Inaugurazione della mostra HECHO EN CUBA, il Cinema nella grafica cubana.
Manifesti dalla Collezione Bardellotto in mostra al Museo del Cinema di Torino dal 4 febbraio al 29 agosto 2016
Luciano Castillo
Su uno sfondo nero, un pezzo strappato di una fotografia in bianco e nero nella quale si osserva una scena di uno scontro dell’Esercito Ribelle durante la guerra di liberazione. Questo frammento di narrazione scelto dal racconto “Santa Clara” che chiude il lungometraggio Historias de la Revolución [Storie della Rivoluzione], il primo prodotto nel 1960 dal nascente Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos [Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografiche], e anche il primo realizzato da Tomás Gutiérrez Alea, dopo la sua laurea nel 1954 presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, è servito da immagine per il primo manifesto del cinema promosso dalla nuova cinematografia concepita dal 1959. A pochi mesi dal trionfo della Rivoluzione, la prima legge emanata nell’ambito culturale enunciava: “Il cinema è un’arte”. Gutiérrez Alea che ha voluto rendere omaggio a Paisà di Rossellini e al neorealismo italiano, ha richiesto per l’equipe di realizzazione di “El herido” [Il ferito], il racconto inaugurale di quel film fondamentale, al suo direttore della fotografia: Otello Martelli.
La corretta selezione e l’esatta relazione con il testo, trasformano il manifesto di Historias de la Revolución, ideato dal catalano Eduardo Muñoz Bachs, residente nell’isola, in un pezzo chiave.
Ha posto le basi per lo sviluppo di un innovativo manifesto cinematografico nazionale che rompeva definitivamente e in modo radicale con le concezioni mercantilistiche in cui predominavano i volti delle star e con la regola imposta di promuovere i film che arriavano nelle nostre sale attraverso manifesti provenienti dall’estero. La comunicazione attraverso immagini visive perse immediatamente il suo carattere pubblicitario per incentivare il consumo di stereotipi, per trasformarsi in veicolo d’informazione, orientamento e acculturazione del pubblico. E il manifesto cubano del cinema si è unito il raggiungimento di questi obiettivi.
I “manifesti dell’ICAIC”, come li battezzarono gli spettatori, costituirono un autentico mezzo pieno di possibilità per la creazione artistica. Questi manifesti – veri prodigi realizzati in serigrafia -, hanno sempre cercato di proporre il godimento dell’opera d’arte e, allo stesso tempo, di tradurre in vere metafore visive l’essenza del film che promuovevano. Il manifesto cubano del cinema non tardò a trasformarsi in una parte autonoma capace di trascendere la sua intenzione originaria per divenire pezzo da collezionista e oggetto di attenzione di mostre in diverse istituzioni di tutto il mondo, come questa che inauguriamo stasera, una delle panoramiche più complete che siano state finora presentate. Il grande romanziere cubano Alejo Carpentier ha scritto su questa peculiarità: “Più che una locandina, più che un manifesto, più che un cartellone, è una sempre rinnovata mostra di arti suggestive, funzionali, se si vuole, offerta al passante. (…). Gli artisti cubani del manifesto, della locandina, liberi dall’idea fissa della sollecitazione commerciale, cercano di portare un’arte in strada, lì dove tutti la vedano. Il manifesto del cinema dell’ICAIC è una galleria permanente, aperta a tutti, porta sui muri, ostentata negli angoli, in esso si usano tutte le tecniche di raffigurazione: montaggio, collage, riproduzioni di immagini parallele, pop, op, e persino, quando è opportuno, imitazioni di vecchi stili, interpretati, trasfigurati, in funzione di un titolo, di un contenuto, di un determinato messaggio”.
Menzionare i numerosi disegnatori e gli importanti pittori dell’isola che hanno lasciato la loro impronta personale nel manifesto cubano del cinema, sarebbe interminabile. Le loro creazioni, a volte, sono state più efficaci di quelle concepite nei paesi d’origine dei film ispiratori, com’è stato nel caso del manifesto di Azcuy per Besos robados [Baci rubati], di François Truffaut, o quello di Muñoz Bachs per Cría cuervos, di Carlos Saura, per citare solo due esempi.
Preferisco soffermarmi sull’ampia galleria di manifesti promozionali del cinema italiano che hanno occupato un posto speciale nei tabelloni dei cinema e nelle preferenze del pubblico.
Quasi tutti i nostri disegnatori ci hanno lasciato opere di grande valore per promuovere i film italiani. I primi sono stati Muñoz Bachs, che ha elaborato un manifesto per la prima di Il generale della Rovere, di Roberto Rossellini nel 1961, e Rafael Morante con quello progettato per la proiezione nelle nostre sale nel 1962 di Cronache di poveri amanti, di Carlo Lizzani.
In quei prodigiosi anni Sessanta, ha portato il suo contributo con questo impegno anche il disegnatore italiano Giuseppe Lucci, responsabile dei manifesti che hanno accompagnato Il bandito
di Renato Castellani e l’impressionante Salvatore Giuliano, di Francesco Rosi.
Opere di Fellini, Visconti, De Sica, Antonioni, Germi, Bellocchio, Olmi, Pietrangeli, Lattuada, Rosi, Petri, Bolognini, Vanzini, Magni, Patroni Griffi, Monicelli, Ferreri, Damiani… per citarne solo alcuni, hanno manifesti cubani.
Anche se quello ideato da Antonio Fernández Reboiro per la felliniana Julieta de los espíritus [Giulietta degli spiriti] è difficile non trovarlo nei luoghi più disparati, voglio rendere un omaggio speciale alla memoria di qualcuno che a Cuba ammiriamo da molto prima che ci onorasse della sua presenza: Ettore Scola, che ha apprezzato l’approccio grafico ai suoi film: Nos amamos tanto [C’eravamo tanto amati], Celos estilo italiano (Dramma della gelosia) e Trevico-Torino [Trevico-Torino – Viaggio nel Fiat-Nam].
“Il manifesto avverte, segnala, sintetizza, richiama alla memoria, ma sa anche diventare divertente quando si rivolge al pubblico infantile o quando il film lo richiede – ha detto la critica Graziella Pogolotti –. Riprende allora con abilità le migliori tradizioni dell’illustrazione. (…). Il manifesto cinematografico dell’ICAIC ha acquistato la gerarchia propria di un fatto culturale nato dalla Rivoluzione”.
A nome dell’Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografiche e della Cineteca di Cuba – che in questi giorni celebra il suo 56° anniversario -, ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa nel contesto di un’istituzione tanto prestigiosa e invidiabile. Per finire ricordo ancora una volta la bella cronaca di Alejo Carpentier sulla cartellonistica creola: “Se il cinema è, per eccellenza, l’arte del XX Secolo, si deve dire che, a Cuba, la dinamica industria cinematografica ha favorito, diretto, creato, (…) un’arte del manifesto che è, oggi, perenne esposizione pubblica – educazione della retina del passante di ogni giorno -, pinacoteca a portata di tutti, data a tutti coloro che hanno occhi per percepire le grazie, gli stili, le trovate, di un’arte plastica collocata più in lá della mera illustrazione pubblicitaria, così persistente nei domini di molta cinematografia europea”.
Molte grazie a tutti.
*Direttore della Cineteca di Cuba