La denuncia della compagnia. Almeno sei governi intercettano senza mandato (il documento).
Cavi segreti consentono alle agenzie d’intelligence dipendenti dai governi di ascoltare tutte le conversazioni che avvengono sulle reti Vodafone. A svelarlo è stata la stessa compagnia di telefonia mobile, uno dei più grandi gruppi operanti nel settore a livello mondiale. Che ha aggiunto un ulteriore particolare, non secondario: questi cavi sono ampiamente utilizzati in alcuni dei 29 Paesi in cui Vodafone opera, in Europa e non solo.
La società ha deciso di rompere il suo silenzio sulla sorveglianza digitale da parte dei governi e lo ha fatto pubblicando il rapporto
Law Enforcement Disclosure Report (leggi il documento in inglese). Il documento, annunciato dal quotidiano inglese The Guardian, è stato stilato e diffuso in nome della trasparenza, per illustrare il delicato equilibrio tra la necessità di garantire la privacy dei clienti e l’obbligo di rispettare le richieste di quei governi, quelle agenzie o autorità che richiedono appunto dati con motivazioni che vanno dalla sicurezza nazionale alla lotta al crimine organizzato.
L’ITALIA AL TOP PER RICHIESTE LEGALI DI METADATI: 606 MILA. Si tratta, secondo il quotidiano, dell’indagine più completa mai condotta su come i governi monitorano le conversazioni dei loro cittadini e ne spiano le attività di comunicazione.
Nella gran parte dei casi, nei 29 paesi in cui Vodafone è presente e che sono considerati nel rapporto, ciò è possibile in seguito ad un’apposita autorizzazione.
E per ciò che riguarda le richieste ‘legali’ di dati è l’Italia il Paese in cui Vodafone ha ricevuto il più alto numero di richieste d’accesso da parte della polizia giudiziaria. La cosa si spiega, secondo il Guardian, con la «presenza della mafia», che richiede un «alto livello di intrusione da parte della polizia». Nell’ultimo anno, Vodafone ha specificato di aver ricevuto per l’Italia 606 mila richieste di metadati in tutto, più di qualsiasi altro Paese in cui possieda delle reti.
CAVI SEGRETI AGGANCIATI DIRETTAMENTE ALLA RETE. Vodafone ha spiegato che i cavi sono stati collegati direttamente alla sua rete e a quelle di altri gruppi di telecomunicazione, consentendo alle agenzie d’intelligence di ascoltare e/o registrare conversazioni dal vivo e, in alcuni casi, di tenere traccia dei metadati e delle attività di particolari utenti.
L’OBBLIGO DI SPIARE I CLIENTI. In sei dei Paesi in cui Vodafone opera, la legge obbliga gli operatori di telecomunicazioni a installare cavi ad accesso diretto, oppure permette ai governi di farlo. Vodafone non ha fatto i nomi dei governi in questione, per paura di ritorsioni sul personale in loco.
SORVEGLIANZA SENZA MANDATO. I cavi segreti ad accesso diretto vengono utilizzati per eseguire intercettazioni senza mandati da parte dell’autorità giudiziaria, e le aziende non hanno informazioni circa l’identità o il numero degli utenti spiati. In altre parole, la sorveglianza di massa può avvenire su qualsiasi rete, senza che le agenzie debbano giustificare le loro intrusioni alle società proprietarie delle reti stesse. Stephen Deadman, responsabile della privacy in Vodafone, ha detto: «Stiamo lanciando un appello per far sì che l’accesso diretto alle reti di comunicazione per ottenere dati sulle persone che le utilizzano abbia fine. Senza un mandato ufficiale, tutto avviene senza essere visibile all’esterno. Se riceviamo una richiesta ufficiale, siamo in grado di fare eventualmente resistenza contro le richieste delle agenzie d’intelligence. Il fatto che un governo debba emettere un pezzo di carta per poter accedere alle reti, è un vincolo molto importante su come operano i poteri».
L’ITALIA TRA I PAESI PIÙ ASCOLTATI. Per quanto riguarda invece le intercettazioni su mandato, è l’Italia il Paese in cui Vodafone ha ricevuto il più alto numero di richieste d’accesso da parte della polizia giudiziaria. La cosa si spiega, secondo il Guardian, con la «presenza della mafia», che richiede un «alto livello di intrusione da parte della polizia». Nell’ultimo anno, Vodafone ha specificato di aver ricevuto per l’Italia 606 mila richieste di metadati in tutto, più di qualsiasi altro Paese in cui possieda delle reti.
06 Giugno 2014