L’intervista de La Repubblica al procuratore capo di Prato
“Le intercettazioni sono un mezzo di ricerca della prova di fondamentale importanza e ogni iniziativa volta a limitarne l’impiego mi preoccupa“. Così il procuratore di Prato Luca Tescaroli rispondendo alle domande di Liliana Milella, per La Repubblica, in merito al ddl Zanettin il quale, se entrerà in vigore, imporrà una stretta alle intercettazioni a 45 giorni.
In questa proposta il magistrato intravede “il rischio che possa pregiudicare l’emersione di fatti utili per le indagini inerenti alla criminalità mafiosa e terroristica. Vi sono numerosi reati spia rivelatrici della presenza della criminalità organizzata che sarà più difficile provare se quel ddl diverrà legge. Le strutture mafiose ricorrono in modo crescente alla corruzione per raggiungere i propri scopi perché si tratta di una metodologia operativa più conveniente e meno rischiosa. Molteplici fatti di criminalità organizzata sono emersi da intercettazioni che riguardavano reati comuni”.
Il ddl è visto di buon occhio da molti garantisti come Enrico Costa, che per altro è anche avvocato. E non è l’unico del mestiere, che siede in Parlamento, a desiderare la sua approvazione. “In termini generali, ritengo sia necessario riflettere su una peculiarità del nostro sistema – ha commentato Tescaroli –: il ruolo dell’avvocato difensore che, al contempo, può difendere un indagato, essere membro del Parlamento e persino inserito nella compagine governativa. La concentrazione di ruoli e di poteri offre o può offrire una difesa privilegiata a determinati imputati eccellenti o politicamente contigui, a discapito di quelli meno abbienti, posti ai margini della società. La coesistenza di tali ruoli da parte di un avvocato può favorire il potere legislativo per finalità privatistiche”.
“Se l’applicazione della legge non consente l’assoluzione, la stessa potrebbe divenire frutto di una mirata iniziativa legislativa che obblighi il magistrato ad assolvere, attraverso l’abolizione di una determinata figura di reato o la modifica della condotta penalmente rilevante – ha aggiunto –. La ‘bilocazione’ o ‘trilocazione’ del difensore introduce una forte sperequazione rispetto al pm, al quale è interdetta, giustamente, la possibilità di svolgere contestualmente le funzioni giudiziarie e di essere membro del Parlamento e della compagine governativa”.
Tescaroli sottolinea che le conseguenze del ddl si possono solo ipotizzare. Ad ogni modo, “le indagini diverranno più difficili. L’iter processuale verrà appesantito. Il pm per ottenere la proroga oltre i 45 giorni dovrà fornire elementi specifici e concreti e la valutazione del giudice potrà essere oggetto di contestazione nel corso del processo fino alla sentenza di secondo grado, sicché potrà essere dichiarata l’inutilizzabilità delle intercettazioni al termine del percorso dell’accertamento dei fatti”. E il risultato è che “sarà più difficile tutelare le persone offese e la collettività“.
Sarà più difficile, dunque, accertare “i reati tributari, come l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, e poi bancarotte, rapine, truffe allo Stato, accessi abusivi a sistemi informatici, reati ai danni dei soggetti vulnerabili. Come violenze sessuali, maltrattamenti, atti persecutori. E ancora i sequestri di persona, l’illecita concorrenza con minaccia e violenza, i reati di falso, resistenze a pubblico ufficiale, devastazione”.
Inoltre, anche se sulla carta i reati di mafia e terrorismo sono “salvi” da questa stretta, il ddl Zanettin può colpire le estorsioni “soprattutto se l’estorsione viene attuata in territori del Centro o del Nord, ove è più difficile decifrare e configurare le aggravanti del metodo mafioso o dell’agevolazione dell’attività di un’associazione mafiosa”.
12 Ottobre 2024