di Aaron Pettinari
Così si vuole colpire il pm di Napoli per educarne cento
“I processi che coinvolgono la pubblica amministrazione in Italia non si fanno, e soprattutto non si arriva a sentenza definitiva” tanto che “la risposta dello Stato è pari quasi allo zero”. Così il pm anticamorra di Napoli Henry John Woodcock era intervenuto nel mese di gennaio al convegno “Condannati all’impunità” presso la Corte di Cassazione.
Da poche settimane era scoppiato lo scandalo Consip, la centrale appaltante del governo, tra mazzette, corruzione, traffici d’influenze, depistaggi e fughe di notizie. Due le Procure coinvolte, quella di Roma, a cui sono state trasferite le carte per competenza territoriale, e quella di Napoli che, indagando su tutt’altro, è incappata sulla storia dell’appalto più grande d’Europa. Proprio Woodcock è co-titolare del filone napoletano che riguarda l’imprenditore Romeo ed è sul pm napoletano che le forze politiche di Governo, di centro e di sinistra, hanno deciso di concentrare i propri strali. In un primo momento paventando uno scontro tra le due Procure.
Poi, lo scorso 13 aprile, è uscito un articolo su La Repubblica in cui venivano riferite alcune frasi dette dal pm ai suoi colleghi riguardo all’inchiesta sugli appalti banditi dal gruppo pubblico, e, in particolare, ai rapporti tra le procure di Napoli e Roma e all’indagine avviata dai pm romani nei confronti di un ufficiale del Noe, Giampaolo Scafarto. Quest’ultimo è accusato dai pm di falso materiale e falso ideologico, perché in qualità di pubblico ufficiale avrebbe redatto un’informativa nella quale per accreditare la tesi di un coinvolgimento di personaggi legati ai servizi segreti avrebbe omesso scientemente informazioni ottenute con le indagini. Tra l’altro Scafarto avrebbe attribuito ad Alfredo Romeo, e non a Italo Bocchino, una frase intercettata, sulla quale si sarebbe costruita tutta l’accusa a Tiziano Renzi.
Dopo la pubblicazione del pezzo su La Repubblica il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, a cui proprio il Governo Renzi ha allungato la carriera grazie al “cosiddetto” decreto ad Canzium, ha deciso di avviare un’azione disciplinare nei riguardi del magistrato proprio con l’accusa di aver rilasciato un’intervista su un’indagine che era di competenza della procura di Roma.
Un’azione disciplinare nonostante l’autrice dell’articolo, Liana Milella, nel suo blog ha “chiuso il caso” fornendo una spiegazione precisa su quanto avvenuto: “Non esiste un ‘caso Woodcock’ per la semplice ragione che non esiste una sua intervista… L’11 aprile ho scambiato delle opinioni riservate con Woodcock circa il caso Consip. Poi ha prevalso in me ‘la voglia di scoop’, così il 12 aprile, a poche ore dalla pubblicazione, ho contattato Fragliasso, che ha confermato la versione del pm napoletano. Il procuratore di Napoli non sapeva che avrei utilizzato le sue dichiarazioni e il mio è stato un escamotage giornalistico per scrivere quanto detto da Woodcock”. Nelle considerazioni di chiusura la giornalista di “La Repubblica” ha evidenziato il clima per cui “si vuole ridurre i magistrati al silenzio tombale. E che li si voglia anche trasformare in macchinette che applicano la legge”.
Dunque quale sarebbe il reato commesso da Woodcock? Come si fa a basare l’atto d’accusa su “un’intervista che non c’è”? Quella messa in atto è la solita tecnica dell’isolamento, del linciaggio mediatico e del “procedimento disciplinare” a richiesta. Una tecnica già vista nei confronti di altri magistrati (vedi Antonino Di Matteo, Roberto Scarpinato o Luigi de Magistris). Stavolta però si aggiunge anche il “silenzio assordante” degli organi competenti. E’ un dato di fatto che non una parola è stata detta in sostegno del pm napoletano da parte dell’Anm, del Csm, del vertice della Procura di Napoli o di quella di Roma. E la verità dei fatti? Messa da parte in un cassetto. Addirittura certa stampa ha anche fatto intendere che Scafarto ai pm avrebbe rivelato che fu Woodcock a commissionargli errori e omissioni dell’informativa. Fatto mai avvenuto. E’ la “macchina del fango” che viene avviata, ancora una volta: colpirne uno per educarne cento.
23 Maggio 2017