di Michele Paris
Il più recente atto di repressione contro il movimento Occupy Wall Street che aveva scosso gli Stati Uniti tra il 2011 e il 2012 è andato in scena questa settimana in un’aula di tribunale di New York, dove la studentessa 25enne Cecily McMillan è stata ritenuta colpevole dell’aggressione ad un poliziotto che la stava arrestando durante una protesta organizzata nel marzo del 2012.
Il procedimento legale ai danni della giovane attivista è durato incredibilmente due anni e si è concluso ancora più incredibilmente con un verdetto di condanna, nonostante le prove schiaccianti non solo della sua innocenza in relazione ai fatti addebitati, ma anche delle violenze da lei stessa subite e dell’abituale brutalità dell’agente di polizia, indicato come “vittima” nel processo.
I fatti in questione risalgono al 17 marzo di due anni fa, quando, al termine di una manifestazione nel parco Zuccotti, a Manhattan, per celebrare i sei mesi dalla nascita del movimento Occupy Wall Street, Cecily McMillan venne arrestata assieme ad una settantina di altri attivisti.
Il “crimine” commesso da quest’ultima sarebbe stato un colpo inferto con il gomito contro il viso dell’agente della polizia di New York, Grantley Bovell, il quale era però intento ad afferrarla in modo estremamente brusco da dietro la schiena. La ragazza ha sempre sostenuto di avere reagito istintivamente a quella che essa stessa riteneva un’aggressione, senza nemmeno accorgersi che la persona alle sue spalle fosse un poliziotto.
La versione della McMillan è stata supportata da numerose testimonianze, così come da filmati e immagini scattate durante l’arresto. Inoltre, in seguito all’assalto della polizia, l’accusata fu vittima di un malore che rese necessario il ricovero in ospedale. A causa delle percosse subite, la presunta assalitrice avrebbe poi presentato ematomi e ferite varie a schiena, spalle, testa e seno, tutte puntualmente documentate da immagini fotografiche.
Come in un processo in uno stato di polizia, queste prove sono state tuttavia bollate come altamente sospette dall’accusa, quando non escluse del tutto, mentre la deposizione dell’agente Bovell – il quale, secondo alcuni reporter presenti in aula, si sarebbe addirittura sbagliato nell’indicare l’occhio colpito dal gomito di Cecily McMillan – è stata giudicata inattaccabile.
L’altra prova presentata dalla procuratrice Erin Choi è risultata poi essere un filmato di meno di un minuto e di pessima qualità apparso in maniera anonima su YouTube che avrebbe mostrato il momento in cui l’accusata ha colpito l’agente Bovell, tralasciando ciò che aveva causato la reazione istintiva della giovane e le stesse operazioni in corso delle forze di polizia, impegnate a percuotere e arrestare in maniera indiscriminata i manifestanti.
Come se non bastasse, il giudice scelto a presiedere il processo, Ronald Zweibel, si è anche rifiutato di ammettere come prova a discolpa della McMillan i referti medici sulle sue condizioni dopo le percosse ricevute per mano della presunta vittima. Il giudice Zweibel ha infine giudicato irrilevanti le testimonianze di altri attivisti che quella stessa sera del 17 marzo 2012 erano finiti ugualmente vittime dello stesso agente Bovell, tra cui un giovane al quale il poliziotto avrebbe sbattuto ripetutamente la testa contro i sedili dell’autobus utilizzato per trasportare gli arrestati.
Fuori dagli atti sono rimasti infine anche i file relativi ad almeno due procedimenti disciplinari subiti da Bovell durante la sua carriera nella polizia, il primo dopo che aveva investito un 17enne nel corso di un inseguimento e l’altro per avere colpito ripetutamente un sospettato steso sul pavimento di un negozio del Bronx.
Cecily McMillan, in ogni caso, dopo la condanna è stata subito trasferita nel famigerato carcere di Rikers Island, nell’East River di New York, dove attenderà il verdetto relativo alla pena da scontare, previsto per il 19 maggio, che potrebbe arrivare fino a sette anni.
Secondo l’avvocato della difesa, la decisione del giudice di escludere la possibilità di cauzione nel caso della sua assistita risulta alquanto insolita e conferma il carattere vendicatorio dell’intero procedimento. L’imputata, secondo il suo legale, sconterebbe in particolare il rifiuto del patteggiamento proposto dalla procura, secondo il quale la McMillan avrebbe dovuto accettare un capo d’accusa minore e in cambio sarebbero stati lasciati cadere quelli più gravi. L’attivista americana ha invece coraggiosamente insitito sulla sua innocenza, anche se accettando il patteggiamento non avrebbe fatto un solo giorno di carcere.
Viste le “anomalie” del processo di primo grado appena concluso, sembrano esserci ora ampi spazi per un ribaltamento della sentenza in appello. In molti mettono però in guardia dal clima intimidatorio nei confronti dei movimenti di protesta negli Stati Uniti e il crescente utilizzo dei tribunali per scoraggiare qualsiasi forma di dissenso contro il sistema.
Le stesse modalità con cui il movimento Occupy Wall Street era stato represso durante il mandato dell’ex sindaco multi-miliardario di New York, Michael Bloomberg, testimoniano a sufficienza sia dei timori della classe dirigente USA per una rivolta sociale strisciante contro le enormi disuguaglianze che caratterizzano questo paese sia la mancanza di scrupoli nell’utilizzare metodi di polizia anti-democratici, spesso condannati dal governo di Washington quando vengono messi in atto da paesi nemici.
Occupy Wall Street, d’altra parte, pur non offrendo una chiara prospettiva politica ed economica alternativa, aveva per la prima volta da molti anni portato al centro del dibattito le esplosive questioni di classe esistenti negli Stati Uniti, mettendo l’accento sull’accentramento del potere politico ed economico nelle mani di una ristrettissima cerchia, identificata con lo slogan dell’1%.
Ciò aveva incontrato un certo sostegno tra la popolazione, così che le autorità hanno ben presto proceduto con la repressione dei vari centri di protesta che erano sorti nelle principali città americane, quasi sempre con la giustificazione di dover fare rispettare l’ordine pubblico o, quando sono stati smantellati gli accampamenti pacifici nei parchi cittadini, le norme sanitarie.
Tra i sostenitori di Occupy Wall Street gli arresti sono stati alla fine migliaia, anche se la grande maggioranza dei fermati sarebbero stati successivamente rilasciati senza essere incriminati, soprattutto dopo che il movimento ha iniziato a perdere energia. La vicenda di Cecily McMillan, perciò, risulta emblematica e la giovane attivista potrebbe essere stata presa di mira come esempio, visto che era stata una degli organizzatori del movimento ed era apparsa in molte cronache sui principali giornali nazionali.
Il suo caso, inoltre, spicca per la ferocia e la determinazione con cui l’ufficio del procuratore distrettuale di New York, il democratico Cyrus Vance jr., ha perseguito la condanna in aula. Determinazione che il figlio dell’ex segretario di Stato americano ai tempi di Jimmy Carter ha invece mancato di dimostrare nei confronti di reali associazioni a delinquere come le principali banche di Wall Street, le cui attività criminali rientrerebbero interamente nelle competenze della procura della Grande Mela.
8 Maggio 2014