Remocontro
Reporter Senza Frontiere ci colloca al 46esimo posto nel mondo, ‘Terzo Mondo’ di libera informazione, dal 41° al 46° posto (sotto Mauritania, Macedonia del Nord, Namibia, Isole Fiji e Tonga), fuori dal gruppo di quelli con una situazione «abbastanza buona» (Germania, Francia, Spagna, Uk) e retrocesso nella fascia, «situazione problematica», dove compaiono anche Niger e Burkina Faso.
Motivi? La norma che impedirà la pubblicazione delle ordinanze di arresto e la scalata del parlamentare leghista Angelucci all’ Agenzia Giornalistica Italia, l’Agi, proprietà Eni, su cui il governo non sono non è intervenuto ma anzi è stato parte decisiva di sostegno.
Libertà di stampa Italia, «situazione problematica»
Nella giornata mondiale della libertà di stampa appena trascorsa l’Italia perde cinque posizioni nella più prestigiosa classifica mondiale sull’argomento, stilata ogni anno da Reporter Senza Frontiere (Reporters Sans Frontieres), consulente delle Nazioni Unite. I motivi? Principalmente due: la «legge bavaglio» approvata dalla maggioranza di Giorgia Meloni che impedirà la pubblicazione delle ordinanze di arresto, e il tentativo ormai riuscito di Antonio Angelucci, imprenditore della sanità, deputato della Lega e proprietario di Libero, Il Giornale e Il Tempo, di mettere le mani anche sull’Agi, la seconda agenzia di stampa italiana, al momento di proprietà dell’Eni (a sua volta controllata dal ministero dell’Economia).
Ancora la minaccia mafiosa
La scheda dedicata al nostro Paese (esordisce ricordando che «la libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud, così come da vari piccoli gruppi estremisti violenti». «Ma i giornalisti –prosegue-, denunciano anche tentativi da parte dei politici di ostacolare la loro libertà di occuparsi di casi giudiziari attraverso una ‘legge bavaglio’ (gag law), in aggiunta alle querele temerarie (SLAPP procedures) che sono una pratica comune in Italia».
‘Contesto politico’
Al paragrafo dedicato al ‘contesto politico’ si legge: «Per la gran parte i giornalisti italiani godono di un contesto di libertà. Ma qualche volta cedono all’autocensura, per conformarsi alla linea editoriale delle proprie testate o per evitare cause per diffamazione o altre forme di azioni legali. Per i cronisti che si occupano di cronaca nera o giudiziaria, questa dinamica può essere aggravata dalla ‘legge bavaglio’ adottata dalla premier Giorgia Meloni, che proibisce la pubblicazione di un’ordinanza di custodia cautelare prima della fine dell’udienza preliminare».
Una legge delega, che entro agosto dovrà essere definita da decreto legislativo, modificando l’articolo 114 del codice di procedura penale sul ‘divieto di pubblicazione di atti e immagini’. Alla Orban, se non oltre.
Italia in discesa verso quale peggio?
L’Italia così è passata dal giallo all’arancione, da paese in cui la situazione per i giornalisti è «piuttosto buona» a «problematica», ed è in compagnia di Ungheria (67), Malta (73) e Grecia (88), i tre stati peggiori d’Europa. Ed è proprio il caso greco a dover ulteriormente preoccupare l’Ue. Qui «pochi imprenditori gestiscono la stragrande maggioranza dei media, pur essendo coinvolti in altri settori aziendali altamente regolamentati» e alcuni di loro «hanno stretti legami con l’élite politica del paese». Inoltre il portavoce del governo «è responsabile della supervisione dei media pubblici, il che mette in pericolo la loro indipendenza editoriale».
Infine Rsf sottolinea come il Servizio di intelligence greco (EYP), guidato dal primo ministro, «è stato coinvolto nella sorveglianza dei giornalisti, molti dei quali sono stati presi di mira da ‘Predator’», un programma spyware altamente invasivo che una volta infiltrato in un dispositivo ha accesso al microfono, alla fotocamera e a tutti i dati all’insaputa dell’utente.
‘Zona Rossa’ tra Russia e Ucraina da legge marziale
Il rischio per l’ «Europa orientale» (più l’Italia) è scivolare sempre di più verso la zona rossa dell’indice di Rsf, occupata stabilmente dalla maggior parte dei paesi asiatici, da alcuni dell’America Latina (Venezuela, Honduras, Nicaragua e Cuba) e dagli stati del Golfo Persico e del Mar Rosso. Soprattutto, il vero pericolo è quello di vedere un’Europa sempre più sotto quella che viene definita «l’influenza tossica del Cremlino», in un lento processo di ‘orbanizzazione’.
2024, mezzo mondo alle urne con un sistema informativo avvelenato
Come ha denunciato Anne Bocandé, direttrice editoriale di Rsf, «mentre più della metà della popolazione mondiale si recherà alle urne nel 2024, gli stati e le forze politiche stanno svolgendo un ruolo sempre minore nella protezione della libertà di stampa, minando il ruolo dei giornalisti o addirittura strumentalizzano i media attraverso campagne di disinformazione».
5 Maggio 2024