Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer
per la ricostruzione del P.C.I.
di Domenico Marino
Segretario della Sezione comunista Gramsci-Berlinguer di Pisa
I risultati elettorali ottenuti in Olanda e Spagna non rappresentano un’eccezione ma più smaccatamente una conseguenza della sciagurata “alternanza” che nei fatti non alterna nient’altro che persone diverse con visioni politiche uguali, appiattite sulla ineluttabilità del capitalismo e, a volte, mitigate solo da sfumature di maniera ma non certo sostanziali.
Alternanza figlia dell’antidemocratico sistema elettorale maggioritario, avallato anche da una certa sinistra, che oggi rappresenta nei fatti il vero vulnus dei regimi sedicenti democratici il quale si può racchiudere in una metafora culinaria: si cambia partito o schieramento come si cambia ristorante quando non si è soddisfatti, sperando prima o poi di trovare quello dove si mangia meglio al giusto prezzo. Il punto è che se si cambia ristorante nell’ambito della stessa catena commerciale si rimane “fottuti”. Cambia il locale, cambiano i dipendenti, ma non i modi di sfruttamento, non la qualità del cibo che rimane identica. Questo modo di intendere purtroppo oggi è tipico di gran parte dell’elettorato che, non avendo diritture morali e politiche alte, si affida al basso istinto che viene sempre più instillato dai media, in mano ai grandi potenti che, usando una metafora, questa volta gattopardesca, vogliono che tutto cambi per far rimanere tutto com’è, anzi per quanto riguarda i diritti sociali riportando gli ordinamenti indietro di centocinquanta anni.
Anche in Grecia si sono tenute le elezioni, da avanspettacolo, e puntualmente ha vinto la destra che si proponeva come ricambio a Syriza di Tsipras che si è dimostrato uno dei più grandi “pacchi” della politica contemporanea e sinistrorsa. Nea Demokratia vince in modo netto e schiacciante ottenendo quasi il 40% dei consensi potendo contare sulla maggioranza assoluta del Parlamento greco, composto da 300 deputati, con 158 seggi. Syriza raggiunge il 31% ma a causa di un sistema elettorale – che Tsipras stesso ha avallato – pur avendo il 9% di voti di scarto ha la metà dei seggi in Parlamento di Nea Demokratia i cui voti sono valsi il doppio grazie ad antidemocratici premi di maggioranza.
Al di là di questo, anche se non si può parlare di disfatta, come invece è avvenuto in Italia per il PD, questo ricambio al vertice denota il malcontento delle classi medio basse su cui la crisi è stata distribuita. Le promesse elettorali fatte cinque anni fa: redistribuzione della ricchezza, forte contrasto alla “Troika”, uscita dalla crisi, più posti di lavoro, più equità fiscale, nuove alleanze politiche economiche, cioè il minimo sindacale per una forza che si dica di “sinistra”, sono rimaste lettera morta. Quello che Syriza è riuscita a fare è aiutare i grandi banchieri a spremere il popolo greco facendo una vera macelleria sociale dei redditi da lavoro dipendente, delle pensioni, della sanità pubblica, dell’istruzione e cedendo sovranità sul proprio Stato grazie alla truffa del debito pubblico per cui la Grecia rimarrà legata ai creditori fino al 2052.
Potere del capitalismo!
Le crisi si sa, servono proprio a questo: a polarizzare sempre più la ricchezza verso l’alto.
Inoltre Tsipras, e il suo servizievole partito, hanno svenduto società e industrie, patrimonio del lavoro del popolo greco, a favore soprattutto del grande capitale germanico. E dulcis in fundo hanno rifiutato un appoggio economico più strutturato con il governo cinese (realizzando solo l’accordo con Cosco) che poteva essere un modo per svincolarsi dalla morsa mortale della “Troika”. Invece la disoccupazione è rimasta a livelli record, la povertà è sempre lì a gridare disperata e inascoltata; i salari medi sono diminuiti con il costo della vita che si è innalzato, zavorrato dalla “super Iva” al 24% e da tasse insostenibili che hanno schiacciato il ceto medio. Insomma Tsipras più che da ingegnere si è comportato come il ragionier Fantozzi del grande potere finanziario europeo.
Del progetto “l’altra Europa con Tsipras” è rimasta l’ennesima illusione a sinistra, specie in Italia, di chi si affida ormai troppo facilmente a slogan vacui di stampo elettoralistico. D’altro canto il Kke pur mantenendosi a livello di consensi, manifesta a causa del suo settarismo e di una visione della politica più trosko-brezneviana che marxista-leninista, una sempre più palese inadeguatezza a proporsi come forza politica di cambiamento rivoluzionario. Rimane là, non cresce sostanzialmente in voti e quello che gli riesce meglio è far abbaiare alla luna il proletariato.
L’unica nota positiva pervenuta da queste elezioni è l’uscita dal Parlamento della formazione neo-nazista di Alba Dorata. Analizzando da vicino la cosa si nota come la motivazione risieda più nel fatto che quando vince la “destra istituzionale” la destra estrema non cresce in voti – ma sicuramente nell’incidenza del dibattito pubblico – poiché le stesse istanze xenofobe, oscurantiste, violente sono portate avanti da quelle formazioni, come Nea Demokratia appunto, che si travestono da democratiche per poi dismetterne i panni subito dopo le elezioni e manifestarsi per quello che sono: formazioni in mano alla grande borghesia che odia profondamente l’ascesa del proletariato come forza di contrasto sociale. In Italia è avvenuto lo stesso: che necessità c’è d’altronde di votare partiti come CasaPound e Forza nuova se le stesse istanze fasciste e squadriste sono portate avanti dalla Lega (Nord)?
Le elezioni in Grecia dimostrano non solo la vacuità e le falsità delle formazioni socialdemocratiche o democristiane, di vecchio e nuovo conio, ma anche che serve con urgenza una proposta politica generale per tutto il proletariato europeo che unifichi i lavoratori e i suoi alleati in una grande riforma strutturale di tutto il sistema, quella che noi chiamiamo Eurocomunismo (1), partendo dalla nascita di una vera Costituzione sociale, basata sui lavoratori, antifascista, con un sistema elettorale proporzionale puro, quindi senza sbarramenti, che nazionalizzi, socializzandole, la Bce e tutte banche e le fonti di energia, la rete ferroviaria, stradale e i porti, che faccia della lotta alla grande criminalità mafiosa una vera priorità, che trasformi il Parlamento nella vera sede del potere democratico dell’Europa, per uscire dalla Nato e dalle sue guerre.
Un percorso teso ad evitare che si diffondano in Europa, grazie alla crisi del modello capitalistico, fenomeni di politica criminale, come quelli che si sono scoperti in Germania, dove l’estrema destra con la copertura di pezzi di apparati dello Stato e della Nato, hanno compilato liste di 25 mila persone da eliminare fisicamente perché di sinistra o perché solidarizzano con altri esseri umani di diversa nazionalità.
Note:
(1) (Tratto da Caro Berlinguer, pagg. 237-240 – il libro sulle riflessioni politiche tra Antonio Tatò e Enrico Berlinguer).
«[…] l’eurocomunismo deve consistere in una strategia e in un movimento politico e sociale il più ampio possibile e il più unitario possibile: un movimento che, avendo compreso il significato liberante della Rivoluzione d’Ottobre e avendo compreso anche la verità e la decisività del problema che affrontò la socialdemocrazia, col quale essa si misurò ma che non risolse e soccombette al capitalismo [sic], riesce a divenire oggi la forza che, unica al mondo, osa realizzare il legame costante tra il mondo che è frutto della Rivoluzione d’Ottobre, il movimento operaio rimasto fuori dall’esperienza comunista (socialisti, socialdemocratici, cristiani) e tutte le forze rivoluzionarie, di liberazione, di progresso d’ogni parte del mondo. Di tutte le forze politiche sociali, cioè, che avendo compreso o venendo a comprendere la possibilità di uscire dal capitalismo per via democratica (il che vuol dire la inscindibilità del rapporto democrazia-socialismo), possono dar vita a un grande blocco storico, nei singoli paesi e su scala mondiale, che ha l’intelligenza e la possanza di poter liquidare le posizioni conservatrici di ogni tipo.
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