Proprio nel Giorno della Libertà di Stampa, l’ambasciata della Germania in Cuba ha consumato in Facebook una volgare azione d’ingerenza e una flagrante violazione delle norme internazionali per le relazioni diplomatiche, alterando la copertina di Granma borrando anche il nome Palestina.
Alla metà d’aprile, l’ex ministro greco alle Finanze e professore d’Economía dell’Università dei Atene, Yanis Varoufakis, doveva parlare in un Congresso sulla Palestina che si sarebbe svolto a Berlino.
Nel discorso previsto, avrebbe commentato la sua risposta alla domanda di un giornalista tedesco su perchè un Congresso a proposito della Palestina.
«Perchè non possiamo contare con i silenziati che si vedono massacrati e affamati, perchè ci parlino delle uccisioni e della carestia» aveva risposto.
Il Ministero degli Interni tedesco ha proibito l’entrata di Varoufakis nel paese e durante il Congresso la polizia è entrata nell’edificio con 2000 agenti esigendo che s’interrompesse la trasmissione diretta dell’incontro organizzato niente meno che dalla Voce Ebrea per una Pace Giusta in Medio Oriente.
A questo stesso Congresso doveva partecipare il medico britannico-palestinese Ghassan Abu Sitta, chirurgo plastico in vari scenari di guerra, includendo gli ospedali bombardati della Striscia di Gaza; ma quando è giunto al terminal: «Mi hanno fermato al controllo dei passaporti, mi hanno scortato sino ai sotterranei dell’aeroporto e mi hanno interrogato per tre ore e mezzo».
Poi lo hanno montato in un aereo di ritorno a Londra, prima di notificargli che il veto d’entrare in Germania era esteso per tutto il mese d’aprile.
«E non solo questo: se cercavo di stabilire una comunicazione per mezzo di Zoom o Face Time, anche se mi trovavo fuori dalla Germania, se inviavo un video sulla mia relazione al Congresso di Berlino, questo costituiva un’infrazione alle leggi tedesche e rischiavo di ricevere una multa o anche un anno di reclusione».
Invitato al Senato francese per una conferenza, tre giorni fa, Abu Sitta ha vissuto la stessa scena nell’aeroporto Charles de Gaulle. La Francia gli ha negato l’entrata, accompagnata dalla proibizione per un anno fatta dalla Germania in virtù dello spazio Schengen.
La «democratica» visione tedesca della libertà d’opinione aveva censurato nel suo paese, brutalmente, la prospettiva che hanno Varoufakis y Abu Sitta sul genocidio in Palestina. Farebbe tutto il possibile per “proteggere i francesi” da tali opinioni.
All’altro lato dell’Atlantico, le detenzioni di studenti e professori che in più di 60 università protestano contro il massacro palestinese superano i 2000 casi
Nell’ Università di Columbia, detonante dell’ondata di manifestazioni, i testimoni dell’estrema violenza della polizia sono stati solamente contati, in tutta la loro dimensione, dagli studenti di Giornalismo che avevano ricevuto il riconoscimento della Giunta dei Premi Pulitzer, per comunicare quello che in uno Stato modello di libertà di stampa è stato proibito di raccontare ai media tradizionali.
Per Biden, i violenti non sono i poliziotti, ma gli studenti, che ha chiamato “antisionisti”, ma non ha criticato -e neanche i grandi media- che la polizia non è intervenuta quando gruppi pro Israele hanno aggredito gli accampamenti a colpi.
La protesta è stata internazionale e come parte di questa nelle università cubane, da giovedì 2 maggio, gli studenti sono stati protagonisti di varie manifestazioni pubbliche in difesa del massacrato popolo palestinese e in appoggio agli alunni che negli Stati Uniti sono repressi per allinearsi alla stessa causa.
Daniela Cabrera Monzón, giovanissima giornalista del quotidiano Granma, ha scritto un articolo, pubblicato nella copertina dell’edizione del 3 maggio sul sollevamento dei suoi coetanei in tutta Cuba.
Nella stessa data, Giorno della Libertà di Stampa, a 8 161 chilometri da Berlino, l’Ambasciata della Germania in Cuba, mediante il account Facebook di questa delegazione, ha commesso una volgare azione d’ingerenza e di flagrante violazione delle norme internazionali per le relazioni diplomatiche, alterando il testo e la foto della copertina di Granma, con cancellazioni tipiche dei documenti classificati, anche sul nome della Palestina .
«Qui non c’è molto da vedere», annota la pubblicazione.
Sapendo che immediatamente il coro anticubano radicato soprattutto negli USA e in Europa avrebba fatto eco alla manipolazione, la volgare operazione mediatica non ha cancellato il nome della giornalista e nemmeno i volti delle donne, dei giovani e degli studenti nella foto, per esporli all’odio frontale di questa fauna che pur di prendersela contro il suo paese si allinea con coloro che, per la Palestina, desiderano solo una soluzione: cancellarla dalla carta geografica.
La prepotenza può più che la naturale sensibilità di non scegliere questi nomi e queste immagini per questa azione irrispettosa.
Cosa penserà un giovane cubano- palestinese vedendo che un’azione di solidarietà dov’era stato si manipola proprio per dire che in Cuba non c’è libertà di stampa?
Le marche della copertina – che somigliano troppo a quelle che nell’Olocausto si facevano sulle porte delle case degli ebrei sono stste fatte con vernice fresca sui nomi di Varoufakis, Abu Sitta, Daniela, e migliaia di studenti degli Stati Uniti.
«No possiamo contare con quello che i silenziati ci raccontano sulla sofferenza», aveva detto Varoufakis, citando Hanan Asrawi.
Secondo quello che so io, questa è censura, ma questa prospettiva tedesca dice che no, che questa è libertà di stampa e d’opinione. (GM/Granma Int.)