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A cura di Raffaele Simonetti
Questo l’articolo di Franco Vanni sulle pagine milanesi di Repubblica del 4 febbraio (sul sito del quotidiano lo si può leggere qui sotto) che ha provocato la lettera di risposta dell’interessata, la storica Claudia Cernigoi che trovate di seguito.
Più avanti qualche informazione che spiega perché la titolazione scelta non è esagerata.
Rifondazione invita una revisionista il Ricordo delle foibe diventa un caso
LA RISPOSTA DI CLAUDIA CERNIGOI:
“La storica (…) che definisce “mistificazione” i “massacri tra il 1943 ed il 1945”; poi sono definita “revisionista” (che di per se stesso sarebbe anche un termine corretto, dato che ho rivisto buona parte delle affermazioni prive di riscontro storico che da decenni vengono ribadite come se fossero oro colato, ma nel contesto dell’articolo assume un significato negativo dei miei lavori di ricerca), “riduzionista”, come se mi fossi limitata a “ridurre” qualcosa invece di analizzarlo criticamente.
Così inoltre nel testo si legge che Cernigoi “riduce i massacri delle foibe” a “mistificazione storica, trasmessa dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo”.
Mi domando: il giornalista ha letto qualcosa di quanto ho scritto oppure si è limitato a copiare (non correttamente, tra l’altro) il sottotitolo del mio primo studio sulle foibe, risalente ancora al 1997, “Operazione foibe a Trieste”, il cui sottotitolo esatto era “come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo”.
La mistificazione storica riguarda la propaganda creata intorno a questo periodo storico, non le “foibe” in quanto tali, come si comprende benissimo leggendo quanto ho scritto, ed ancora meglio è spiegato nello studio successivo “Operazione foibe tra storia e mito”, pubblicato nel 2005. Viene riferito come dato di fatto incontrovertibile l’intervento di Riccardo De Corato (è uno storico? un ricercatore?) che “nelle foibe” sarebbero morte migliaia di persone “con la sola colpa di essere italiane”, e non le 400 che avrei detto io. A parte che io non “vado ripetendo” che gli infoibati sarebbero stati 400 (nei miei studi ho spiegato i termini della questione, che non sto qui a ripetere per motivi di spazio) ma non comprendo perché il giornalista abbia pubblicato quanto detto da altre persone e non mi abbia contattata per chiarimenti, come era rimasto d’accordo con gli organizzatori dell’
Chiedo pertanto che il quotidiano da Lei diretto mi dia l’opportunità di chiarire quanto su di me pubblicato in modo non corretto e sminuente del mio lavoro, che sembra finalizzato a giustificare la negazione dell’uso della sala per un’iniziativa culturale, come se io fossi una persona non degna di parlare di determinati argomenti.Ringraziando per la cortese attenzione, attendo riscontroCordiali saluti Claudia Cernigoi
Iscrizione n. 262 d.d. 2/6/1981 albo giornalisti Friuli Venezia Giulia.
La proposta di legge del 6 febbraio 2003 recava le firme di un nutrito gruppo di deputati di vari gruppi parlamentari (prevalentemente di Alleanza Nazionale e Forza Italia, oltre che dell’UDC e della Margherita/L’Ulivo) il cui primo firmatario fu Roberto Menia. La legge che istituì il “Giorno del ricordo” fu quindi approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento italiano il 16 marzo 2004: a favore votarono tutti i gruppi parlamentari, ad eccezione di circa una ventina fra deputati e senatori, tutti appartenenti alla sinistra: al Senato della Repubblica non vi fu nessuna dichiarazione di voto contrario a nome del proprio gruppo o personale.
È sufficiente una scorsa alla voce della Wikpedia su Roberto Menia, primo firmatario della proposta di legge, per qualificarlo; va considerato che all’inizio c’è l’avvertenza che la voce è ritenuta Non neutrale a motivo dei toni elogiativi – i dati comunque parlano da soli.
Il sito personale di Menia ( www.robertomenia.it ) attualmente ha solo la pagina iniziale con la scritta SITO IN AGGIORNAMENTO, una sua foto in atteggiamento pensoso e il logo di FLI, Futuro e Libertà.
L’atteggiamento pensoso e l’assenza di informazioni sono evidentemente dovute alla scomparsa di FLI dalla scena politica e l’incertezza su come riposizionarsi.
Ben più vibrante appariva 5 anni fa il suo sito dove nella sezione “La Vita” si leggeva:
Ha iniziato la sua attività politica nelle organizzazioni giovanili del MSI, guidando a partire dal 1980 il Fronte della Gioventù di Trieste e divenendo presidente nazionale del FUAN (l’organizzazione degli universitari di destra) nel 1988, carica ricoperta fino alla sua prima elezione a deputato.
E la legge istitutiva del Giorno del Ricordo veniva orgogliosamente rivendicata così:
Sotto le insegne di Alleanza Nazionale, ho avuto la ventura di vedere approvare dal Parlamento una legge, che porta il mio nome, densa di significato morale e nazionale: l’istituzione del 10 febbraio, del “Giorno del Ricordo” in onore dei Martiri della Foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati.
E, sempre sul suo sito, lo si poteva vedere fotografato insieme con Mirko Tremaglia ad El Alamein a fianco della lapide con la scritta “Mancò la fortuna, non il valore”.
È questa qui sotto – fortunamente la salvai a suo tempo.
Il pellegrinaggio ad El Alamein continua anche dopo la scomparsa di Tremaglia, cui Menia è succeduto alla presidenza del “COMITATO TRICOLORE PER GLI ITALIANI NEL MONDO”. Dalla lunghissima pagina iniziale del sito
lo si può vedere in posa a fianco alla lapide e, soprattutto, leggere nel comunicato del 21 ottobre 2012 questo passaggio:
Ogni anno viene ripetuto questo gesto doveroso, perché – come sottolineò più volte in analoga occasione Mirko Tremaglia – non si deve dimenticare che chiunque combatte per la Patria persegue una causa giusta. Senza distinzioni.
Che i fascisti sentano il bisogno di assolversi e riabilitarsi non è ammissibile anche se, peraltro, comprensibile.
Imperdonabile invece l’avallo che a queste operazioni continua ad offrire il sedicente Partito Democratico, che in consiglio di Zona si è opposto alla concessione della sala.
Come è noto lo “sdoganamento” dei fascisti è partito dall’on. Luciano Violante.
Che non è stato distolto dal partecipare al ricordo di Mirko Tremaglia che si è tenuto nella Sala della Regina di Montecitorio il 31 gennaio 2012 neanche dalla visione dell’invito che mostra lo scomparso mentre saluta con il braccio destro disteso.
La foto mostra il braccio ma nasconde la mano – chissà se per pudore o con malizia.
Si sente, a questo punto, la necessità di dare la giusta collocazione di quanto accaduto in quel periodo con una bellissima esposizione fatta dalla storica Alessandra Kersevan dove dipinge un quadro completo dell’opera di revisionismo storico.
Visto che il signor Roberto Menia è stato tra i primi firmatari della legge istitutiva del giorno del ricordo vorremmo sapere se ricorda, anche, quest’altro disdicevole episodio?
MOWA
DENUNCIATO DEPUTATO DI AN ‘HA MOLESTATO LA SUA EX’