di Francesco Dall’Aglio *
Il termine ultimo perché i monaci abbandonassero la Kievo-Pečerskaja Lavra (Monastero delle Grotte, anche se Lavra è un tipo particolare di monastero) era ieri, 29 marzo.
I monaci non hanno nessuna intenzione di andarsene: non solo continuano a celebrare i servizi religiosi ma il metropolita Pavel, reggente del monastero, stamattina ha diffuso un messaggio molto duro nel quale, sostanzialmente, ha anatematizzato Zelensky (“le nostre lacrime non cadranno a terra, ma sulle vostre teste”, chiudendo il discorso con un veterotestamentario “guai a voi!”).
Stanotte alcuni fedeli hanno dormito nel monastero temendo un’irruzione della polizia, che non c’è stata. Anche adesso le forze dell’ordine sono fuori dal monastero, nel quale si sono radunati parecchi fedeli a fare cordone, cosa che hanno fatto spesso nelle ultime settimane.
Non si segnalano scontri o disordini e la situazione sembra tranquilla, anche se molto tesa.
È un caso spinoso, e certamente il governo deve agire con grandissima cautela per evitare che un’eventuale sfratto forzoso, magari accompagnato da disordini e feriti, si trasformi in un boomerang diplomatico.
Dal punto di vista legale va rimarcato che lo sfratto dei monaci è dovuto alla scadenza del contratto tra la Chiesa Ortodossa Ucraina che dipende dal Patriarcato di Mosca (УПЦ, UPZ) e il governo ucraino, che gestisce l’area museale ed è formalmente proprietario dei terreni (ma non degli arredi, delle icone eccetera) e non ha voluto rinnovarlo.
Non ci sono (almeno ufficialmente) piani per trasferire la gestione del monastero (che è definito Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO) alla Chiesa Ortodossa Ucraina (ПЦУ, PZU) che si è fatta proclamare autocefala dal Patriarcato di Costantinopoli e si considera l’unica chiesa ortodossa legittima sul territorio ucraino: ma il timore è quello, visto che la PZU ha già preso il controllo di molte proprietà della UPZ e soprattutto che già il 7 gennaio il metropolita Epifanio, primate della PZU, è stato autorizzato (dal governo ucraino, non dai monaci residenti) a celebrare la liturgia di Natale nella cattedrale del monastero. Vedremo.
PS – non mi addentro nella questione della liceità o meno dell’autocefalia della PZU. Ovviamente la Chiesa ucraina ha tutti i diritti di essere riconosciuta autocefala e sarebbe piuttosto ipocrita da parte di un mezzo bulgaro non riconoscerle questo diritto, visto che proprio l’autocefalia della chiesa bulgara riconosciuta da Costantinopoli nel decimo secolo è uno dei miti fondanti del nostro discorso nazionale.
Non sono un esperto di diritto canonico orientale moderno (già quello medievale lo conosco meglio), ma ad ogni modo la decisione del patriarcato di Costantinopoli è stata riconosciuta legittima solo dal patriarcato Ecumenico e dalle Chiese di Grecia, Cipro e Alessandria, mentre tutte le altre si sono o astenute o dette contrarie.
L’intero processo sembra una forzatura autoritaria (quasi papista…) da parte di Costantinopoli, alla quale non sono estranee valutazioni di politica mondana – ma questa purtroppo è una costante nelle Chiese Orientali, dove questioni politiche ed ecclesiastiche sono intrecciate in maniera spesso insolubile. Ci vorrebbe un Concilio ecumenico per risolvere la faccenda in maniera canonica, ma i tempi sono quelli che sono.
30 marzo 2023
* Componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio