Richiesta di pubblicazione.
Lo staff di iskrae
Vogliamo ricordare il nostro compagno Giambattista Tagarelli che ci ha lasciato nel 1999, pubblicando un suo breve intervento a un convegno pubblico del 1997 dal titolo “Quando il lavoro uccide”
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
TESTIMONIANZE OPERAIE, PER NON DIMENTICARE.Giambattista Tagarelli (nella foto), operaio della Breda Fucine: “Mi chiamo Gianni Tagarelli, e sono uno dei lavoratori ammalati di tumore. Sono stato 15 anni in quello che era considerato il reparto mattatoio, dove si lavorava senza criterio, non c’erano nemmeno gli aspiratori. Io lavoravo sulla famosa macchina dove venivano saldate le aste per trivellare il petrolio, e quando saldavamo usavamo dei pannelli di amianto, era una saldatrice ad alta resistenza. Mi ricordo che c’era un operaio – Crippa, deceduto anche lui – che partiva da Bergamo alle quattro, veniva prima per accendere il fuoco e riscaldare i pezzi, poi noi alle sei cominciavamo a saldare. La macchina era una saldatrice colossale, ci lavoravamo sopra in quattro. Siccome non c’era l’aspiratore, Crippa quando arrivava apriva il tetto, di modo che i fumi uscivano e si disperdevano per Sesto, e oltre ad avvelenare noi inquinavano anche la città. Questa è una cosa che abbiamo scoperto adesso. Io vengo dalla Puglia, quando mi hanno assunto in Breda era come se avessi vinto al totocalcio: ero contento, anche se nessuno ti spiegava niente, dovevi fare quello che ti dicevano e lavorare. Siccome era tutto aperto, l’inquinamento si spandeva anche negli altri reparti. Nel mio reparto lavoravamo in 24 o 25, non mi ricordo.
È successo che è morto il mio compagno Camporeale, che lavorava con me sul macchinone. Io non avevo ancora scoperto la mia malattia, ma è stato lì che ho cominciato ad allarmarmi: questo ragazzo aveva lavorato solo in Breda. Nel ’92 ho scoperto di essere ammalato anch’io: ho un linfoma, un tumore. A quel punto mi sono rivolto ai miei compagni per cercare di fare qualcosa. Abbiamo cominciato a muoverci grazie alla collaborazione di Michelino e della famosa Cascina Novella, dove il sindaco Penati – mi dispiace che se ne sia andato via adesso – è stato invitato decine di volte, così come la dott.ssa Bodini e i sindacati, ma lui non si è mai presentato. Quelli della Cascina li vedete qui adesso, siamo noi: non so se abbiamo la faccia da delinquenti, di sicuro c’è che siamo malati. Io dico basta, basta con questi omicidi; noi del Comitato vogliamo solo giustizia. E volevo aggiungere un’altra cosa: i signori magistrati vogliono archiviare questi casi. È chiaro il perché: sono dei casi grossi, ma grossi veramente, perché i morti continuano ad aumentare; ed è logico che a loro dia fastidio, la Breda significa un patrimonio grosso. Io ho qui delle cartelle dal 1973 al 1988: tutti gli anni due ufficiali della USSL, la dott.ssa Bodini e Alberto Maremmani, facevano i sopralluoghi e dicevano ai padroni e al sindacato che non si poteva andare avanti a lavorare così: è scritto qui. E i padroni e i magistrati si permettono di dire che noi non avevamo l’amianto, che il nostro non era un reparto nocivo. Intanto, per disintossicarci, a noi alla mattina il padrone ci faceva distribuire mezzo litro di latte. Ma noi non ci fermiamo: il Comitato è qui per dire che la battaglia va avanti: i documenti parlano, i risultati li stiamo vedendo, la gente continua a morire. Se sarà necessario, siamo disposti anche a fare il picchetto ai magistrati, ad occupare il Tribunale: perché noi non chiediamo né macchine né pellicce, chiediamo la salute e vogliamo giustizia. Basta con gli omicidi bianchi. C’è una legge che dice che chi ha lavorato per tanti anni in queste condizioni, a livello pensionistico ha diritto a qualcosa. Perché la gente che ha lavorato in questi reparti non ha potuto andare in pensione un po’ prima, e vivere qualche anno di più? La legge c’è. Noi chiediamo la collaborazione di tutti compagni, anche delle altre fabbriche, perché venga fatta giustizia: che i magistrati non si provino ad archiviarci. Grazie”.
Dal libro “Operai, carne da macello” |