di Buenaventuradurruti
Il comandante della US 173ma Airborne – di stanza in Italia – ha annunciato che un intero battaglione della Guardia Nazionale (600 uomini – 6 compagnie) verrà dislocato in Ucraina in questi giorni. Quindi il numero totale di “consiglieri militari” della NATO in Ucraina, per ora, si attesta intorno alle 700-750 unità, senza contare i “contractors” già impiegati che dovrebbero essere intorno ai 200.
L’accordo tra United Arab Emirates per la vendita a Kiev di non meglio specificati armamenti leggeri – mezzi blindati ma probabilmente anche sistemi software di difesa e puntamento, del tipo di quelli ritrovati a Debaltsevo dopo la rotta dell’esercito ucraino – conferma l’assoluta e asserita volontà USA di riprendere in mano la situazione, dopo aver dovuto sopportare l’iniziativa franco-tedesca di Minsk 2. Questa transazione conferma anche che la crisi ucraina, voluta dagli USA e fatta esplodere da Barroso, Merkel e Tusk, in realtà fa parte del “Grande Gioco” per il controllo delle riserve fossili mondiali e delle loro rotte di trasporto. Non a caso gli USA hanno scelto gli sceicchi come “intermediari” per inviare un chiaro segnale a Mosca. Putin, infatti, a sua volta ha appena rimesso sul tavolo la possibile fornitura del sistema missilistico anti-balistico S-300 all’Iran, una mossa finora bloccata anche dalla volontà di Mosca di mostrare “rispetto” per le sanzioni imposte a Tehran nell’ambito del negoziato a 6 sul nucleare. Ma soprattutto, Mosca utilizzerebbe il sistema missilistico come strumento negoziale in caso di accordo sul nucleare entro le prossime elezioni presidenziali USA del 2016 e relativa, susseguente apertura delle immense riserve di petrolio e gas iraniane allo sfruttamento da parte di compagnie estere.Tehran infatti manca drammaticamente di conoscenze e competenze, oltre che di soldi, per lo sviluppo delle risorse fossili nazionali. La Russia potrebbe scambiare il sistema S-300 con la priorità di sfruttamento – e di trasporto anche verso l’Europa – di gas e petrolio persiani. In cambio, l’Iran acquisirebbe una difesa eccezionale contro qualsiasi attacco aereo e missilistico da Israele e/o dagli sceicchi del Golfo. La risposta di Israele non si è fatta attendere. Nei giorni scorsi è arrivata infatti a Washington la richiesta di ulteriori $317 milioni per sistemi missilistici. Il Pentagono ne aveva stanziati 158 milioni per il 2015.
Non a caso, l’appena pubblicata Comunicazione della Commissione sull’Energy Union, il primo passo di quella che dovrebbe essere una politica energetica europea, enfatizza la volontà di diminuire il più velocemente possibile le importazioni energetiche dalla Russia (39% del gas utilizzato in EU proviene dalla Russia – 36% per l’Italia nel 2013 – con punte fino al 60% per la Polonia). Ma le alternative sono poche, e tutte problematiche, proprio perché facenti parte del “Grande Gioco”. La Commissione prefigura importazioni di gas da Algeria, Azerbaijan, Turkmenistan, Iraq e Iran, ma naturalmente non precisa il fatto che le quantità necessarie solamente ad intaccare la posizione russa non sarebbero disponibili prima di 20 anni. Inoltre, la Commissione sembra non tener conto del ruolo sempre più importante della Cina, che già oggi importa 1/4 del gas turkmeno e gioca su tutti gli altri tavoli, soprattutto quello iraniano, per garantirsi gli approvvigionamenti gasieri necessari a bilanciare l’utilizzo del carbone ed avviare la transizione verso le rinnovabili – e il nucleare.
La Russia continuera’ ad essere il maggior fornitore di gas all’UE per ancora molto tempo. Come questa situazione si possa coniugare con la crescente spinta bellicista dei governi baltici e polacco, che dipendono quasi interamente da Gazprom per le loro necessita’ energetiche, è un interrogativo che, finora, rimane aperto.
Tornando all’Ucraina, in generale, la tregua regge. La sacca di Debaltsevo infatti NON era inclusa negli accordi Minsk 2. Quindi, una volta definitivamente annientata la forza ucraina intrappolata nella sacca, e ricongiunti i territori delle due repubbliche di Donetsk e Lughansk, i separatisti hanno incominciato a ritirare le armi pesanti dalla nuova linea del fronte. Poroshenko, nonostante tutto, sembra ancora in grado di fare la sua parte. L’ennesima sconfitta patita a Debaltsevo potrebbe aver inferto un colpo quasi mortale all’attuale dirigenza ucraina. Alcuni “regolamenti di conti” interni al regime sono iniziati. Le varie milizie naziste, decimate dalla guerra, si sono raggruppate a difesa di Mariupol, lamentando la loro crescente emarginazione dai rifornimenti garantiti dalle forze regolari. Formati, pagati e armati da Igor Kolomoisky, oggi il più potente tra gli oligarchi ucraini, e dai suoi associati, i vari “battaglioni” Azov, Donbass, Dnipro, eccetera, costituiscono, in pratica, le sue milizie private. Ma solamente fino ad un certo punto. I “battaglioni” – in genere composti da 2-300 elementi – oggi si sono già trasformati in bande criminali che controllano il traffico di droga, armi e materie pregiate, facendo da ponte tra Afganistan, Turchia, Caucaso ed Europa. La Polonia è diventata la porta di entrata nell’Unione Europea per chiunque possa acquisire la cittadinanza ucraina “legalmente”, pagando 15.000 dollari. Questa opportunità è sfruttata da membri ed associati del “battaglione” Dudayev, alla cui testa, fino a pochi giorni fa, era il mitico comandante ceceno Isa Munayev, ucciso nella sacca di Debaltsevo. Munayev manteneva legami con i responsabili dello Stato Islamico in Turchia e Siria, che oggi “viaggiano” indisturbati tra Istanbul e Kiev, divenuta la loro piattaforma europea. Irakeni, ceceni, daghestani, turkmeni, georgiani ma anche ucraini e russi militano nella milizia Dudayev. Anche un secondo “battaglione” islamico – Sheikh Mansour – opera molto discretamente sul fronte orientale, dopo essersi diviso da Munayev per ragioni sconosciute. Si dice sia forte di circa 500 jihadisti e che sia sostenuto da organizzazioni caritative islamiche e dall’Arabia Saudita. Poroshenko e Kolomoisky, l’oligarca con passaporto israeliano, oggi sono alleati. Ma lo Stato Islamico sta diventando sempre più ingombrante e la giunta al governo a Kiev, che ne aveva chiesto l’aiuto, ormai lo teme. I jihadisti si sarebero impadroniti del lucroso contrabbando dell’ambra tra l’Ucraina e la Polonia, esautorando la mafia locale.
Sentire ancora oggi gli infoiati di Washington latrare di “armare” l’Ucraina fa ridere amaro. Armare “chi” in Ucraina e per quali obbiettivi? A ovest di Donetsk è già guerra per bande. L’Ucraina non esiste più e lo Stato Islamico è “già” in Europa. Nonostane questo, nei prossimi giorni “consiglieri militari” USA, inglesi e polacchi (in tutto oltre 400) incominceranno ad arrivare a Kiev, a supporto dell’esercito di Poroshenko. Non è un segreto per nessuno che le operazioni militari riprenderanno probabilmente a primavera. Gli apprendisti stregoni Barroso, Merkel, Hollande, Tusk possono essere felici. Sono riusciti a regalarci un grazioso diversivo all’austerità.