Almeno 44 giornalisti sono stati in carcere l’anno scorso. E il paese è, nella graduatoria di Reporter sans frontières del press freedom index, al 149esimo posto su 180. Stiamo parlando della Turchia, che ospita a Smirne in questi giorni il General meeting della Efj, la Federazione europea dei giornalisti. Sono stati proprio i colleghi della TGS, il principale sindacato dei giornali turchi, a denunciare nel loro Rapporto sulla libertà di stampa 2021-2022 un peggioramento della situazione, già gravissima, per i reporter.
Secondo l’International press institute (Ipi), rileva il rapporto, nel 2021 ben 241 giornalisti sono stati perseguiti in 135 processi distinti. Di questi processi, 16 sono finiti con condanne, con 28 giornalisti che hanno totalizzato complessivamente 83 anni di carcere. Nove di queste condanne sono state per reati correlati al terrorismo e due per insulti al presidente, i due modi più comuni utilizzati per accusare e perseguire i cronisti in Turchia.
Ma non basta. I giornalisti pagano anche per la loro appartenenza al sindacato. In base a quanto ha raccontato una sindacalista della TGS , nel 2018 il gruppo Dogan, editore del giornale turco Hürryet che è considerato “l’ammiraglia” dell’informazione in Turchia, è stato costretto a vendere il quotidiano al gruppo filogovernativo Demirören, conosciuto perché vende le bombole del gas. Dopo la vendita, il giornale si è progressivamente sindacalizzato finché la TGS ha quasi raggiunto la soglia di iscritti oltre la quale, in base alle regole vigenti in Turchia, il sindacato è autorizzato a negoziare per i giornalisti dipendenti un accordo collettivo con l’editore. Ma giusto un paio di giorni prima che la TGS raggiungesse questa soglia, 45 giornalisti sono stati licenziati da un momento all’altro con una raccomandata spedita a casa a loro totale insaputa e ricevuta dai familiari mentre loro erano al lavoro. Si trattava di 45 colleghi sindacalizzati ai quali non sono state nemmeno pagate le spettanze di fine rapporto. Malgrado i giornalisti abbiano fatto causa per ricevere il dovuto e ci siano state due sentenze loro favorevoli, l’editore non ha ancora pagato nulla.
E oggi, ha denunciato ancora la sindacalista, la situazione dei cronisti rischia di peggiorare ancora perché il Governo sta preparano una legge in base alla quale i cronisti possono rischiare il carcere se diramano notizie “false”, dove il concetto di falso è ovviamente discrezionale.