di Gianni Barbacetto
In Valle d’Aosta la stagione estiva procede bene, con buona soddisfazione dei villeggianti e degli operatori turistici. Nessuno ricorda più che cosa è successo due mesi fa, il 22 giugno 2017, al secondo piano del palazzo della Regione autonoma, in piazza Deffeyes ad Aosta. Non roviniamo le vacanze a nessuno se lo ricordiamo: in un vano in fondo a un cassetto della scrivania del presidente sono stati trovati per caso 25 mila euro in contanti, una tessera bancomat scaduta e alcuni documenti con simboli massonici (così almeno hanno riportato alcune cronache locali).
Il ritrovamento è avvenuto perché il nuovo presidente della Regione, Pierluigi Marquis, alto più di un metro e novanta, aveva ordinato una nuova scrivania, più adatta alle sue misure, e voleva sbarazzarsi di quella antica del suo predecessore, Augusto Rollandin, fino a qualche mese fa l’uomo più potente della Valle. Per gli amici è “Guste” (in patois franco-provenzale-valdostano), per gli avversari è “l’Empereur”, l’imperatore, per tutti è “Rolly”. Rollandin aveva occupato quella scrivania per 15 anni, dal 1984 al 1990 e poi dal 2008 al 10 marzo 2017. Quando tre mesi dopo sono stati ritrovati i soldi e il resto, è partita una indagine giudiziaria.
A che punto siamo? Le ipotesi fatte finora sono due. O il denaro e il resto appartengono a Rollandin, che allora deve spiegare da dove vengono quei 25 mila euro e come mai li ha dimenticati nella scrivania presidenziale. Bisogna manipolarne proprio tanti, di soldi, per dimenticare così una somma che per un comune mortale non è proprio una mancetta. Oppure qualcuno li ha messi lì proprio per farli trovare. In questo caso l’ipotesi è ancora più inquietante: quali poteri si sono messi al lavoro per incastrare il potentissimo Rollandin?
La Procura di Aosta è al lavoro per risolvere il mistero dell’estate. Il pm Luca Ceccanti sta indagando sull’ipotesi di reato di corruzione. Sembra siano state molto utili le dichiarazioni di due persone sentite dal magistrato: il segretario particolare del presidente Marquis, Donatello Trevisan, e il responsabile sicurezza della Regione, Gianni Mongerod. Attendiamo con fiducia gli esiti delle indagini. Di quella penale ordinata dalla Procura, ma anche di quella amministrativa disposta dal segretario generale della Regione Valle d’Aosta, Luigi Malfa, responsabile anche dell’anticorruzione.
Speriamo che ci dicano che è stato tutto una svista, una dimenticanza, un errore, un qui pro quo, un equivoco. Che non c’è alcuna ombra sui politici che da oltre trent’anni sono alla guida della Regione più ricca d’Italia per soldi pubblici distribuiti, che il mistero dell’estate è una bolla di sapone, che non c’è alcuna corruzione né alcun altro reato dietro i bigliettoni fruscianti trovati nella augusta scrivania presidenziale, né alcun ricatto o complotto nell’averli fatti ritrovare proprio lì.
La Valle gode, meritatamente, di un’ottima fama per la sua natura, il paesaggio, l’offerta turistica in estate e in inverno. Da tempo si è però rotto l’incanto arcadico del territorio tutto bellezze alpine e buone tradizioni. C’è del marcio anche nella Vallée. Il procuratore di Aosta facente funzioni, Pasquale Longarini, è agli arresti domiciliari per un’altra indagine; una delle aziende più importanti della regione, il Casinò, è sull’orlo di una bancarotta che ha fatto mettere sotto inchiesta 22 politici locali, tra cui l’immancabile Rollandin; i clan locali della ’ndrangheta imperversano e quel Giuseppe Nirta che è stato ucciso a giugno in Spagna era in affari con il Caseificio valdostano di Gerardo Cuomo, grande amico del procuratore Longarini.
Insomma: il mistero dell’estate in Valle ha un contesto che un giallista reputerebbe molto stimolante.
Il Fatto quotidiano, 23 agosto 2017