di Enrico Vigna *
Alexander Vladimirovich Zakharchenko è stato ucciso la sera del 31 agosto 2018 a seguito di un’esplosione di un ordigno esplosivo posto all’interno del caffè “Separ” nel centro di Donetsk , che gli ha procurato un trauma cranico e la morte.
Insieme a lui è morta una delle guardie del corpo e altre 11 persone sono rimaste ferite, tra cui il ministro delle Finanze della RPD Alexander Timofeev e la leader dell’organizzazione di sostegno alle persone svantaggiate e disabili “Repubblica di Donetsk”, Natalia Volkova.
Nella RPD e nella RPL è stato decretato un lutto di tre giorni, dal 1 al 4 settembre. Quasi 200mila persone sono andate all’edificio del Teatro dell’Opera e del Balletto di Donetsk, per prendere parte alla cerimonia d’addio del loro leader. Il funerale e la sepoltura si sono svolti il 2 settembre con gli onori militari nel Viale degli Eroi del cimitero di Donetsk.
Le autorità della RPD considerano l’esplosione un atto terroristico organizzato dalle autorità ucraine della giunta di Kiev. Le massime autorità della Federazione Russa condividono questa posizione e il Comitato Investigativo della Russia in relazione all’incidente ha istituito un procedimento per terrorismo criminale “sulla base degli elementi di un crimine, previsti dalla parte 3 dell’articolo 361 del Codice Penale della Federazione Russa (un atto di terrorismo internazionale che ha causato la morte a una persona ) “.
Il consigliere del capo della RPD, Alexander Kazakov, ritiene che le stesse persone che già avevano ucciso i comandanti delle milizie popolari ” Motorola” e “Givi” hanno compiuto anche questo assassinio. Al momento le misure di sicurezza sono state rafforzate nella RPD, un coprifuoco è stato introdotto dalle 23.00 (prima iniziava all’1.00). Trapeznikov (nuovo Presidente subentrato) ha detto che a Donetsk ci si aspetta provocazioni sulla linea di fronte con la parte ucraina. “C’è un movimento di equipaggiamenti militari, sono state fatte diverse incursioni, ma abbiamo il polso della situazione, se ci saranno provocazioni noi siamo pronti” ha detto il neo capo della RPD.
A Donetsk è stato istituito un quartier generale operativo per indagare sull’atto terroristico, a cui ufficialmente, su ordine diretto del presidente russo Putin, partecipano per le indagini funzionari ed esperti dei Servizi sicurezza e antiterrorismo della Russia e anche della Cina.
Il presidente russo Vladimir Putin ha commentato il vile omicidio di Zakharchenko, sottolineando che coloro che hanno scelto la via del terrore, non vogliono cercare una soluzione pacifica al conflitto e quindi per ora gli “Accordi di Misk” e la prevista riunione con il gruppo di contatto dei “Quattro” per una soluzione del conflitto sono congelati.
Il rappresentante ufficiale della Duma russa, Maria Zakharova, ha dichiarato di non dubitare del coinvolgimento delle autorità ucraine nell’omicidio del capo della Repubblica Popolare di Donetsk, Alexander Zakharchenko: “Non c’è alcun dubbio che dietro l’omicidio di Zakharchenko c’è Kiev”, ha detto la Zakharova in onda su Russia 24.
Chi era.
Alexander Zakharchenko era nato il 26 giugno 1976 a Donetsk da una famiglia di minatori, il padre, minatore per 35 anni era di nazionalità ucraina e la madre russa. Si era diplomato alla scuola secondaria tecnica industriale di Donetsk e lavorava come tecnico elettricista nelle miniere, fino alla guerra del 2014.
Dal dicembre 2013 è stato a capo dell’organizzazione popolare antifascista “Oplot” di Donetsk. Oplot era un movimento ucraino che aiutava i soldati disabili e i loro figli; inoltre si prefiggeva di lottare contro l’eroizzazione dei rappresentanti nazisti dell’UPA. Oplot curava anche la manutenzione dei monumenti della Grande Guerra Patriottica.
Parlando alla folla in piazza così spiegava gli obiettivi della rivolta contro i golpisti di Kiev:
“Il nostro primo obiettivo è che vogliamo enunciare le nostre richieste al nuovo potere di Kiev e resteremo qui finché non saranno soddisfatte. Siamo venuti qui con la richiesta di un referendum locale e per rivendicare la federalizzazione della nostra regione. Non riconosciamo che il governo espressione delle precedenti elezioni, e che questo e fino a nuove elezioni è l’unica autorità legittima in Ucraina nella Verkhovna Rada . Chiediamo al comitato esecutivo di aiutarci nella preparazione del referendum.
Vogliamo presentare le nostre richieste alla Verkhovna Rada sull’adozione del disegno di legge su un referendum come vera espressione del popolo e atto realmente utile per una pacificazione”.
Nel maggio 2014, con il precipitare delle proteste e la dura repressione armata delle autorità golpiste viene nominato comandante militare di Donetsk; a luglio 2014 è nominato viceministro degli Affari interni della RPD. Ha partecipato personalmente a numerose battaglie, restando ferito più volte. La più grave gli è stata inferta nella battaglia per la liberazione di Debaltsevo, dove viene ferito ad una gamba e costretto per mesi a muoversi con le stampelle e poi con un bastone.
Dal 23 luglio 2014 ricopre il grado militare di maggiore generale.
L’8 agosto 2014 è nominato Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Popolare di Donetsk approvato da 50 deputati, 6 astenuti, 1 contro.
Il 30 agosto 2014 subisce il primo tentativo di assassinio; è indenne, ma il conducente dell’auto su cui viaggiava resta ferito.
In ottobre si candida alla Commissione elettorale centrale della RPD per la carica di Capo della Repubblica Popolare.
Il 3 novembre, dopo le elezioni tenutesi nella Repubblica, la Commissione elettorale centrale annuncia che, per Zakharchenko avevano votato oltre 765.000 cittadini, pari a circa il 78,9% degli elettori.
Il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa ha dichiara il rispetto della volontà degli abitanti della regione di Donetsk, mentre i leader dei paesi dell’Unione Europea, gli Stati Uniti, l’Ucraina e il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon hanno definito illegittime le elezioni.
Il 4 novembre all’Accademia della Musica e del Teatro Drammatico, Zakharchenko Alexander Vladimirovich presta giuramento sulla Bibbia come Capo della RPD.
Il 12 febbraio 2015, Alexander Zakharchenko e il capo della LNR, Igor Plotnitsky, sottoscrivono i documenti per gli accordi di pace di Minsk.
Il 28 febbraio 2015 al primo Congresso del movimento politico “Repubblica di Donetsk”, viene eletto segretario.
Nell’aprile 2016 i Servizi di sicurezza della RPD sventano un altro attentato contro Zakharchenko con l’uso di un ordigno esplosivo nel complesso di tiro “Artemis” a Donetsk; nel luglio dello stesso anno, Zakharchenko è bersagliato da colpi di artiglieria e di mortaio provenienti dalla parte ucraina, durante una delle sue numerose visite sul fronte dei combattimenti.
Nel giugno 2018 in suo onore era stata fondata l’organizzazione per bambini “Zakharovtsy”, simile ai giovani pionieri.
In Ucraina Zakharchenko era stato dichiarato ricercato dal servizio di sicurezza ai sensi dell’articolo 258-3, parte 1, del Codice penale ucraino (“creazione di un gruppo terroristico o di un’organizzazione terroristica”). Anche se, secondo il procuratore generale ucraino Yuriy Lutsenko il procedimento penale contro Alexander Zakharchenko non è ancora stato trasferito alla corte ucraina perché l’ Ufficio del procuratore generale dell’Ucraina non è stato in grado di raccogliere prove della sua colpevolezza.
Cosa ha detto, cosa pensava, per cosa ha lottato e vissuto.
Le radici della RPD.
“Abbiamo vissuto, creduto e continuiamo a sentirci parte dell’Unione Sovietica, queste sono le nostre radici e nessuno riuscirà mai a strapparcele.”
“La guerra è dentro ognuno di noi. Questa guerra è già nostra. Quindi i nostri figli, nipoti e pronipoti devono ricordare come i loro nonni, genitori, fratelli e sorelle combattevano. Lasciate che ricordino tutti gli eroi che sono caduti, e quelli che stanno combattendo oggi, che sono ora nelle trincee e che operano ai posti di blocco. Il nostro compito non è solo quello di scrivere pagine di libri, ma di portare queste pagine nel cuore di ogni bambino, studente e lasciarle bruciare nel cuore di ognuno di noi, come una fiamma eterna di libertà”.
Non sarà un gioco facile per i Bandera e neo-nazisti. I rappresentanti dell’intero grande mondo russo vedono e comprendono le loro intenzioni e resistono. Lo ha mostrato il 9 Maggio Giorno della Vittoria, in Ucraina. Decine di migliaia di cittadini in tutta l’Ucraina, così come nei territori della Repubblica Popolare Donetsk, sono scesi in strada per onorare la memoria dei loro antenati e la Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, con i nastri di san Giorgio, le bandiere della Vittoria, i ritratti degli eroi liberatori. E quest’anno quelli che hanno indossato il nastro di San Giorgio e hanno preso parte all’azione del Reggimento Immortale, erano molto più che in passato. E tutto questo nonostante il terrore politico quotidiano e le minacce dirette dai seguaci di Bandera e neonazisti. Voglio ripetere ancora una volta che questa non è una rivolta armata o una scelta volontaria di guerra civile. Il Donbass non vuole la guerra. Riguarda una resistenza storica e spirituale… Certo, dopo che ho visto i rappresentanti dei battaglioni punitivi neonazisti e le organizzazioni neonaziste picchiare o insultare i veterani a Kharkov, Odessa, Kiev, Nikolaev, vorrei invitare a Donetsk tutti questi veterani e in generale tutti coloro che ricordano con orgoglio il Giorno della Vittoria, dove non ci sono Bandera e neo-nazisti, dove lo Stendardo della Vittoria sventola con orgoglio il 9 maggio sulla nostra città. Ma capisco che tutti noi dobbiamo combattere ognuno al suo posto. Per questo voglio congratularmi ancora una volta con tutti i cittadini dell’Ucraina scesi in piazza a ricordare la nostra grande festa: il Giorno della Vittoria sul nazifascismo e ricordare lo slogan storico: La nostra causa è giusta, la vittoria sarà nostra!”.
“A tutti i cittadini della Repubblica Popolare di Donetsk, come Presidente prometto di lottare per la libertà del Donbass fino alla piena vittoria, così come i soldati sovietici combatterono per la libertà della Patria nel 1941-1945. Lo prometto, ci alzeremo e vinceremo. Avremo sicuramente il nostro Giorno della Vittoria. Gloria al popolo vittorioso! Buon Giorno della Vittoria! HURA compagni!”.
Sul lavoro.
” Conosco perfettamente, essendone stato parte, la complessità delle sfide che i sindacati stanno affrontando: comunicare con decine di migliaia di persone, ognuna di loro con il proprio carattere, i propri principi di vita, prestare attenzione a tutti, ascoltare, questo è il vostro compito, il vostro lavoro. I sindacati sono il principale collegamento tra la gestione dell’impresa e i lavoratori: stiamo costruendo una Repubblica Popolare, quindi un bene per tutto il popolo, un bene per tutto lo stato… le organizzazioni sindacali devono coprire e assicurare tutte le sfere del mondo del lavoro e della vita dei lavoratori.”.
“Il vostro compito principale è dare la massima attenzione ai dipendenti delle imprese passate sotto amministrazione controllata, i nostri cittadini ci lavorano e dobbiamo mostrare a tutti che non abbandoniamo la nostra gente, ci sono molti problemi per molti di loro. Se qualcosa non funziona, vi prego di contattarci, vi aiuteremo. Lo stato affronterà e sosterrà tutti i problemi. Oltre la linea del fronte ci sono anche lì nostri fratelli e sorelle, anche a loro diciamo come viviamo e che siamo pronti ad aiutarli”.
“La lotta contro l’oligarchia è uno dei compiti chiave della nostra Repubblica fin dal momento della sua proclamazione e abbiamo quasi adempiuto a questo compito. Quegli oligarchi che erano sul nostro territorio sono stati inseriti nella lista di persone non grate nella Repubblica da un mio decreto. Nessuno di loro partecipa ai nostri processi decisionali politici o economici. In virtù di ciò, anche se gli oligarchi fossero qui, si trasformerebbero semplicemente in uomini d’affari, imprenditori, dal momento che sappiamo che l’oligarchia è una combinazione di affari e stato. Ora noi abbiamo separato gli affari dallo stato. Inoltre, ora tutte le imprese che lavorano nel nostro territorio pagano le tasse allo Stato secondo le procedure standard. Tutti sono uguali davanti allo stato. La lotta contro l’oligarchia e uno Stato sociale giusto è esattamente la questione che deve garantire il potere della RPD”.
“La forza del Donbass è la forza di tutto il nostro popolo, di ognuno di noi. Enormi sforzi sono stati fatti dal governo, dal Consiglio popolare, da tutti voi. Con questi sforzi abbiamo creato il nostro Stato, che può essere dichiarato ufficialmente, abbiamo tutte le prerogative statali, stiamo veramente affrontando i problemi più difficili e questo è il merito di ognuno di noi, sia chi seduto in questa stanza che ogni lavoratore delle nostre imprese. Questo è l’amore della gente per la loro patria, la loro terra, la fede nella vittoria. Di fatto siamo in guerra. La guerra è molto dura. Ma in realtà, abbiamo già vinto, ma non possiamo vederlo ufficialmente. Abbiamo vinto nel 2016, quando abbiamo rotto lo spirito dell’esercito ucraino. Un soldato senza motivazione interiore, senza il desiderio di vincere, non è un soldato. Non sa per cosa sta combattendo. All’inizio avevano slancio e fervore, ma nel 2014 – 2015 abbiamo rotto le loro anime, e questa è diventata la vittoria più importante. Il resto è una questione di tempo. Dobbiamo guardare al futuro. E il futuro sono le persone, le imprese, l’agricoltura, le fabbriche e la nostra vita. Il futuro sono i nostri figli, come migliorare l’educazione, la medicina e l’assistenza sanitaria”.
Le mie congratulazioni come capo della RPD per il 1 maggio festa del lavoro e di primavera
Sui giovani, il futuro del Donbass.
“Ho già detto più volte che è per i giovani, per le nuove generazioni che stiamo costruendo il nostro stato, perciò ogni giovane devi diventare protagonista per costruire il suo futuro. Questo non è un privilegio, ma un dovere. Continueremo a sostenere ogni proposta dei giovani sull’occupazione, e quelle ritenute valide e possibili, saranno trasformate in decreti legge, il lavoro delle squadre di costruzione studentesca, lo sviluppo della formazione a distanza e la fornitura di libri di testo, la formazione presso le imprese e il conseguimento di diplomi provenienti da paesi stranieri. Nel sistema educativo saranno inclusi tutti i punti migliori del sistema sovietico. Il livello di istruzione nell’URSS è stato giustamente considerato il più alto. Al momento, l’educazione finlandese è considerata la più efficace, e si sa che il 70% di essa è costituita sulle fondamenta dell’istruzione sovietica. Riportare questa vecchia base ora dimenticata è un nostro compito.”
Sulle donne.
“Vorrei che tutte le donne in questa giornata di festa dell’8 marzo, sentissero solo le parole più piacevoli dalle persone care, ammetto, infatti, che noi uomini siamo incuranti e solo grazie alla vostra pazienza e sensibilità diventiamo migliori. Nostre care donne, per dire che noi vi amiamo, il minimo che posso fare è ricordare le nostre madri che ci danno la vita con dolore; voi, donne che crescete i nostri figli, difendete il focolare della famiglia, avete grandi responsabilità e dal 2014, percepisco che è anche grazie al vostro affetto, amore che riusciamo a fare delle imprese insperate, voi siete al nostro fianco in ogni battaglia e in ogni trincea, passandoci munizioni e combattendo voi stesse. Grazie mille! Semplicemente solo per quello che siete, che rappresentate, per i vostri sorrisi e la vostra bellezza! Ragazze, felicitazioni per la vostra giornata di festa! Dal profondo del mio cuore vi auguro tutto il meglio e il più luminoso. Siate felici. Dopo tutto, la guerra, i dolori e le privazioni passeranno e i vostri sorrisi si disporranno nei nostri cuori, per sempre. Buon 8 marzo!”
Sulla fede e la religione.
“Sono cristiano ortodosso, vado in chiesa e per me essa è il Patriarcato di Mosca . Riconosco 4 fedi principali: l’Ortodossia, il cattolicesimo romano, l’Islam e l’ebraismo. Queste sono le religioni che esistono da tempo immemorabile, molti sono musulmani, altri ebrei, molti altri cattolici romani. Queste quattro confessioni, credo, dovrebbero esistere in questo stato e in nessun caso nessuno deve sentirsi oppresso se non è credente. D’altra parte, combatterò sempre duramente contro il settarismo. Non permetterò azioni false sotto il mantello di pseudo religioni. Sfortunatamente, il nostro paese è stato invaso da tutti i tipi di sette, da tutti i tipi di pseudo-religioni. Non voglio che i pensieri e le menti stessi dell’educazione della nostra gioventù e della nostra gente cadano sotto queste pseudo-religioni e settarismi. Pertanto, verranno adottate una serie di misure per limitarne la loro penetrazione”.
Sulla guerra in Donbass.
“Mi interessa cosa succede in Ucraina, perché io e molte persone di qui abbiamo parenti, amici e affetti lì. Siamo molto preoccupati per loro, nonostante il fatto che noi abbiamo una guerra e fondamentalmente essi hanno un cielo pacifico sopra le loro teste. Capiamo che vivono in condizioni di terrore quotidiano e questo è molto difficile. In ogni caso, non ci allontaneremo da loro…credo che essi dovranno levare l’Ucraina dalle mani dei neo-nazisti e dei banderisti. Capiamo perfettamente che la nostra guerra sarà finita solo quando il regime politico in Ucraina cambierà, quando la nazione dell’Ucraina leverà la sporcizia di Bandera. E siamo pronti a partecipare a questo. Per la millesima volta voglio ricordare che non stiamo combattendo contro la nazione dell’Ucraina. Stiamo combattendo contro il regime criminale fascista di Bandera a Kiev”.
“Voglio ricordare che non stiamo bombardando le città ucraine ma l’AFU ( esercito ucraino) e i battaglioni punitivi neonazisti che ci stanno bombardando: non è in Ucraina che i bambini muoiono per colpi di mortaio e proiettili, ma nel nostro paese. La nostra posizione è immutata. Non siamo in guerra con il popolo dell’Ucraina, ma con il regime di Bandera a Kiev e con quelle formazioni armate che, per ordine del regime, conducono un’aggressione contro il popolo del Donbass”.
“Entrare in una guerra è molto più facile che uscirne. Soprattutto se si tratta di una guerra civile. Ora siamo in quella posizione. Se qualcuno vuole trovare una via d’uscita dall’impasse e quindi impedire un nuovo round di guerra sanguinosa, allora noi siamo pronti a parlare con loro. Vi rivelo un tremendo segreto. Se Poroshenko dimostrasse la sua volontà di negoziare e confermasse il suo impegno a porre fine alla guerra, sono pronto a sedermi al tavolo dei negoziati anche con lui. E, come sapete, egli ha molto più sangue sulle sue mani della Savchenko [la pilota ucraina, liberata con un amnistia, considerata comunque una patriota]. Anche con lei posso confrontarmi, pur tenendo a mente cosa ha fatto. La Savchenko ha visitato Donetsk all’interno del tema che abbiamo discusso a Minsk, lo scambio di prigionieri. E noi eravamo interessati a dare a Savchenko lo status di testimone, un testimone oculare, che legittimamente poteva riportare a Kiev come stiamo trattando bene i prigionieri. Per la cronaca…abbiamo garantito la sua sicurezza per mantenere la parola data. E abbiamo protetto la Savchenko non solo dai nostri cittadini che hanno molti nodi da sciogliere con essa, ma anche dai sabotatori ucraini che erano pronti ad eliminare la Savchenko nel nostro territorio e quindi spostare la colpa per questo a noi. Quindi, come si può vedere, ci siamo comportati in modo abbastanza pragmatico. A volte le emozioni devono essere controllate. Per quanto riguarda la mia valutazione, penso cha la Savchenko dà l’impressione di una persona che crede nella sua causa, una patriota della sua parte. E’ un avversario pericoloso, lo so bene, ma anch’io lo sono, se è per questo”.
“Il potere significa fare un servizio, non è un contratto di lavoro! Nessuno sa cosa accadrà: il futuro è sconosciuto. Ma nel 2014, quando tutti noi abbiamo iniziato a costruire il nostro paese, per difendere la nostra Patria, ho fatto quello che dovevo fare come centinaia di migliaia di persone. Ciò che era importante e prioritario. E non ho pensato al futuro, francamente. Avevamo la volontà comune di difendere qualcosa in cui credevamo. Ecco perché quando una tale domanda è apparsa, i miei compagni mi hanno detto: dobbiamo farlo, Batya ! E così ho fatto una scelta consapevole e sono andato. Tutto ciò che ricordo è come tutto iniziò, quando il Consiglio del Popolo mi nominò primo ministro e sostenne tutti gli sforzi. Poi ci sono state le elezioni per il capo dello stato. Ma io ci credo e questa è la cosa principale. Per me il potere non è un contratto tra il governo e le persone. Questa è una parte. Qualsiasi leader, funzionario serve prima di tutto la nazione. In questo è come un normale soldato. Questa è la mia convinzione e sono sicuro che sarò supportato da tutto il resto, questa è una credenza spirituale intrinsecamente russa. Ad ovest, sfortunatamente, è diverso. Nella civiltà occidentale il contratto viene stipulato tra il governo e le persone, in modo che ogni leader sia un manager. Ha un contratto in cui vengono menzionati i suoi diritti e doveri. Per me tutto questo è solo una parte. Sulla base della nostra visione, i miei amici, compagni, tutto il governo e il Consiglio popolare, tutti noi riteniamo di fare un servizio. Questo è il motivo per cui sapere che possa succedere un incidente, una guerra, un duro lavoro, non è un problema, farei la stessa scelta consapevolmente nuovamente”.
“Vorrei sottolineare che al momento siamo in guerra con uno stato che fino ad ora si è trasformato e comportato come un’organizzazione terroristica. Non possono sconfiggerci nei campi di battaglia. Si ritrovano in “sacche” in seguito di ogni nostra offensiva. Pertanto, ci uccidono vigliaccamente, attraverso la porta sul retro, alle spalle. Mi rivolgo a tutte le autorità e ai militari ucraini …Non riuscirete mai a sparare a tutti noi! Anche se uccidete, noi verremo e uccideremo voi. Le vostre azioni e comportamenti ci danno il diritto per questo”.
“Noi abbiamo comunque un valore di fondo che ci orienta, quello guidato da principi morali per vincere la guerra civile. Considerando la questione dello scambio di prigionieri, sono d’accordo con la posizione del Presidente della Russia, Putin. Dobbiamo seguire comunque i principi dell’umanità in questa fase tormentata: lo scambio di prigionieri non dovrebbe rimanere una questione di guerra e commercio. Nel 2014, quando centinaia di militari ucraini si sono arresi a noi, li ho ripetutamente trasferiti a genitori e mogli in cambio della promessa di non tornare in guerra. Era già allora che ci siamo resi conto che non sarebbe stato sufficiente solo essere più forti sui campi di battaglia, per vincere la guerra civile. Con questo atto abbiamo dimostrato tutta la nostra anima spirituale e morale: vincere la guerra civile guidati da principi morali, che conserveranno la nostra umanità. Il fatto che aderiamo ai principi morali è dimostrato dal nostro trattamento rispettoso dei prigionieri. E il fatto che le autorità ucraine e i battaglioni punitivi sotto il loro controllo abbiano perso da tempo il loro volto umano è dimostrato dal fatto che i nostri compagni sono torturati a morte. Anche negli scambi precedenti e decine di giornalisti lo hanno testimoniato, sono tornati a Kiev prigionieri sani o guariti a nostre spese, sazi e vestiti, mentre Kiev ci ha ridato i nostri compagni mutilati e sull’orlo della morte”.
Dolore, rabbia e affetto: come la popolazione di Donetsk ha detto addio a Zakharchenko.
31 agosto 2018: Batya è morto. È stato ucciso. Nel centro della città, sul viale Pushkin. Accanto alla prima scuola. E il giorno dopo è il primo di settembre e i bambini allegri e gioiosi andranno a scuola. Ma Zakharchenko non li potrà salutare. Batya aveva detto, giurato che era pronto a morire in questa guerra di liberazione, per questa città, per la Repubblica popolare. E ora lui è davvero morto…e ora tutti sanno che era un uomo di parola e di onore…un eroe del suo popolo.
Il 2 settembre, giornata dell’addio al Presidente della RPD, la gente ha dimostrato quale legame profondo, forte, vero, univa questa grande figura di leader politico, militare, morale di un intero popolo.
Un uomo, un comandante militare sui campi di battaglia, un politico, integro, risoluto con sé e con gli altri. Completamente parte ed unito con il suo popolo, fino in fondo, fino al dono della sua vita per la causa del suo Donbass e della liberazione dai nuovi nazifascisti di Kiev.
L’affetto, il dolore, la rabbia fino al giorno dei funerali hanno permeato i sentimenti di ogni abitante della città e del Donbass intero, che hanno vissuto in un clima surreale le 48 ore dopo l’attentato, come mi hanno raccontato i nostri referenti e fratelli sul posto.
Un silenzio da far rabbrividire, un senso di male e sofferenza, di inquietudine e angoscia, strade deserte, i pochi passanti che invece di parlare sussurravano, come per non disturbare.
Ma poi un fiume di persone semplici, quasi duecentomila, giovani, donne, vecchi e bambini colmi dei sempre lucenti garofani e rose rosse del Donbass, e di lacrime, hanno invaso insieme ai soldati per chilometri il viale Artyom, nel cuore della città, in un silenzio gravido di coscienze caparbie e invincibili, rotto solo dalle musiche di lutto degli altoparlanti, in una atmosfera di malinconia tagliente. Fianco a fianco, mano nella mano di figli, nipoti, pionieri: in fondo è per loro che Zakharchenko è morto e ha dato la sua vita.
Nell’aria certamente vi era anche un naturale senso di angoscia e di paura, la percezione che il nemico non è solo al fronte ma è tra loro, ad ogni angolo o dietro ogni porta, che riesce a entrare nelle loro case e nella loro vita in modo spietato e brutale, vilmente, nonostante ogni sforzo di vigilanza. Ma è come se tutti sanno che non hanno diritto di ritirarsi, perché non c’è più nessun posto dove ritirarsi, intorno a loro e sulle spalle hanno solo la loro città, la loro terra, le loro case, e le anime di tutti coloro che hanno pagato finora, con la morte, la voglia di vita…per tutti.
Eppure questo mare di gente, profondamente ferita nell’anima, è come se fosse lì per ribadire, confermare davanti anche alla bara del suo Presidente amato, rispettato e scelto come loro comandante per la liberazione, che la feccia nazifascista non riuscirà a spezzare questo popolo, nonostante gli uccidano i propri figli migliori, perché Zakharchenko era proprio un figlio del popolo, la sua vita, la sua storia, le sue ferite hanno consacrato questo.
E’ come se questa moltitudine fosse lì a testimoniare, a rinnovare un giuramento nell’anima, la scelta di quattro anni fa di staccarsi dai neonazisti di Kiev non è cambiata, e sebbene sia sempre più abbondante il sangue di suoi figli.
Quasi gridando in silenzio e ribadendo le parole del Presidente alla parata di pochi mesi fa il 9 maggio, nel ricordo degli eroi della Grande Guerra Patriottica contro il mostro nazifascista:
“NON UN PASSO INDIETRO! HURA COMPAGNI!”.
Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri della RPD Alexander Timofeev, scampato all’attentato all’ultimo saluto del suo Compagno presidente
Il nuovo capo della RPD Dmitrij Trapeznikov (a sinistra) e la vedova Natalia Zakharchenko
Con Josif Kazban, uno dei più grandi cantanti sovietici e russi, nativo del Donbass, morto il giorno dopo il suo amico Presidente, in un concerto a favore del Donbass a Donetsk
In una cerimonia di ricordo e di deposizione di fiori sulle tombe dei leggendari comandanti dell’esercito della RPD Mikhail Tolstykh (Givi) e Arseny Pavlov (Motorola), nell’occasione il Presidente Zakharchenko disse: “Penso che non ci sia nulla di cui parlare oggi, è troppo tardi per parlare. Adesso è il momento di agire. La perdita non può essere restituita, ma essi vivranno sempre in noi e con noi. Oggi il nostro compito è vivere, vivere per noi stessi e per questi ragazzi”. Ora queste sue parole sono valide anche per lui.
All’interno dei Progetti di solidarietà di SOS Donbass Italia ho avuto l’onore di conoscere anche solo per alcuni minuti via skype, il Presidente A. Zakharchenko, un viso sereno, con espressioni quasi dolci, un sorriso che trasmetteva rettitudine e semplicità. Nelle sue parole vi erano fermezza e chiarezza, ma la sua vita e la sua storia hanno attestato quanta forza, quanta determinazione, quanta coerenza erano in lui, per questo capisco quanto era amato dalla sua gente, dal popolo, dalla gente semplice; così come so che altri, intorno a lui, lo criticavano per i suoi modi diretti, autentici per la sua integrità e il suo rigore morale, così come per la sua abitudine di portare abiti militari senza badare all’estetica, ma lui diceva che lui era un soldato del popolo diventato Presidente, ma quelle erano e restavano le sue radici.
Porterò con me sempre nell’anima quando, avendogli riferito che dovevo mandare a Donetsk copie dei miei libri sulla situazione ucraina, mi chiese di fare una dedica a lui su quello della Grande Guerra Patriottica, essendo stato lui prima della guerra proprio un attivista che si occupava della difesa della memoria storica antifascista, dei veterani e delle loro famiglie con Oplot. Con un mezzo sorriso semplice, lieve, fraterno mi disse: “grazie al lavoro che ha fatto, siamo ormai colleghi, oltrechè fratelli e compagni di schieramento. Mi raccomando, mi faccia avere una copia con la sua dedica. Gliene sarei grato e la aspetto in RPD. Da ora lei è accreditato come nostro referente internazionale, sono a conoscenza di tutti i Progetti di solidarietà che ha fatto per il nostro popolo, in questi anni, e sarà ospite del nostro Parlamento e al Museo della Grande Guerra Patriottica di Donetsk”. Mi vergogno quasi a pensare a quelle parole, rivolte a una persona che non ha fatto nulla di speciale. Già allora sapevo della statura di quest’uomo, ma ora sento una voragine di dolore e tristezza, ora so che con uomini così alla testa, un popolo può farcela, può resistere e vincere sul male e sulle ingiustizie.
I suoi assassini possono solo illudersi, nonostante il gravissimo e duro colpo indubbiamente inferto alla RPD. Il popolo, la gente semplice e sa riconoscere i suoi veri comandanti. Il 2 settembre forse pensavano di aver terrorizzato un intero popolo, invece quel popolo si è preso le strade e intingendo le mani nel sangue di un proprio figlio eroico, ha ribadito da che parte sta, fino in fondo, fino alla liberazione. NON PASSERANNO! Come pensava e voleva il Presidente. E noi umilmente continuiamo tenacemente la solidarietà concreta a quel popolo resistente, con la coscienza che: ogni uomo vale, non per quello che dice, ma per quello che fa ogni giorno.
Ad memoriam, Comandante Zakharchenko.
NESSUNO DIMENTICA! NULLA SARA’ DIMENTICATO! HURA!
* SOS Donbass/CIVG – 5 settembre 2019
31 agosto 2021