Foto: Rodiles Antonio González con il senatore statunitense John McCain nell’“International Security Forum” di Halifax
di Iroel Sánchez
Leggendo l’intensa copertura che i media stranieri accreditati inCuba e altri come El País e il The New York Times hanno dato alla frustrata “performance” convocata per lo scorso 30 dicembre in Piazza della Rivoluzione a L’Avana, sembra che si tratti dello scontro tra un’artista che da sola sfidava un governo autoritario da un lato e dall’altro, uno stato di polizia che schiaccia ogni iniziativa artistica alla quale, in maniera “spontanea” si è sommato un gruppo di attivisti e di dissidenti politici dentro l’Isola.
Senza dubbio però, seguendo la traccia nella web della tanto annunciata piattaforma “#Yotambienexijo”, appaiono elementi che questi media non hanno considerato, pur avendo tutte le risorse per farlo.
Per esempio, se avessero cercato un minimo, avrebbero visto che la prima persona a mettere un cartello in Faceboook promuovendo la performance il 19 dicembre del 2014, come si può vedere nelle sua biografia in questa rete sociale, è stata Elena V. Molina, incaricata di “promozione disegno e pagina web” del progetto Stato di SATS, finanziato dagli Stati Uniti e vincolato all’estremista Carlos Alberto Montaner, che fu condannato per terrorismo in Cuba e che molti accusano d’essere agente della CIA.
La Molina, seguendo Facebook, opera da Barcellona, in Spagna.
Il capo della Molina e coordinatore generale di “Estado de Sats” è Antonio González Rodiles, uno strano pacifista, che ha partecipato di recente al “International Security Forum” in Halifax – Canada – in compagnia de falconi e repressori giunti da mezzo mondo la lista dei partecipanti al forum si può consultare nella web
http://halifaxtheforum.org/participants?forum_year=2014.
Tra costoro Rodiles ha scelto di farsi fotografare con il Senatore statunitense John McCain che è un altro “pacifista”, creatore del terrorista Stato Islamico e promotore principale delle “rivoluzioni di colore” nell’est europeo, come dimostra il documentario di Canal Plus di Francia/ Stati Uniti https://www.youtube.com/watch?v=3b0xMKcqJjY , nel quale i discepoli serbi, georgiani e ucraini di McCain dialogano –in attesa dell incontro con George W. Bush- della rivoluzione che faranno in Cuba dopo l’invasione scatenata in Iraq, e che a Miami reclamarono “Irak now, Cuba after”(adesso l’Iraq poi Cuba) .
Antonio González Rodiles con il senatore statunitense John McCain nell’“International Security Fórum” di Halifax Partitario della pax romana, González Rodiles è uno di coloro che dalla pubblicazione “Diario di Cuba”
http://www.diariodecuba.com/cuba/1418993350_11914.html si sono dichiarati “traditi” dalla promessa del presidente Obama di lavorare per eliminare il blocco degli USA contro Cuba.
Forse Rodiles si è sommato spontaneamente alla “performance” ma secondo il blog “Cambios en Cuba”http://cambiosencuba.blogspot.com/2014/12/tania-bruguera-en-la-habana-y-el.html la casa del “coordinatore generale” di “Estado de Stas” è stata il luogo in cui l’autrice della convocazione alla “performance” ha incamminato i suoi passi poche ore dopo il suo arrivo a L’Avana.
Elena V. Molina lavorava intensamente alla convocazione nel Diario de Cuba ed altre webs che hanno ricevuto milioni di dollari dei fondi federali statunitensi per la propaganda contro il governo cubano.
L’irrazionalità propagandistica con cui agiscono quando sentono che per loro può terminare l’affare se avvengono cambi nelle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti è logica.
Dato che tutto è così spontaneo, non è difficile spiegare la denuncia http://cambiosencuba.blogspot.ru/2014/12/denuncia-etecsa-envio-de-mensajeria.html dell’ingegnere Daniel Ramos, Direttore delle Operazioni di Sicurezza dell’Impresa delle Telecomunicazioni di Cuba (ETECSA).
Ramos ha detto che dal 21 dicembre c’e stato l’invio di messaggi non desiderati che chiamavano alla concentrazione in Piazza della Rivoluzione, per appoggiare la provocazione convocata per il 30 dicembre dall’artista Tania Bruguera.
Ramos ha detto che gli invii provenivano da una piattaforma all’estero chiamata
“Despierta Cuba” e che avevano un disegno simile ai progetti pagati dalla USAID, come “Zunzuneo”, “Martí noticias” e “Cuba sin censura”, il cui unico fine è incitare alla sovversione nell’Isola.
Era sicuro ovviamente un intervento di Etecsa, un così grande monopolio governativo che affronta questi poveri spontanei che, come no, rinunciano a una parte del loro salario per pagare la tecnologia che il governo dei monopoli del mondo ha usato in molti luoghi per cambiare i regimi, lì dove le loro imprese controllano le telecomunicazioni e dove sono morte migliaia di persone per mano di “allegri e pacifici rivoluzionari” come abbiamo visto di recente in Ucraina.
Ma questo non è tutto. All’alba del 28 e per il 29 dicembre sono apparsi cambi d’identità. con l’invio in gran numero di messaggi di posta elettronica con identità falsate, promuovendo la “spontanea convocazione”, includendo l’emblematico sito di notizie
E questo non me lo hanno raccontato: l’ho vissuto perchè tra i punti creati e utilizzati per questo ce n’era anche uno a mio nome.
Poi è giunto il Giorno D, con l’ora in cui hanno ammazzato Lola.
Lì c’erano ovviamente tutte le televisioni, le agenzie di stampa, i giornalisti dei media internazionali accreditati in Cuba, alla ricerca del “Maidan Tropicale”.
Le autorità non hanno permesso di mettere in scena la notizia in Piazza della Rivoluzione, ma avevano offerto altri luoghi di cultura che non sono stati accettati dalla Bruguera, includendo il Museo Nazionale delle Belle Arti.
Il The New York Times si è dichiarato deluso e lo State Department, “preoccupato”: non ci sono stati centinaia di arresti come nelle recenti manifestazioni antirazziste negli Stati Uniti, nè pallottole di gomma, nè una sola fotografia che documenti azioni violente del regime cubano. Che delusione!
In questo mondo al rovescio, l’intollerante è chi ha offerto spazi culturali d‘elevata gerarchia, che non sono stati accettati, perchè quella che è stata definita come
“un’opera d’arte”, da chi al di fuori del paese, “senza contare su niente e nessuno, a parte la stampa, la tecnologia e l’amplificazione dei poderosi”, e non chi aveva decretato l’appropriazione di un luogo pubblico altamente simbolico per imporre un’agenda importata, senza dare valore all’opinione dell’istituzionalità, a cui anche lo stesso governo degli Stati Uniti ha appena riconosciuto la legittimità.
È questo riconoscimento quello che cercano di far ritirare coloro che hanno detto che Obama li ha traditi? (CubAhora/ Traduzione Gioia Minuti)
L’Avana. 5 Gennaio 2015