da Marco Taxistory
agi.it Tutti contro Uber, che collabora con Donald Trump e approfitta dello sciopero di chi si oppone al bando dei profughi. Fioccano sui social media gli inviti a boicottare l’azienda di trasporti privata, il cui amministratore delegato Travis Kalanick fa parte del gruppo di consiglieri economici del Presidente degli Stati Uniti. A far scattare la protesta il modo in cui Uber è intervenuta durante lo sciopero indetto dai tassisti di New York che, in segno di solidarietà con quanti sono stati colpiti dal bando sui profughi voluto da Donald Trump, hanno deciso di non prendere corse dall’aeroporto Jfk tra le 6 e le 7 di sera di sabato. Subito dopo l’inizio dell’azione di solidarietà è partito dal quartiergenerale di Uber, in California, un tweet rivolto alla clientela: “Abbiamo cancellato l’aumento delle tariffe dal Jfk. Questo potrebbe portare all’allungarsi dei tempi d’attesa. Per favore abbiate pazienza”.
Una mossa interpretata dai tassisti, e non solo da loro, come di concorrenza particolarmente scorretta, se non di appoggio alla discussa scelta della Casa Bianca.
Su twitter ha preso a spopolare l’hashtag “deleteuber”, con l’invito a cancellare l’app di Uber dal telefonino. In molti devono aver risposto concretamente all’appello, perché tempo mezz’ora e da Uber è partito un secondo tweet, dai toni concilianti: “Il nostro ultimo tweet non era volto a colpire lo sciopero. C’è un video del nostro amministratore delegato che si oppone al bando sui viaggiatori e si impegna per rifondere chi è stato colpito”. Il riferimento è a quei numerosi autisti che lavorano alle dipendenze dell’azienda californiana e che, essendo provenienti dai sette paesi islamici al centro della misura voluta dalla Caas Bianca, rischiano di non poter rientrare una volta usciti dagli Usa.
30 gennaio 2017