Ennio Remondino
I primi esportatori sono gli Stati Uniti, che garantiscono a Israele una sorta di «diritto di prelazione» sulle ultime tecnologie belliche prodotte, e la Germania, soprattutto per ragioni storiche: il terzo è l’Italia, che tende e dimenticare di avere a sua volta terribili colpe con la storia da dover rimediare rispetto al passato non così lontano delle leggi razziali fasciste.
Le pressioni dal mondo contro
Fornire armi a Israele è oggi l’affare politicamente peggiore al mondo. Quasi ovunque nel mondo, le pressioni di parte dell’opinione pubblica sui governi di paesi occidentali affinché interrompano le forniture di armi a Israele dopo i modi via via sempre più truci dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza. I maggiori paesi esportatori, Stati Uniti e Germania, maggiori per portata degli aiuti militari, si sono rifiutati finora di soddisfare queste richieste, nonostante gravi imbarazzi politici interni.
Fregatevene, ma almeno con un po’ di vergogna
Al voro del 5 aprile al ‘Consiglio per i diritti umani dell’ONU’, organo delle Nazioni Unite che si occupa della difesa dei diritti umani, i rappresentanti statunitensi e tedeschi -notizia non molto diffusa vero?-, hanno votato contro a una risoluzione che chiedeva l’interruzione della vendita di armi a Israele: la risoluzione è passata lo stesso, ma come molto di quello che imporrebbe a Israele, probabilmente non avrà effetti concreti, visto che non è vincolante per i paesi coinvolti, come ci ricorda il Post.
Dati Sipri incontestati, quel brutto terzo posto dell’Italia
Secondo i dati del SIPRI, l’Istituto per le ricerche sulla pace di Stoccolma (istituto indipendente di ricerca su conflitti e controllo delle armi), nell’ultimo decennio oltre il 95 per cento delle armi acquistate da Israele è arrivato da Stati Uniti e Germania e la percentuale è salita al 98 per cento negli ultimi cinque anni. L’Italia è il terzo paese esportatore, anche se la sua quota è relativamente piccola se confrontata con i primi due paesi: vale lo 0,9 per cento degli acquisti di Israele nel settore fra il 2019 e il 2023.
Misero ‘zero nove’ ma suona comunque male
Nel 2023 l’Italia ha venduto armi a Israele per un valore di 13,7 milioni di euro, con un incremento nell’ultimo trimestre, quando la guerra contro Hamas a Gaza era già in corso. I dati del SIPRI in questo caso sono confermati dall’ISTAT, l’Istituto nazionale di statistica, che parla di un valore di 2,1 milioni di euro di esportazioni di armi verso Israele fra ottobre e dicembre.
Gli altri armieri e i Paesi del rifiuto nel macello Gaza
Gli altri paesi che forniscono armi a Israele in quantità rilevante (ma inferiore all’Italia) sono Regno Unito e Australia: il governo australiano ha però annunciato di non aver venduto armi a Israele dall’inizio della guerra a Gaza. Anche Spagna, Belgio, Paesi Bassi, Giappone e Canada hanno annunciato di aver sospeso le vendite.
E primi e veri macellai
Il principale fornitore di armi ad Israele sono gli Stati Uniti, che fin dalla nascita dello stato di Israele, nel 1948, hanno contribuito a finanziare l’esercito israeliano e il settore industriale bellico del paese. Attualmente forniscono armi per un valore di 3,8 miliardi di dollari ogni anno (3,5 miliardi di euro), in base all’ultimo accordo decennale firmato nel 2016 che stanziava 38 miliardi di dollari (35 miliardi di euro) in aiuti militari, di cui 5 (4,6 in euro) destinati alla difesa missilistica. Israele poi usa i fondi che riceve dagli Stati Uniti per acquistare armamenti dalle industrie statunitensi.
‘Vantaggio militare qualitativo’
La lunga relazione fra i due paesi prevede che Israele possa contare sul cosiddetto «Vantaggio militare qualitativo»: dal 1973 gli Stati Uniti si impegnano a fornire al governo israeliano armi di qualità migliore rispetto ad altri paesi del Medio Oriente suoi alleati. Nella pratica questo accordo significa che Israele ha una sorta di diritto di prelazione sulle ultime tecnologie belliche prodotte da aziende statunitensi. L’accordo è stato sfruttato ad esempio per richiedere una fornitura di 50 jet F-35 Joint Strike Fighter, considerati i più tecnologicamente avanzati mai costruiti.
Il senato Usa senza limiti
Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, il Senato americano ha approvato lo stanziamento di ulteriori 14 miliardi di dollari di aiuti (12,9 miliardi di euro), che comprendono fondi per il sistema antimissilistico ‘Iron Dome’: la legge però non è ancora stata approvata alla Camera, controllata dai Repubblicani.
Israele è al 68% un’arma americana
Secondo il SIPRI negli ultimi cinque anni è arrivato dagli Stati Uniti il 68 per cento delle armi acquistate da Israele. La Germania contribuisce per il 30 per cento, per un valore di circa 300 milioni di euro nel 2023, un incremento di circa dieci volte rispetto al 2022, frutto di licenze di esportazione concesse per lo più dopo gli attacchi del 7 ottobre. Le vendite riguardano principalmente componenti per la difesa aerea e per le comunicazioni.
Germania sotto accusa
Per queste vendite di armi la Germania è stata accusata dal Nicaragua di stare aiutando Israele a «compiere genocidio» contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, e come è noto, il procedimento è attualmente in esame alla Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale dell’ONU. Accusa simbolica ma non soltanto. Il Nicaragua ha citato la Germania, e non gli Stati Uniti, perché questi ultimi non riconoscono la Corte internazionale di giustizia dell’ONU e dunque non possono essere processati.
Scusa, ‘Solo armi difensive’
La Germania si è difesa presso la Corte sostenendo che dall’inizio della guerra le vendite di armi a Israele hanno riguardato quasi esclusivamente equipaggiamento militare e armi difensive, non letali. Ha inoltre evidenziato di percepire come un dovere storico, dopo la Shoah, sostenere lo stato di Israele, pur rimanendo nel rispetto del diritto internazionale.
L’Italia con qualche scrupolo in meno
L’Italia invece esporta verso Israele elicotteri da combattimento e artiglieria navale, ma anche fucili, munizioni, bombe, siluri, razzi, e altre apparecchiature da guerra. Anche se risulta evidente la finzione parlando di ‘elicotteri da combattimento’ e ‘artiglieria navale’. In Italia l’esportazione, l’importazione e il transito di armi sono subordinate a un’autorizzazione da parte del governo, che quindi raccoglie il valore del materiale bellico esportato in una relazione ufficiale:
l’ultima nota è relativa al 2022 (un po’ troppo ritardo, non vi sembra?) e indica l’esportazioni verso Israele per 9 milioni di euro, inferiori alle importazioni dallo stesso paese (12 milioni). L’Italia esporta armi verso la Turchia per 598 milioni di euro, verso gli Stati Uniti per 532, verso la Germania per 407. Nani di qualità nell’Armageddon che attende il mondo.
11 Aprile 2024