da Marco Taxistory
L’ultimo sciopero risale a metà marzo. Proteste contro un’ambigua circolare del ministero sui controlli. I centralini muti e i taxi fermi sono però soltanto un aspetto, quello più evidente, che a partire dall’inizio del 2013 s’è periodicamente materializzato nelle strade. Da quello stesso anno, mentre la politica cercava di gestire i contrasti tra tassisti e Uber (la multinazionale americana che trasforma in taxi le auto a noleggio con conducente), Comune e Polizia locale hanno portato avanti una costante campagna di controlli, che ha prodotto una mole notevole di lavoro anche per gli affari legali.
Oggi si possono analizzare i dati chiave del bilancio di questa attività: 449 sanzioni contro autisti del servizio a noleggio, molti dei quali collegati con Uber Black; 160 verbali contro automobilisti che si sono improvvisati tassisti, per la maggior parte attaccandosi all’applicazione Uber Pop.
Contro molti di quei verbali gli «autisti» hanno fatto ricorso. E così una valanga di 316 cause s’è riversata negli uffici del Giudice di pace e del Tribunale.
Uber è arrivata in Italia con una filosofia definita. Le regole del servizio taxi sono arretrate e un servizio più tecnologico contribuirà a modernizzare la mobilità. I tassisti hanno fin da subito opposto un principio: le regole ci sono e, fino a che non vengono cambiate, chi non le rispetta lavora in modo illegale e fa concorrenza sleale.
L’applicazione Uber di fatto trasforma le auto a noleggio con conducente(Ncc), che dovrebbero prendere corse solo su prenotazione e partendo dall’autorimessa, in taxi mascherati che aspettano i clienti in strada (ma, sottolineano i tassisti, senza dover rispettare le norme sulle licenze e i turni, che invece sono tassative per i taxi). Gli agenti della «Freccia 1» della Polizia locale hanno così verificato il rispetto delle norme da parte degli Ncc. Molti autisti hanno fatto ricorso: il Comune, di fronte al Giudice di pace, ha vinto in 109 casi (più 9 ricorsi ritirati); 48 pratiche sono ancora «in via di definizione»; in poco meno di 20 casi hanno avuto ragione i driver (e il Comune è andato in appello).
La pratica Uber è stata gestita dagli assessori alla Mobilità, Pierfrancesco Maran, e Marco Granelli, responsabile della Sicurezza e polizia locale. Quest’ultimo spiega: «In molti casi c’è il rischio di una lettura faziosa, il nostro approccio è stato chiaro e punta alla tutela e al rispetto delle regole. Possiamo essere d’accordo sul fatto che la legge sia datata, e abbiamo mostrato che Milano è una città aperta alle innovazioni, ad esempio con il car sharing , ma proprio per questo non si può lasciare che ognuno faccia come vuole, soprattutto per i profili di garanzia nei confronti degli utenti. I cittadini devono sapere che ci sono regole certe e vengono fatte rispettare».
Dopo il servizio Uber «classico», l’azienda ha introdotto in Italia la versione Pop, quella in cui qualsiasi cittadino poteva improvvisarsi tassista con la propria auto. Dal 2013, la Polizia locale ha staccato 161 sanzioni contro abusivi e autisti Uber Pop. Dall’estate 2015 il servizio è stato messo fuorilegge dal Tribunale e questo è stato comunque l’esito dei ricorsi: 44 vittorie del Comune; 25 cause in attesa definizione; 10 volte hanno avuto ragione gli autisti (il Comune ha fatto appello). Il lavoro dell’Ufficio ricorsi della Polizia locale e dell’avvocatura del Comune è stato molto complesso. Per ognuna delle 316 pratiche è stata necessaria una relazione e in media ogni causa richiede 3 o 4 udienze.
24 maggio 2016