroni, di allora, era che la classe operaia potesse comunicare al suo interno e pianificare ipotesi diverse dalle “strategie” dell’azienda. Imprenditori che impallidivano dalla paura perché c’erano quadri sindacali interni alle aziende capaci di fare analisi economiche che tenevano testa a “capitani d’industria” blasonati come gli Agnelli… “Capitani d’industria” che ritenevano le scelte sulla produzione fosse di esclusiva competenza della proprietà e che ai “subordinati” non si dovesse motivare o rendere conto proprio di nulla.
Difatti, nella storia imprenditoriale italiana quella dell’azienda Fiat è stata emblematica ed ha insegnato molto su come avvenivano (e avvengono) alcune dinamiche legate alla trasmissione del comando; fintanto i lavoratori dell’azienda ebbero modo di controllarne, tramite i Consigli di fabbrica, i piani d’investimento imprenditoriale le fughe estere di produzione si realizzarono in quantità limitata … Poi, invece, i “scendiletto” dei padroni fecero leggi, in netto contrasto con la Costituzione, che portarono, anche, a quello che leggiamo qui sotto.
Forse, per poter potenziare e migliorare queste leggi, si dovrebbe prima ripassare la storia sul perché si era arrivati a formularle in quel modo…
Sempre nel pieno rispetto di una democrazia sostanziale e non formale.
MOWA
Comunicato sindacatoaltracosa SLC
La Telecom può “spiare” i lavoratori a livello individuale, col bene placito della segreteria nazionale Slc-Cgil (…)
In data 18 dicembre 2014 Telecom, il coordinamento nazionale RSU aziendale e le segreterie
nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom hanno sottoscritto un’ipotesi di accordo che riguarda
l’area Caring Service, settore dell’azienda che comprende i call center.
Come è accaduto spesso in questi ultimi anni nel settore delle telecomunicazioni, anche in questa
delicata vertenza durata alcuni mesi, i “buoni propositi” di parte sindacale cedono repentinamente il
passo all’arroganza ricattatoria dell’azienda e alle sue compatibilità.
L’ipotesi di accordo infatti prevede, in nome del rilancio della produttività, oltre alla chiusura di 12
sedi sul territorio nazionale e a rendere sempre più complicata la fruizione delle ferie, la
visualizzazione e il controllo individuale a distanza del lavoratore da parte aziendale, reso
particolarmente agevole attraverso l’utilizzo dei sistemi informatici.
Si tratta di un ulteriore strumento di pressione e vessazione che aumenterà ancora di più il livello di
stress da lavoro correlato presente nei call center di Telecom, che la stessa azienda definisce medio,
sottostimando gli effetti negativi sulla condizione dei lavoratori e i dati in suo possesso.
E’ anche importante sottolineare quanto accaduto all’interno del Coordinamento Nazionale RSU di
Telecom.
Una prima ipotesi di accordo non aveva visto la firma da parte delle Rsu e della segreteria Slc-Cgil,
che si erano impegnate nelle assemblee con i lavoratori a contrastarla.
Era stato indetto anche un referendum farsa, un vero e proprio ricatto sul modello Fiat di
Pomigliano, che invitava i lavoratori a votare a favore, pena la Societarizzazione del Caring da parte
di Telecom, con tutto quello che comportava da punto di vista delle ricadute occupazionali.
Il ricatto-referendum non si è svolto, le parti sono state riconvocate e, nonostante non siano state
apportate significative modifiche migliorative, si è giunti all’ipotesi di accordo del 18 dicembre ,
con la firma della segreteria nazionale di Slc-Cgil.
L’accordo è stato firmato da 41 RSU su 71 aventi diritto, di cui 33 di Fistel-Cisl e Uilcom, e 8 di
Slc-Cgil, mentre 20 RSU di Slc-Cgil, ovvero la stragrande maggioranza e dei territori con più
presenza di call center, hanno deciso di non firmare.
Risulta pertanto gravissima e inaccettabile la firma da parte della segreteria nazionale Slc-
Cgil, dal punto di vista sia del merito che del metodo, in quanto l’accordo consente di
derogare all’art. 57 del CCNL Tlc, all’art 4 della L.300, ma lede anche i principi dello statuto
della Cgil nel rapporto con le Rsu, oltre che a creare un pericoloso precedente, in vista del
difficile e delicato rinnovo del CCNL telecomunicazioni.
Chiediamo l’immediato ritiro della firma da parte della segreteria nazionale di Slc-Cgil,
invitiamo i lavoratori del settore caring di Telecom a votare NO all’ipotesi di accordo nel
referendum del 21-22 gennaio prossimi ed esprimiamo la nostra vicinanza alle Rsu della Slc-
Cgil in questa importante lotta, con la consapevolezza che solo una battaglia di forte e
coerente opposizione all’interno della nostra organizzazione può modificarne la linea politicosindacale.
Infine, vogliamo sottolineare ancora una volta le contraddizioni della Cgil, che a parole si dichiara
contraria al Jobs Act del governo Renzi, ma poi consente che le sue categorie sottoscrivano intese
che nei fatti ne recepiscono alcuni degli aspetti peggiori, come quello del controllo a distanza.
Tra l’altro, la segreteria di Slc-Cgil da anni pratica una linea ben chiara, che non prende
minimamente in considerazione la possibilità di ricorrere al conflitto e alla mobilitazione per
costruire rapporti di forza favorevoli tra i lavoratori e dare all’azione negoziale sbocchi positivi.
Si considera il punto di vista dell’impresa come l’unico possibile, senza porsi minimamente il
problema di mettere in campo efficaci strumenti di lotta e di contrasto.
Dopo le deroghe peggiorative alla normativa sugli appalti e l’abolizione delle causali nel ricorso nei
contratti a termine, presenti nell’accordo ponte del settore grafico, l’ipotesi accordo in Telecom
consentirà di poter liberamente “spiare” i lavoratori, durante l’attività lavorativa.
Tutto questo è inaccettabile. I Lavoratori del settore della comunicazione meritano una linea
sindacale e un gruppo dirigente diversi.
Il Sindacato è un’altra Cosa
Slc-Cgil
15.01.15