Giovanni Punzo
Nel mondo coinvolto in due conflitti di portata strategica planetaria, ora anche l’attacco terroristico di Mosca. Con dei probabili colpevoli ma molto più incerte motivazioni ed eventuali complicità. Il possibile coincidere di interessi diversi contro lo stesso obiettivo. Peggio, sapere che non esiste una definizione condivisa a livello giuridico internazionale sul concetto stesso di terrorismo.
Ed ecco, di rimbalzo, la sfida per ‘c’era una volta’, sull’uso e ruolo del terrorismo nelle guerre dichiarate. Con Giovanni Punzo che parte dal politologo francese Raymon Aron, secondo cui «c’è atto terroristico allorché gli effetti psicologici sono sproporzionati rispetto ai risultati puramente fisici». Solo un assaggio.
Dall’antichità a Machiavelli
Contrariamente a quanto si sente spesso dire, il terrorismo non è un’invenzione moderna, né risalente alla fine dell’Ottocento, ma si è manifestato nella notte dei tempi. Come sempre i primi furono i greci: a Sparta infatti era attiva una organizzazione segreta, la cosiddetta Krypteia, che svolgeva sia un ruolo di controspionaggio, sia di addestramento ad eliminazioni mirate, ovvero i due lati della stessa medaglia, e soprattutto terrorizzava i cittadini commettendo omicidi esemplari nel nome della pubblica moralità o dell’obbedienza assoluta alle autorità.
I romani più pragmaticamente, senza cioè un’organizzazione troppo elaborata, nel corso della guerra civile, utilizzarono i massacri semplicemente per spaventare gli avversari e dare l’esempio e fecero lo stesso in altre guerre.
Gli ‘zeloti’ nelle guerre giudaiche (I sec. d.C.), ritenuti dai romani criminali e terroristi che uccidevano in pieno giorno, provocarono però una dura reazione da parte di Vespasiano che mise Gerusalemme a ferro e fuoco.
Per arrivare tuttavia ad una definizione moderna di ‘terrore’ bisogna attendere Niccolò Machiavelli. Nel turbinio di guerre dell’Italia rinascimentale Machiavelli dice espressamente che, per mantenere il potere, era anche necessario «mettere quel terrore e quella paura negli uomini che vi avevano messo nel pigliarlo»: il terrorismo insomma andava bene prima e dopo e Cesare Borgia, attraverso l’eliminazione degli avversari, ne dissuadeva anche altri dai loro propositi.
Spagna (1808-1814)
Quando si parla di terrorismo spagnolo istintivamente si pensa all’Eta o alla Jihad, ma in realtà tra il 1808 e il 1814, la Spagna sotto il regno di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, fu teatro di una delle più sanguinose guerriglie mai combattute e del resto si trattò anche della guerra più lunga di tutto il periodo napoleonico. Dopo la rivolta di Madrid – scoppiata il 2 maggio 1808 – in tutto il paese l’insurrezione contro i francesi si estese a macchia d’olio, soprattutto ricorrendo non solo ad attacchi di irregolari a colonne di rifornimento, cioè il classico metodo di chi è costretto ad affrontare un esercito più potente, ma a continui singoli attentati anche contro francesi isolati.
Lo scopo era semplice: incutere il terrore nei soldati di Napoleone ad uscire dai loro accampamenti. Anche quando una formazione regolare era costretta ad arrendersi la consuetudine era quella di uccidere comunque tutti i prigionieri. Ovviamente a trarre il maggior vantaggio da questa lotta feroce furono i principali avversari di Napoleone: gli inglesi infatti non esitarono a sostenere la guerriglia, ma non frenarono nemmeno le azioni di singoli pastori o contadini che, nelle circostanze più disparate, uccidevano il ‘loro’ francese.
Da una parte la guerriglia tenne impegnati migliaia di soldati francesi, ma dall’altra anche dalle uccisioni dei singoli corrieri che portavano messaggi si ricavarono le informazioni che permisero al duca di Wellington di vincere l’ultima battaglia.
Altre guerre e altro terrorismo
Nelle due guerre mondiali si è parlato spesso di azioni terroristiche, soprattutto per esercitare forti pressioni sulla popolazione civile. Non ancora conosciuti fino in fondo sono però uso e ruolo del terrorismo durante la ‘guerra fredda’: infatti – sebbene non si sia mai varcata la soglia del conflitto armato tra le due superpotenze – in una lunga serie di episodi si è sospettata una regia per costringere a determinati comportamenti o impedirne altri.
In entrambi i casi si è sempre trattato di un confronto tra potenze o stati, ma le cose si sono complicate con la comparsa di nuovi attori internazionali e nuove forme di guerra. Nella cosiddetta guerra asimmetrica ad esempio il terrorismo si è rivelato sempre una componente essenziale e del resto esistono analogie tra questa forma di guerra e le lotte di liberazione nazionale in cui il terrorismo costituiva un potente mezzo di pressione del più debole nei confronti del più forte.
Nello scenario attuale è comparsa la guerra ibrida, all’interno della quale si intrecciano aspetti propriamente militari accanto ad aspetti economici e finanziari. La guerra psicologica e la guerra cibernetica si combattano con manipolazioni e travisamenti, ma i soggetti sono sempre più fluidi mentre il campo di battaglia tende a diventare globale.
Ogni epoca insomma esprime un proprio modello di guerra, ma la guerra – come ammonisce Clausewitz – «è un camaleonte» e il terrorismo è un potente moltiplicatore.
24 Marzo 2024