Tina Anselmi ci ha lasciato la scorsa notte, nello stesso paese dove è nata il 25 marzo 1927, Castelfranco Veneto.
Anselmi (insegnante, sindacalista dei tessili, esponente della DC, più volte ministro) aveva saputo contribuire personalmente alla Resistenza e si evidenziò, come persona libera da interessi di bottega, quando presiedette, per due volte, la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2.
La vogliamo ricordare con quest’interessante intervista rilasciata il 22 Marzo 2016.
Questo staff le è grato per il lavoro svolto in Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2.
A questa partigiana sarebbe giusto tributare gli onori di Stato.
MOWA
”Così onoriamo Tina Anselmi, una vera madre della Patria”
di Aaron Pettinari
Intervista ad Anna Vinci, autrice del documentario in onda su Rai Storia
Una donna forte, coraggiosa, credente, combattente, dall’elevata statura morale e capace di andare “controcorrente”, tanto nella vita quanto nell’azione politica. Tutto ciò caratterizza Tina Anselmi, che tra pochi giorni (il 25 marzo) compierà 89 anni, e che verrà omaggiata il prossimo 2 giugno (è il giorno della festa della Repubblica) di un francobollo emesso dalle Poste Italiane (è la prima personalità in vita a ricevere questo riconoscimento) in un anno speciale in cui si celebrano i settant’anni dal voto alle donne. Tina Anselmi è anche stata il primo ministro donna della storia d’Italia, nel 1976, quindi è stata Presidente della Commissione parlamentare sulla Loggia massonica “P2” di Licio Gelli.
Per onorare ulteriormente la sua figura, celebrando queste speciali ricorrenze, Rai Cultura ha deciso di dedicarle il documentario “Tina Anselmi. La grazia della normalità” di Anna Vinci. Un lavoro, che si è svolto con la regia di Claudia Mencarelli, che andrà in onda stasera alle 21.30 su Rai Storia (canale 54 del digitale terrestre e canale 805 di Sky), per la serie “Italiani” introdotta da Paolo Mieli.
A darci qualche anticipazione, ma non troppo, sul contenuto del documentario e sullo spirito che ha portato a questa nuova realizzazione è proprio la scrittrice Anna Vinci, già biografa di Tina Anselmi – alla cui figura di parlamentare e Presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2 ha dedicato diversi saggi – che abbiamo raggiunto telefonicamente.
Anna Vinci, Tina Anselmi sarà la prima persona a cui è dedicato un francobollo italiano mentre è ancora in vita. Che valore si può dare a questa celebrazione se vogliamo “insolita”?
Sicuramente assume un valore se consideriamo che, proprio partendo dal fatto che Tina è ancora oggi in vita e presto compirà gli anni, questa è l’unica volta che viene dedicata ad una sola persona. Negli altri due casi venivano ritratti gli ultimi due Papi e, in un uscita del 1976, i sei presidenti della Repubblica che avevano ricoperto l’incarico fino a quell’anno. Questa celebrazione assume ancora più valore se consideriamo la ricorrenza dei quarant’anni del primo ministro donna in Italia, un incarico avuto proprio da Tina nel dicastero del Lavoro durante il terzo governo Andreotti, ed i settant’anni dal primo voto delle donne. Tuttavia non credo che questo possa essere sufficiente. Obiettivamente è un fatto insolito e forse può essere anche considerato come una specie di “risarcimento tardivo”, un senso di colpa, rispetto alla storia di Tina, al modo in cui lei ha sempre gestito il potere, al suo coraggio, alla sua forza, alla sua autorevolezza con cui ha servito lo Stato. Meno male che si sia giunti almeno a questo.
Lei è stata già biografa di Tina Anselmi. Ora le dedica un documentario, con la regia di Claudia Mencarelli, che andrà in onda martedì 22 marzo. Come si è arrivati a questo lavoro?
Ci siamo trovate a parlare con una mia amica ed anche con Silvia Costa, parlamentare europea, proprio partendo dalle ricorrenze che si celebravano in questo anno. Ci siamo chieste come fosse possibile non fare nulla, in questo momento, per Tina. Così abbiamo parlato con Rai Storia e in neanche un mese si è realizzato l’intero lavoro. C’è stato tanto impegno e sforzo da parte di tutti, da me, dalla struttura Rai, dal regista, dal montatore, dall’equipe. Per me è anche stata un’esperienza se vogliamo ‘anomala’ perché è la prima volta in cui mi occupo di Tina assieme ad altre persone. C’era la volontà di arrivare ad un risultato per consegnare l’immagine di Tina per quello che veramente è e che anche il francobollo le attesta. Quello di essere una donna madre della patria. E’ bello poter condividere con altri la storia di una persona che io considero ormai ‘di casa’, che amo, che è inserita nel mio immaginario e che oggettivamente mi ha cambiato la vita. Tutto questo non è stato facile anche perché se per gli altri Tina Anselmi è una gran donna per me è anche qualcosa di più. Una persona che voglio proteggere.
Proteggere in che termini?
Quando si ama qualcuno è normale avere questo senso di protezione. In questo caso c’era da proteggere l’immagine di Tina. Lei non è stata una donna banale. Lei ha rappresentato le donne, ed è giusto festeggiare, ma la sua è anche una storia di una grande solitudine, la storia di una delle poche donne che hanno davvero avuto il potere e che si è trovata, ad un certo punto, ad essere sola, senza protettori, in un mondo, quello politico, dove ha dovuto fare i conti prima con la scomparsa, poi con la morte, del suo punto di riferimento, Aldo Moro. In questi anni lei ha continuato a parlare con la famiglia, con pochi amici, con me, e le sue parole sono importanti tanto quanto i suoi silenzi. Continua di fatto anche ora che si trova ad affrontare questo nuovo sforzo, nella malattia. Ci sono persone che la amano tanto e Tina Anselmi è di tutti. Questo terzo documentario vuole essere un atto d’amore nel tentativo di raccontarla per quello che è stata, ed è realmente, nella sua forza, nella sua solitudine in questo Paese ingrato.
Come si sviluppa il racconto nel documentario?
Tina Anselmi viene raccontata a partire dalle sue parole. E’ questa la prima particolarità. Non c’è uno speaker che racconta la storia ma è direttamente la voce di Tina quella che sentirete. Ciò è stato possibile grazie alla raccolta di archivi storici Rai, alle sue parole inserite in quei foglietti di appunti sulla P2. Escluso il commento iniziale e finale di Paolo Mieli, non ci sono storici e giornalisti che commentano. Poi ci sono le testimonianze di tutte quelle figure che generalmente sono state diretro le quinte ma che in realtà c’erano e ci sono. A parlare di lei e del suo impegno civile e politico abbiamo sentito la sorella Maria e l’amica Maria Luisa Gazzolo; Enzo Giaccotto, segretario politico durante l’impegno ministeriale dell’Anselmi, sia al ministero del Lavoro (1976) che a quello della Sanità (1978); Giovanni Di Ciommo, segretario della Commissione Bicamerale sulla Loggia P2 di Licio Gelli. E ancora, Dacia Maraini, testimone degli anni Settanta e delle battaglie femministe e di quelle dei movimenti femminili, amica di Tina, pur nella diversità dei campi politici. Soprattutto, però, ci sono le immagini con il volto di Tina. Io credo che la faccia racconti quello che uno è, ed il volto di Tina esprime tutto il suo spessore.
Lotta nella resistenza, lotta politica, lotta per il rispetto dei diritti e della democrazia. Su quali aspetti della sua vita vi siete focalizzati?
Abbiamo tentato con un excursus rapido di precisare gli elementi portanti della storia di Tina Anselmi come persona politica. Ovviamente parliamo della Resistenza, del suo ruolo interno al sindacato unitario e poi nella Cisl, poi la militanza nella Dc, l’approdo in Parlamento nel ’68 e il suo ruolo come Ministro. Quindi abbiamo anche raccontato le sue battaglie civili. Perché per centrare tutto questo, “per cambiare il mondo – come diceva Tina – bisogna esserci”. E lei c’è sempre stata. La sua storia la porta poi, nel 1981, in un momento epocale in cui, da ministro della Sanità, compie una riforma dove tutti hanno poi ottenuto il diritto alla copertura sanitaria.
Poi arriviamo al giorno storico in cui le viene chiesto di diventare Presidente della Commissione inquirente sulla P2. E’ quello l’apice di una donna predestinata che ha fatto tutto ciò che ha compiuto seguendo i propri valori.
Alla soglia delle celebrazioni per i suoi 89 anni, secondo lei cosa resta del lavoro di Tina Anselmi, oggi? Guardando al quadro politico si ha la sensazione che i governi che si sono succeduti hanno deciso di dimenticare di quelle conclusioni a cui era giunta la “Commissione sulla P2”…
In Italia c’è una malattia endemica che è quella della rimozione e del trasformismo. C’è un aspetto a cui ho dato molta importanza nei miei lavori. Un dato che è dimostrato e raccontato nelle testimonianze che poi ho raccolto nei libri come “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi”. Si tratta della lettera di Gelli a Cossiga, Presidente della Repubblica eletto nel 1985 al primo scrutinio, con una larga maggioranza (752 su 977 votanti). Una lettera che la stessa Tina Anselmi aveva fotocopiato e conservato. Io faccio notare alcune cose. Cossiga, nel 1978, dopo la morte di Moro si era dimesso da Ministro degli Interni. Va ricordato che la maggioranza di quelle persone preposte, presenti nel Comitato di crisi erano piduisti.
E questa è una parte di storia terribile. Il nostro Paese è uno dei pochi Paesi Europei dove l’eversione è presente nello Stato in maniera strisciante e di questo parla Tina stessa. Lei dice, parlando del piano di rinascita democratica: Non pensate che i colpi di Stato siano solo dei carrarmati”. E quello che resta alla fine è che dopo la P2, si passa da un arbitro (Pertini, ndr) ad un altro (Cossiga, ndr). E Cossiga riceve questa lettera da Gelli nel dicembre 1985. E da quel momento viene messa una pietra tombale. E l’Italia non è nuova a queste cose. Si pensi che dopo tangentopoli abbiamo avuto come salvatore della patria figure come Berlusconi e Dell’Utri, con legami indegni.
Dall’altra parte si arriva alla distruzione in una storia che si ripete rispetto a tanti servitori dello Stato. C’è chi è stato ucciso e c’è chi, come Tina Anselmi, è stato via via sempre più isolato e contrastato. Ricordo l’indignazione di Tina nel raccontare proprio quell’opposizione forte avuta nel 1992 quando il suo stesso partito non le diede il suo collegio, dove avrebbe vinto in maniera certa.
Nonostante questo, però, ritengo che la storia di Tina sia quella di una vincente. Lei diceva che “la verità la ricerca solo chi la può sopportare” e con il suo lavoro lei ha dimostrato di sapere la verità e di avere il coraggio di andare fino in fondo.
Licio Gelli, lo scorso 15 dicembre, è morto. Tina Anselmi, secondo lei come avrebbe commentato?
In questo momento Tina Anselmi si trova circondata dall’amore della sua famiglia e dai pensieri e le preghiere che le arrivano da tutte quelle persone che le vogliono bene. Posso dire però che lei era molto ironica. Una volta disse: ‘Nel nostro paese spesso i ‘disturbati’, vanno per la maggiore’. E Gelli era un monomaniaco, ossessionato dal potere. Lei non lo stimava ma lo considerava forse un buon direttore generale che faceva presa sul peggio dell’umanità. Lei cercava sempre il meglio dalle persone, poi c’è stato questo potere con cui si è dovuta scontrare. Tina Anselmi diventa una donna che si trova in lotta contro il mondo maschile, dalla massoneria, al Vaticano, all’esecito, al potere politico-finanziario.
Come diceva prima, Tina Anselmi, è stata pian piano isolata ed emarginata all’interno del suo stesso partito. E’ davvero questo il destino di tutte quelle persone che possiamo definire “controcorrente”?
Io credo che se non ci si assume la propria responsabilità, anche rischiando di restare soli, non si riesce a raggiungere determinati obiettivi. Ho già detto che per me la storia di Tina Anelmi è quella di una vincente. La cosa triste è che la gente la voleva Presidente della Repubblica e, nonostante tutto quello che ha fatto, non è stata neanche nominata senatrice a vita. Lo vedrete anche nel documentario, quando lei conclude la Commissione sul denaro confiscato agli ebrei in seguito alle leggi razziali dopo la seconda guerra mondiale, lei diceva di aspettare una telefonata. Ma questa telefonata non arrivava. Il dramma è quindi questo. Che dopo quelle battaglie controcorrente dopo Pertini c’è Cossiga, dopo Tangentopoli c’è Berlusconi. E’ questa la tristezza. E’ questo trasformismo, questo famiglismo che affonda le radici proprio nella P2. E questo documentario vuole portare ad una riflessione anche su questo perché possiamo essere felici delle onorificenze ma la storia di Tina Anselmi è anche questo. E’ la storia di una combattente che appartiene a tutti noi, rispettando quello che lei è, una persona integra, dura, diretta, tenera che dava fastidio, tanto che veniva considerata come una “mina vagante”. Ma Tina, come racconta Dacia Maraini, è una “donna bella e questa è la sua immagine a prescindere da quello che sarà il volto scelto”.
Si può sperare ad un rinnovamento della nostra Nazione così come era stato negli anni in cui la Anselmi è stata protagonista?
Pochi anni fa Tina Anselmi diceva: “Negli anni Sessanta, e nei primi anni Settanta, noi donne impegnate in politica e nei movimenti femminili e femministi, noi parlamentari con responsabilità nei partiti e nel governo eravamo ancora pioniere. Questa parola fa pensare che in seguito saremmo diventate più numerose e avremmo contato di più. Purtroppo, certe speranze sembrano non aver dato i frutti che avevano in serbo”. Se guardiamo allo stato attuale dell’elaborazione culturale femminile ce ne sono ben poche. Ma lei parlava anche in riferimento ai giovani. Io penso che sia una questione di cicli e forse, a forza di sbattere la testa, questa storia della pacificazione avrà fine.
Secondo me di circoli virtuosi esistono e questo francobollo in uscita, questo documentario, questo racconto, manifesta una voglia di raccontare storie e dare speranza come uno stimolo per un nuovo rinascimento. Io spero che la storia di Tina possa essere ispirazione per tante donne e uomini e che aiuti ad indignarsi così come lei si indignava della classe politica che si trovava ad interrogare durante le Commissioni sulla P2. C’è poi questa speranza, rappresentata da Mieli nel documentario, di una donna che sia Presidente della Repubblica e che possa avere davvero un legame con Tina Anselmi e tutto quello che lei rappresentava.
In foto: Tina Anselmi e Anna Vinci