di Aginform
E’ bene ricordare l’episodio della elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato per capire che la nuova situazione che si è creata con la formazione del governo Meloni non ha carattere di provvisorietà, ma è stata attentamente valutata a livello interno e internazionale e accettata come un’ipotesi valida per gestire questa fase complicata della congiuntura europea e mondiale.
Con un PD in crisi che, mancando della credibilità e della forza elettorale, non può garantire la stabilità del sistema, chi tira effettivamente le fila del potere ha ritenuto inevitabile la scelta della destra a guida Meloni che si è resa disponibile a governare dentro i parametri che condizionano normalmente la governance italiana: atlantismo più UE.
Questa soluzione della crisi politica è ora oggetto di un chiacchiericcio politico nei media italiani dal momento che i giornalisti di regime, principalmente di area PD, non sanno più che pesci pigliare e hanno perso la bussola, il che rafforza la destra che senza esitazioni rivendica il diritto a governare. Quello che emerge dal contesto è che la ‘opposizione irriducibile’ del PD è diventata un balbettio che di fatto è un dialogo coi vincitori e soprattutto dimostra che questi ultimi non hanno nessuna intenzione di stare sulla difensiva. Il fatto è che la forza che il governo esibisce non viene certo dalla scarsa qualità del personale che lo compone, ma dagli appoggi palesi e occulti che ha ricevuto per assicurarsi una transizione pacifica che dia all’avvicendamento di governo un carattere di normale amministrazione. Dai sorrisi di Mattarella allo scambio della campanella tra Draghi e Meloni.
In realtà questa transizione non ha nulla di normale e bisogna prenderne atto per impedire che produca i suoi effetti nefasti. Elenchiamone i principali. C’è innanzitutto un problema politico-istituzionale di fondo che riguarda la natura della formazione politica Fratelli d’Italia. Questa formazione affonda le sue radici nel neofascismo italiano e il fatto che oggi governi l’Italia introduce una cultura che annulla il punto di arrivo di un processo storico che ha dato fondamento alla nascita della Repubblica e alla Costituzione. Anche se i regimi democristiani per decenni hanno offuscato questa realtà, nel nostro paese è rimasta solida una coscienza antifascista e democratica che nel passato ha posto limiti alle forze reazionarie e del revanscismo. L’avvento della Meloni al governo mette in discussione tutto ciò e impone una prima importante riflessione e soprattutto un interrogativo: è legittimo tutto questo? Si può considerare normale avvicendamento politico uno stravolgimento delle basi democratiche e costituzionali? Certamente no, per cui la prima risposta da dare è che questo governo va rovesciato subito, senza aspettare le prossime elezioni. La viscida logica piddina che cerca di imporre una dialettica ‘normale’ allo scontro politico rappresenta in realtà una cortina fumogena per impedire che si arrivi al più presto a una resa dei conti.
La resistenza va dunque organizzata subito, ma senza farsi illusioni sulla fragilità del nemico da battere perchè, lo ribadiamo, i legami internazionali e con le forze sociali interne che lo appoggiano puntano a mantenere l’equilibrio politico attuale che assicura i ceti dominanti con un ferreo orientamento atlantista e liberista.
Non sarà quindi un pranzo di gala combattere questo stato di cose. Soprattutto non si può improvvisare la risposta nei contenuti e nel livello. Per andare al concreto, c’è una prima linea dello scontro che diventa determinante perchè si capisca subito l’aria che tira e in che direzione andare. Questa prima linea sta nel costituire un fronte politico costituzionale che metta in movimento la situazione, con una coscienza determinata e unitaria sui contenuti e sull’obiettivo. Tutte le forze che esprimono una sincera volontà di difendere la Costituzione e la Resistenza come patrimonio inalienabile del popolo italiano devono scendere in campo, nelle piazze e in tutti i luoghi della società dove c’è il terreno per creare le condizioni della protesta che porti al rovesciamento del governo. Un fronte unitario di lotta, ma anche di rappresentanza politica che non sia strumentalizzazione elettoralistica, ma guida di un vasto movimento di massa.
Ogni ora, ogni giorno che passa rafforza l’idea che chi governa possa andare avanti indisturbato e proseguire nella sua opera devastante di demolizione del quadro costituzionale. Nel 1960 un tentativo del genere fu fatto e sappiamo come è finito. Anche oggi come allora bisogna difendere il patrimonio su cui è fondata la Repubblica per impedire che il volto dell’Italia venga radicalmente mutato.
Nel 1960 fu Genova a dare il segnale. E’ vero che la storia non si ripete mai allo stesso modo, ma le condizioni oggettive di una risposta aperta e dura permangono. Non dimentichiamo che in termini effettivi la Meloni rappresenta il 15% degli italiani. Questa non è democrazia, è la democrazia del non voto e delle leggi elettorali anticostituzionali.
Teniamo conto inoltre che ci sono due questioni con cui l’obiettivo della lotta alla natura del governo si interseca, la guerra e i diritti costituzionali calpestati dal liberismo di cui la Meloni col suo discorso di investitura si è fatta paladina. Il rispetto dell’art. 11, il reddito di cittadinanza e il salario minimo, il recupero salariale, la lotta contro la politica di dare ai ricchi e levare ai poveri non sono solo rivendicazioni, ma definiscono un quadro politico generale che deve essere alla base di quell’ampio fronte costituzionale che va costruito nella lotta.
Ma come si costruisce politicamente questo fronte e da dove si comincia? Certamente non da quel coordinamento delle opposizioni che cerca di mettere in piedi il PD, il partito della guerra e del liberismo. Il fronte si costruisce su un programma di alternativa costituzionale su cui bisogna saper lavorare, a partire dai rapporti con i 5 Stelle di Conte. Il che non vuol dire accettarne la leadership, ma capire anche stavolta che per iniziare un rovesciamento effettivo della situazione non si può prescindere dal ruolo che giocherà Conte. Però l’alternativa costituzionale non si esaurisce con Conte e per questo bisogna aprire il dibattito politico a sinistra che vada in profondità e faccia in modo che il riferimento diffuso che oggi si fa alla Costituzione diventi un’alternativa politica, una vera alternativa politica in grado non solo di travolgere il governo Meloni, ma di dare un futuro a chi lo sta già combattendo e a quel 45% che, astenendosi o annullando la scheda, si è rifiutato di votarlo.
3 Novembre 2022